24 Agosto 2022
HuffPost

Ritanna Armeni: “Una donna presidente del Consiglio infrange il tetto di cristallo”

di Nicola Mirenzi 


«Mi fa rabbia – dice Ritanna Armeni – che anche alcune donne e femministe non riconoscano il valore simbolico che avrebbe per l’Italia il fatto che una donna – nello specifico, Giorgia Meloni –, per la prima volta nella storia del nostro paese, diventi presidente del Consiglio. Perché significa negare che c’è una forza femminile che ha attraversato in profondità il Paese e che potrebbe arrivare infine a rompere il tetto di cristallo. Lo farebbe con delle politiche neo-reazionarie che non apprezzo, e che anzi contrasto: ma il tetto di cristallo verrebbe comunque infranto».

Scrittrice, giornalista e femminista con una vita nel mondo della sinistra italiana, Ritanna Armeni segue il dibattito che si è aperto intorno alla possibile ascesa di una donna di destra al vertice del governo – e il conseguente psicodramma scatenatosi nel mondo progressista, che si è sempre considerato depositario dell’autentica liberazione femminile – pensando innanzitutto a sua nipote Costanza: «Io sono una donna cresciuta con l’immagine del potere associato inevitabilmente all’uomo. Sono stati uomini tutti i primi ministri che ho visto susseguirsi da quando ho l’età della ragione a oggi, così come tutti i presidenti della Repubblica, e molti dei ministri. Mia nipote, invece, vedrebbe finalmente una donna».

Cosa significherebbe?

Dal punto di vista simbolico, significherebbe considerare ‘naturale’ che una donna possa ricoprire quel ruolo, anziché considerare ‘naturale’ l’opposto: cioè che debba essere necessariamente incarnato da un uomo.

Perché a sinistra, allora, prevale il sospetto?

Perché c’è un equivoco così antico da essersi trasformato in pregiudizio: l’idea, cioè, che il femminismo sia di sinistra, e che la sinistra sia necessariamente femminista, mentre il femminismo non ha a che fare né con la sinistra né con la destra: ha a che fare con le donne.

Meloni è femminista?

Meloni è una donna che ha ri-organizzato una cultura patriarcale intorno a dei valori reazionari: la nazione, la famiglia, l’identità cristiana, raccogliendo la rabbia di un popolo disperato, colpito da anni di politiche economiche aristocraticamente ciniche. In questo sì che vedo un’analogia con il fascismo: così come Mussolini raccolse lo sbandamento dell’Italia ferita dalla Prima guerra mondiale, Meloni raccoglie la disperazione di un popolo devastato da anni di politiche economiche antipopolari.

Una femminista dovrebbe essere grata a Meloni?

Al contrario. Semmai è Meloni che dovrebbe essere grata al femminismo, per aver prima aperto la strada e poi conquistato la forza femminile, che lei oggi esercita in maniera reazionaria.

Il suo partito è il partito dei “Fratelli” d’Italia, però. 

E questo è ancora più significativo dal punto di vista simbolico: perché lei è la sorella che è riuscita a mettere in riga i fratelli, anziché farsi mettere a posto.

Perché non è successo a sinistra?

Perché a sinistra le donne sono collaborazioniste.

Prego?

Collaborazioniste, sì. La scelta delle donne di sinistra è stata la costante mediazione con i dirigenti maschi, in nome di un interesse sempre più elevato dell’affermazione femminile: il partito, la salvezza dell’Italia, la sacralità delle istituzioni. Quando Letta è arrivato, ha preteso due donne capogruppo in parlamento. Le donne lo hanno accettato, assecondando così la logica secondo cui è il maschio che cede quote del proprio potere, non le donne che se lo prendono.

Questo non succede a destra?

No, a destra i rapporti tra i sessi non hanno infingimenti idealistici: gli uomini non avvertono alcun obbligo di ritagliare ruoli per le donne, e, viceversa, le donne sanno di poter contare solo su loro stesse. Perciò lottano e si fanno strada con i propri strumenti, usando una forza e una determinazione che le donne di sinistra non hanno, o non hanno più.

È per questo che sono venute tutte da destra Thatcher, Merkel, Theresa May, Ursula Von der Leyen, Christine Lagarde, nonché (dalla Dc) la prima ministra donna in Italia? 

Credo di sì. Ma a sinistra è successo anche qualcosa in più.

Cosa?

Che l’appello alla parità femminile è servita a mascherare scelte politiche socialmente antipopolari, al punto che i proclami dell’uguaglianza sessuale sono arrivati a funzionare come un surrogato dell’aspirazione all’uguaglianza sociale, un trucco che dà ormai a ogni operazione che la sinistra fa intorno alle donne l’aspetto di una tintura.

Sta dicendo che le donne sono state anche usate?

Direi che le donne non sono riuscite a rompere questo meccanismo e sono rimaste ingabbiate dentro partiti che hanno fatto finta di valorizzarle. La politica è il mondo degli uomini ed è necessario combatterla con i loro stessi strumenti. Meloni l’ha saputo fare.

La voterebbe mai?

No. Né conosco donne, tantomeno femministe, che la voteranno perché donna.

Se immagina un governo Meloni cosa vede?

Non vedo il rischio che si comprometta la democrazia; e nemmeno mi spaventa l’idea del presidenzialismo: è pienamente legittimo che se ne discuta, perché né in Francia né negli Stati Uniti, dove esiste, mi sembra ci sia meno democrazia che da noi (benché io sarei contraria a una riforma del genere).

Allora cosa la preoccupa? 

Che la destra faccia quello che ha sempre fatto: colpire le persone più deboli, i ceti sociali più fragili, per di più dopo una pandemia e nel bel mezzo di una guerra. In questo, non fa alcuna differenza che sia un uomo o una donna a guidarla.


(HuffingtonPost.it, 24 agosto 2022)

Print Friendly, PDF & Email