29 Giugno 2023
Duoda

Le donne sono oggi l’asse della politica

di María-Milagros Rivera Garretas


In Spagna, negli ultimissimi mesi, noi donne siamo diventate l’asse esplicito della politica. Lo siamo sempre state ma non lo si diceva, era un tabù, così tabù che era diventato impensabile. Adesso è saltato alla luce, al centro, sconcertando e abbagliando molte e molti.

Qui non la finiamo di votare, in elezioni democratiche molto rischiose, locali, generali, ripetute, litigiosissime. E senza che nemmeno le femministe lo prevedessero, è accaduto che il governo e i dibattiti politici si dividano su una sottile frattura tanto divertente sul nome che ciascuna parte politica – la destra, la sinistra, l’ultradestra, l’ultrasinistra – dà o non dà alla violenza di tanti uomini contro le donne. Io sono affascinata.

Nel dibattito stanno al gioco le donne di potere, per poco che ne abbiano. A seconda di ciò che dicono sul tema, attraversano tranquillamente le barriere proibite che separano i partiti di sinistra da quelli di destra. La sinistra e la destra dicono “violenza di genere”, l’ultradestra “violenza intrafamiliare”. E i patti di governo possono diventare impraticabili. Perché non si rendono conto che le due frasi sono stupide, non corrispondono alla vita. Una donna non l’aggredisce o uccide il suo compagno o ex uomo perché lui ha un certo stereotipo di genere in testa (che di solito neanche ha) ma perché lei è donna e libera. Un giornalista spiritoso ieri ha spiegato seriamente che in Andalusia hanno due linee telefoniche per aiutare le donne: una sulla violenza intrafamiliare per quelle di ultradestra, un’altra sulla violenza di genere per tutte le altre. Entrambe funzionano.

Queste dei nomi sono, a mio parere, minuzie senza interesse. Quello che è successo è molto più grande. L’importante non è dove né come si mette il centro, ma chi è il centro. Il centro, le cose decisive, siamo noi, le donne, che ci mettiamo dove vogliamo. E non è triste né banale che si riconosca che siamo il centro, che siamo la Prima, la Divina, parlando di violenza. No. Questo è un modo inaspettato ma coerente di dire che la società intera si è resa conto della fine del patriarcato (Libreria delle donne di Milano). È coerente perché mette a nudo il nucleo del contratto sessuale, patto violento tra uomini sul corpo delle donne e i suoi frutti, che era la base del patriarcato (Carole Pateman). Il contratto sessuale – aggiungo io – separò prima violentemente le donne dal loro piacere proprio, il piacere clitorideo, proibendolo. Senza orgasmo femminile, dato che quello vaginale è un’invenzione maschile del XX secolo, noi donne siamo facili da dominare (Il piacere femminile è clitorideo).

Io muoio dal ridere con la polemica sui nomi della violenza contro le donne. Mostra che, a tentoni, la società maschile e le donne che la sostengono stanno rendendosi conto dell’avvicinarsi dell’esito finale. Un esito che, se va per nomi, sarà pacifico e piacevole: il patriarcato è terminato del tutto perché, finalmente, la violenza contro le donne è diventata impensabile e insopportabile. Senza questa violenza non può esserci né c’è stato mai patriarcato.

Un altro paio di maniche sarà che la nostra società possa avvicinarsi alla verità nitida che in molte donne sappiamo e che una [Moderata Fonte, Ndr] – per fare un esempio – lasciò scritta nella bella città di Venezia nel suo libro del 1600 intitolato Il merito delle donne: ove chiaramente si scuopre quanto siano elle degne e più perfette de gli huomini. Dove chiaramente si scopre fino a che punto sono degne e più perfette degli uomini.


(Traduzione dallo spagnolo di Clara Jourdan. Testo originale: http://www.ub.edu/duoda/upload/publicaciones/MM.Rivera_EJE-dela-Pol.pdf, 24 giugno 2023)


Las mujeres somos hoy el eje de la política

de María-Milagros Rivera Garretas


En España, en los ultimísimos meses, las mujeres nos hemos convertido en el eje explícito de la política. Lo hemos sido siempre pero no se decía, era un tabú, tan tabú que se había vuelto impensable. Ahora ha estallado en la luz, en el foco, desconcertando y deslumbrando a muchas y muchos.

Aquí no paramos de votar, en elecciones democráticas muy arriesgadas, sean locales, generales, repetidas, reñidísimas. Y sin preverlo ni siquiera las feministas, ha ocurrido que los gobiernos y los debates políticos se están dirimiendo en una grietita tan divertida como es el nombre que cada cual -la derecha, la izquierda, la ultraderecha, la ultraizquierda- le ponga o no le ponga a la violencia de tantos hombres contra las mujeres. Yo estoy fascinada.

En el debate entran al trapo las mujeres con poder, por poco que tengan. Según lo que digan sobre este asunto, ellas cruzan tan tranquilas las barreras prohibidas que separan a los partidos de izquierda de los de derecha. La izquierda y la derecha dicen “violencia de género”, la ultraderecha, “violencia intrafamiliar”. Y los pactos de gobierno se pueden volver impracticables. Porque no se dan cuenta de que las dos frases son estúpidas, no se corresponden con la vida. A una mujer no la agrede o mata su pareja o expareja hombre porque él tiene un cierto estereotipo de género en la cabeza (que no suele ni tener) sino porque ella es mujer y libre. Un periodista gracioso explicó ayer seriamente que en Andalucía tienen dos teléfonos para auxiliar a las mujeres: uno de violencia intrafamiliar para las de ultraderecha, otro de violencia de género para todas las demás. Los dos funcionan.

Todo esto de los nombres son, en mi opinión, minucias sin interés. Lo que ha sucedido es mucho más grande. Lo importante no es dónde ni cómo se pone el foco, sino quién es el foco. El foco, las decisivas, somos nosotras las mujeres, que nos ponemos donde queremos. Y no es triste ni banal que se nos reconozca que somos el foco, que somos la Primera, la Divina, hablando de violencia. No. Esta es una manera inesperada pero coherente de decir que la sociedad entera se ha enterado del final del patriarcado (Librería de mujeres de Milán). Es coherente porque deja al desnudo el núcleo del contrato sexual, pacto violento entre hombres sobre el cuerpo de las mujeres y sus frutos, que era la base del patriarcado (Carole Pateman). El contrato sexual -yo añado- separó antes violentamente a las mujeres de su placer propio, el placer clitórico, prohibiéndolo. Sin orgasmo femenino, ya que el vaginal es un invento masculino del siglo XX, las mujeres somos fáciles de dominar (El placer femenino es clitórico).

Yo me mondo de risa con la polémica sobre los nombres de la violencia contra las mujeres. Muestra que, a tientas, la sociedad masculina y las mujeres que la sostienen se están enterando de la proximidad del desenlace final. Un desenlace que, si va de nombres, será pacífico y placentero: el patriarcado ha terminado del todo porque, por fin, la violencia contra las mujeres se ha vuelto impensable e insoportable. Sin esta violencia no puede haber ni ha habido nunca patriarcado.

Otro cantar será que nuestra sociedad pueda acercarse a la verdad nítida que muchas mujeres sabemos y que una -por poner un ejemplo- dejó escrita en la bella ciudad de Venecia en su libro de 1600 titulado Il merito delle donne: ove chiaramente si scuopre quanto siano elle degne e più perfette de gli uomini. Donde claramente se descubre hasta qué punto son ellas dignas y más perfectas que los hombres.


(http://www.ub.edu/duoda/web/es/textos/10/319/, 24 junio 2023)

Print Friendly, PDF & Email