7 Marzo 2019
Cisl.it

Non fondati per l’Alta Corte i dubbi di legittimità costituzionale sulla Legge Merlin 

di Liliana Ocmin

 

“La prostituzione ai tempi delle escort e i dubbi dei giudici di Bari sulla legge Merlin in nome della libertà sessuale”. Questo il titolo di uno dei lavori esaminati e discussi dalla Corte costituzionale lo scorso 5 marzo sulle questioni di legittimità costituzionale avanzate dalla Corte d’appello di Bari relativamente ad alcuni aspetti della legge 20 febbraio 1958, n. 75, meglio nota come Legge Merlin. La Corte ha fatto sapere proprio in queste ore, per il tramite del suo Ufficio stampa, in attesa del deposito della sentenza, che i dubbi sollevati dai giudici pugliesi, con specifico riferimento all’attività di prostituzione liberamente e consapevolmente esercitata dalle cosiddette escort, sono da ritenersi del tutto infondate. Non sono bastate le motivazioni alla base del ricorso, parole forbite e altisonanti dal punto di vista giuridico, ma grevi e irrispettose dal punto di vista dei diritti delle donne, diritti che vengono calpestati dietro il finto richiamo ai concetti di libertà, autodeterminazione e promozione delle stesse donne. Peccato, però, che nessuna delle donne coinvolte nel giro delle escort dell’epoca abbia mai presentato denuncia o abbia mai testimoniato per reclamare la presunta autodeterminazione infranta. Una questione, invece, sollevata da chi, con fare “missionario”, era intento a mantenere vivo il commercio dei corpi per il suo tutt’altro che misero tornaconto, un “aiuto evidente” all’emancipazione delle ragazze finalmente libere di scegliere. Ma a scegliere non erano gli altri uomini dietro corrispettivo? Ma di cosa stiamo parlando? La prostituzione, anche quando è apparentemente una scelta, è quasi sempre una scelta forzata. Basti risalire indietro nel tempo per trovare le vere e drammatiche motivazioni che l’hanno determinata. E se si tratta di libera scelta, perché mai incoraggiarla col denaro? Le disposizioni della Merlin sarebbero state in contrasto, inoltre, sempre secondo la Corte d’Appello di Bari, con l’articolo 41 della Costituzione, in quanto impedimento alla libera espressione sessuale femminile quale “forma di estrinsecazione dell’iniziativa economica privata”; in pratica, un lavoro. Aspetto questo che ha registrato anche l’assenso del Ministro Salvini che si è dichiarato recentemente favorevole alla riapertura delle “case chiuse”. Come Cisl e Coordinamento nazionale donne, non abbiamo tardato a rispondere al Ministro facendogli sapere che noi continuiamo a essere contrari a questa aberrazione che serve solo a nascondere il problema e non a risolverlo. In questo momento abbiamo bisogno solo di un provvedimento per togliere molte ragazze, soprattutto straniere, dalle strade delle nostre città ed è quello di approvare subito una legge che ostacoli lo sfruttamento e la schiavitù di queste donne, spesso minorenni, e che punisca soprattutto i cosiddetti “clienti” che alimentano questa spirale infernale. In altri paesi del nord Europa dove è stata sperimentata tale tipo di legislazione si è avuta una consistente diminuzione del fenomeno. Riaprire le case chiuse, poi, oltre a ledere la dignità alle donne, favorendo lo svilimento del loro corpo, cosa che uno Stato dovrebbe combattere, non garantisce affatto che il sistema non diventi un affare “legale” per le mafie, oppure, ciò che è ancor peggio, trasformi lo Stato in “Sfruttatore”. La prostituzione per noi non potrà mai assurgere al rango di lavoro. Questa convinzione non nasce per partito preso, ma guardando negli occhi le tante vittime che portano ancora addosso i segni della loro sovente forzata condizione. Pertanto, accogliamo con favore la risposta dei giudici della Corte costituzionale che hanno di fatto neutralizzato quello che riteniamo essere stato l’ennesimo tentativo di attaccare frontalmente i diritti delle donne. Una domanda, infine, vogliamo porre a chi ritiene che invece sia una libera scelta ed un lavoro: augurerebbe una professione del genere ad una sua figlia?

 

Buon 8 marzo a tutte.

 

(cisl.it, 7 marzo 2019)

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