21 Dicembre 2016
HuffingtonPost

Le mediche sono più premurose in corsia: le probabilità di guarigione dei pazienti sono più alte (secondo Harvard)


Essere seguiti in ospedale da una medica potrebbe comportare un migliore esito delle cure: infatti il paziente gestito da una medica presenta minor rischio di morte a 30 giorni dal ricovero e un minor rischio di un secondo ricovero rispetto ad un analogo paziente seguito da internisti di sesso maschile. Lo rivela una ricerca pubblicata sulla rivista JAMA Internal Medicine, e condotta da Yusuke Tsugawa, della Harvard T. H. Chan School of Public Health, Boston, che ha già suscitato un acceso dibattito tra gli addetti ai lavori.

Già in passato ricerche avevano dimostrato differenze nell’operato di camici bianchi di sesso maschile e femminile, con le donne più attente a fare prevenzione e più scrupolose nel seguire le linee guida cliniche, offrendo quindi complessivamente cure migliori rispetto ai medici di sesso maschile. Ciononostante altre ricerche avevano suggerito che le mediche hanno stipendi inferiori a quelli dei colleghi maschi a causa di interruzioni contrattuali e interruzioni lavorative per la maternità. Quindi sono “più bravi” i medici o le mediche? Per capirlo i ricercatori Usa hanno studiato dati relativi a oltre 1,8 milioni di ricoveri e oltre 1,2 milioni di secondi ricoveri successivi al primo (riammissione in ospedale ad esempio a 30 giorni dal primo ricovero).

In tutto sono stati coinvolti 58.344 medici, per il 32,1% donne. È emerso che i pazienti gestiti da internisti maschi hanno un tasso di mortalità a 30 giorni dal ricovero dell’11,49% contro l’11,07% per pazienti gestiti da mediche. Il tasso di riammissione in ospedale è 15,57% e 15,02% se il paziente è seguito da un medico uomo o donna rispettivamente. Lo studio suggerisce che vi siano differenze importanti nel modo di curare di medici donna e uomini, con implicazioni cliniche altrettanto importanti e differenti esiti per i pazienti. Capire più a fondo quali siano queste differenze potrebbe aiutare a migliorare la qualità delle cure per tutti i pazienti indipendentemente dal sesso del medico da cui sono seguiti.

(www.huffingtonpost.it, 21 dicembre 2016)

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