20 Dicembre 2021
Jacobin Italia

Pensare l’impensabile

Dialogo fra Alexandria Ocasio-Cortez e Noam Chomsky

a cura di Laura Flanders


Ci troviamo in un momento della storia statunitense in cui tutte le previsioni di lungo periodo sui mercati e sul sistema politico, persino sul nostro rapporto tra di noi e con la natura, sembrano perdere colpi. I produttori di consenso non sembrano più avere il controllo sulle persone comuni. Per discutere del nostro nuovo ambiente, la scrittrice e giornalista Laura Flanders ha incontrato Noam Chomsky, 93 anni e uno dei più importanti intellettuali viventi, e Alexandria Ocasio-Cortez, 32 anni, una delle principali deputate della sinistra Usa. Quello che segue è un breve stralcio della loro conversazione.

La trascrizione integrale si trova al link https://jacobinitalia.it/pensare-limpensabile

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Noam, io e te discutiamo di tanto in tanto da circa trent’anni. Periodo durante il quale negli Usa è andata componendosi, come dici tu, una lunga lista di cose impensabili. Eppure di recente ho letto sul quotidiano per antonomasia, il New York Times, che i lavoratori hanno un potere reale, che l’economia potrebbe aver bisogno di una sorta di pianificazione e che, forse, lasciare tante cose in mano ai mercati non è l’idea migliore, soprattutto quando si tratta di ambiente e assistenza sanitaria. Qualcosa sta cambiando? E a proposito delle cose «impensabili», cosa è cambiato secondo te?

NC: Dovremmo, prima di tutto, riconoscere che abbiamo vissuto circa quarantacinque anni in un sistema politico socioeconomico ben preciso, il neoliberismo. Alcuni pensano che «neoliberismo» significhi una società completamente in mano al mercato. Ma non è mai stato così. Quello che abbiamo avuto per quarantacinque anni è ciò che tanti economisti hanno chiamato «economia di salvataggio di mercato». Ecco dunque le ovvie conseguenze, crisi finanziaria dopo crisi finanziaria. E ogni volta che accade, c’è un salvataggio finanziato dai contribuenti. L’accordo Tarp [Troubled Assets Relief Program] sotto George W. Bush, per esempio, conteneva due elementi. Uno consisteva nel salvare gli autori della crisi: le persone che concedevano prestiti predatori. L’altro nel fornire sostegno alle vittime della crisi, persone che avevano perso la casa, il lavoro. Puoi indovinare quale dei due è stato messo in pratica sul serio.

Noam, anni fa non potevi nemmeno pronunciare la parola «neoliberismo», figuriamoci «socialismo». Non parlavamo di sistemi in relazione alla nostra economia. Oggi lo facciamo.

NC: Lo facevamo anche sessanta, settant’anni fa. Dwight D. Eisenhower, che non aveva la fama di essere un fiammeggiante liberal, diceva che chiunque non accettava le politiche del New Deal, chiunque non credeva che i lavoratori avessero il diritto di organizzarsi liberamente senza repressione, non era parte del nostro sistema politico. Erano gli anni Cinquanta. È cambiato un po’ con Jimmy Carter, poi tutto è saltato con Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Da allora, abbiamo vissuto nel sistema che hai descritto, una guerra di classe unilaterale: mercato per i poveri, protezione per i ricchi.

Arrivo da te su questo punto, Alexandria. Ti ho intervistato quando eri candidata, in occasione di un programma sui giovani in politica. Ricordo con dispiacere che anche io, un’ottimista convinta, conclusi quell’intervista dicendo: «Ma se non vinci questa volta, correrai di nuovo?». Pensavo fosse probabile che tu non avresti vinto contro il potente Joe Crowley quella prima volta, ma è successo, e non sei la sola. È saltata una diga, secondo te?

AOC: Penso che un argine abbia ceduto, nella politica elettorale ma anche nell’organizzazione al di fuori del nostro sistema elettorale, come stiamo vedendo con gli scioperi, su una scala che non si vedeva da molti anni. È un po’ una situazione da «il re nudo» per il nostro sistema politico e per il sistema capitalista. La gente sta cominciando a rendersi conto che possiamo dare un nome a questi sistemi e descriverli, che l’acqua in cui le persone hanno nuotato in realtà ha un nome e che ci sono modi alternativi di fare le cose. Dopo che ho vinto, c’è stato un tentativo così grande e concertato da parte dei media di ridimensionare la mia vittoria come un colpo di fortuna. L’allora governatore di New York Andrew Cuomo disse, pochi giorni dopo, che si trattava di un incidente. Tutti i principali funzionari eletti e membri del Partito democratico cercavano di rimuovere quello che era successo. Ma non lo hanno fermato. Se la mia fosse stata una vittoria isolata avrebbero avuto altri argomenti. Ma semplicemente non è andata così. Abbiamo visto l’elezione di altre persone che nominavano i sistemi e parlavano di quelli che in precedenza erano tabù politici: l’elezione di gente come Ilhan Omar, Rashida Tlaib, Ayanna Pressley. E il ciclo successivo con Cori Bush, Jamaal Bowman e Mondaire Jones. Sembra che ci sia una crepa. Stiamo iniziando a vederla con le persone che riconoscono il potere di astenersi dal lavoro o di scendere in piazza.

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Abbiamo sentito spesso la frase «Un altro mondo è possibile». In questo programma cerchiamo di parlare concretamente dei momenti in cui quell’altro mondo ci sembra non solo possibile ma palpabile. Qualcuno che hai incontrato, qualcosa che hai fatto, qualcosa di cui sei stato testimone o in cui sei stato coinvolto, qualcosa che ti ha dato la sensazione che questi enormi cambiamenti di cui stiamo parlando possano accadere, forse stanno accadendo. Noam, cosa ti porta a pensare che possiamo arrivarci?

NC: È iniziato negli anni Trenta. Sono abbastanza grande per ricordarmelo. La mia famiglia era composta da immigrati di prima generazione, della classe operaia, perlopiù disoccupati, ma pieni di speranza. Non era come adesso in termini assoluti – era molto peggio di adesso – e in termini psicologici era molto diverso. C’era la sensazione che stessimo lavorando insieme. Possiamo uscire da condizioni pessime, ma stiamo insieme. Abbiamo la capacità. Abbiamo azioni sindacali, organizzazioni politiche, abbiamo i nostri gruppi, associazioni che lavorano con un’amministrazione un po’ solidale. Possiamo unirci e combattere per uscire da questa condizione. E avevano ragione. Prendiamo questo esempio: intorno al 1960, un paio di ragazzini neri sedevano a un bancone della mensa a Greensboro, nella Carolina del Nord, a un bancone di una mensa riservata ai bianchi. Ovviamente sono stati immediatamente arrestati e cacciati. Poteva finire qui. Ma il giorno dopo, un altro paio di ragazzi è tornato. Ben presto, ci sono state persone che venivano dal nord a unirsi a loro. Ben presto, ci sono stati lavoratori del Comitato di coordinamento nonviolento studentesco che guidavano autobus per la libertà attraverso il sud, cercando di incoraggiare un contadino nero a prendere la vita nelle sue mani e andare a registrarsi per votare. In poco tempo, si è creato un enorme movimento. Sono sempre le persone che fanno accadere le cose. Dovremmo onorare le innumerevoli persone sconosciute; sono loro che ispirano. Sono quelli che dovremmo onorare e rispettare.

AOC: È una trasformazione della nostra comprensione di come accade la storia, di come avviene il cambiamento: [fatto da] da un numero di individui notevoli che negoziano per conto di tutti gli altri, alla rappresentazione più accurata della storia, che riguarda la mobilitazione di massa. Tutto questo è spesso cancellato e sottovalutato, proprio a causa del fatto che è potente ed efficace. Arundhati Roy ha scritto che un altro mondo non solo è possibile, è già qui. Trovare le forme in cui questo mondo è vivo è ciò che mi dà speranza. Il Bronx ha uno dei tassi pro-capite di cooperative di lavoro più alti al mondo. È una nuova economia nel nostro distretto in cui vivono milioni di persone. Che sia questo, che si tratti di discussioni sull’incarcerazione di massa, degli abolizionisti. Non si tratta solo chiedersi cosa significhi smantellare una prigione, ma cosa significa riorganizzare la società in modo che non ci siano persone impegnate in comportamenti antisociali come accade oggi, o che non abbiamo sistemi antisociali. Queste non sono solo conversazioni teoriche; ci sono comunità che stanno attivamente sperimentando e sviluppando soluzioni. Anche nel Bronx, abbiamo programmi di intervento antiviolenza, dove abbiamo preso persone che una volta erano incarcerate e sono pagate per fare da tutor a giovani che rischiano di commettere un crimine che li mette in un sistema che li incarcera per la vita. E abbiamo ridotto la violenza di oltre il 50%. È più efficace di qualsiasi intervento della polizia di cui siamo a conoscenza. Quello su cui lavoro non è «Come troviamo soluzioni?» ma «Come possiamo modulare le soluzioni che abbiamo già sviluppato per trasformare la nostra società?». E questo è il tipo di lavoro che rompe il cinismo. Il cinismo è un nemico della sinistra molto più grande di tanti altri perché è lo strumento che ci viene dato per farci del male. La speranza crea azione e l’azione crea speranza. Così possiamo andare avanti.


*Alexandria Ocasio-Cortez è la rappresentante alla Camera del 14° distretto congressuale di New York. Noam Chomsky è professore emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology. Laura Flanders conduce The Laura Flanders Show.


(jacobinitalia.it, 20 dicembre 2021)

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