23 Settembre 2020
bitchmedia.org

Ruth Bader Ginsburg: pazienza radicale


Vogliamo ricordare la figura della giudice Ruth Bader Ginsburg, scomparsa il 18 settembre 2020, pubblicando un articolo di Bedatri Datta Choudhury, giovane femminista americana, scritto quando nel 2018 è uscito negli Stati Uniti il documentario RGB (di Betsy West e Julie Cohen, arrivato in Italia nel 2019 col titolo Alla corte di Ruth – RBG). È tratto dall’interessante sito bitchmedia.org, dove “Bitch” diventa la risposta femminista alla cultura pop, così come scrivono le donne che lo animano (si può leggere qui la loro storia: https://www.bitchmedia.org/history)


La redazione del sito.



Radical Patience (pazienza radicale) 
Ruth Bader Ginsburg ha trasformato le aule di tribunale in campi di battaglia femministi


di Bedatri D. Choudhury


Tutte le mie prese di coscienza femministe sono capitate quando partecipavo a marce e proteste con la mia migliore amica, nei primi anni del college. Ho sempre provato un immediato senso di euforia quando l’aria si riempiva di slogan e grida. Qualcuno gridava: «Cosa vogliamo?». «Giustizia!» noi gridavamo in risposta. «Quando la vogliamo?» chiedevano. «Adesso!». Quella profonda sensazione di euforia mi ha fatto venire il desiderio di agire, e da tempo associo il femminismo a quel senso di immediatezza. Il nuovo documentario di Betsy West e Julie Cohen, RBG, esplora il modo in cui la giudice Ruth Bader Ginsburg ha praticato la pazienza radicale mentre perseguiva il suo scopo, quello di costruire un sistema legale che rendesse giustizia alle donne. Lei, la giudice Ginsburg, ha subito discriminazioni sessiste in ogni momento: era una delle sole nove donne in una classe di oltre 500 persone alla Harvard Law School, e lei e altre studentesse non potevano entrare in biblioteca.

Sebbene fosse una delle prime donne a far parte della Harvard Law Review, non è mai stata invitata al banchetto annuale della pubblicazione. E come rivela il documentario attraverso le interviste ad amiche e colleghi di Ginsburg, nessuno studio legale di New York l’avrebbe assunta anche dopo che si era laureata alla Columbia Law School con il massimo dei voti. Era anche pagata meno dei suoi colleghi maschi alla Rutgers University, dove insegnava legge, ma Ginsburg non è scesa in piazza con manifesti e slogan; aveva altri piani. Le lotte del movimento delle donne degli anni ’70 erano costruite sullo yin e sullo yang delle femministe che protestavano per le strade e di donne come Ginsburg e Brenda Feigen che combattevano nelle aule dei tribunali. Mentre il movimento femminista stava vivendo momenti di svolta come la pubblicazione nel 1969 del grido di battaglia femminista di Gloria Steinem, «After Black Power, Women’s Liberation», sul New York magazine e il Senato degli Stati Uniti approvava l’emendamento per la parità dei diritti nel 1972, Ginsburg era in causa per il progetto per i diritti delle donne dell’ACLU.

Come ricorda Gloria Steinem nel documentario, lei si sentiva fiduciosa quando protestava perché Ruth Bader Ginsburg segnava la sua presenza nei tribunali. Il documentario RGB rivisita i casi storici di Ginsburg, a partire da quello del 1972, Frontiero versus Richardson, un curioso caso della Corte Suprema in cui ha combattuto per il diritto di un uomo a ricevere l’assegno di mantenimento dalla moglie. «Il sesso come la razza è una caratteristica visibile e immutabile, che non ha alcuna relazione necessaria con l’abilità», ha affermato Ginsburg. «La razza, come il sesso, è stata posta alla base di premesse ingiustificate, o almeno non provate, riguardanti la possibilità che una persona ha di agire e contribuire alla società. È chiaro che lo scopo principale del 14° Emendamento era quello di eliminare l’odiosa discriminazione razziale». Sebbene i giudici non fossero d’accordo sullo standard di revisione, William J. Brennan Jr., William O. Douglas, Byron White e Thurgood Marshall concordarono sul fatto che accordare solo alle mogli lo stato di dipendenza creava «un trattamento dissimile per uomini e donne situati allo stesso modo» e violava la clausola Due Process (giusto processo) del Quinto Emendamento.

Per Ginsburg è stato solo l’inizio: ha paragonato la discriminazione basata sul genere all’ingiustizia razziale e ha attinto alle opere di Marshall e dello studioso legale Pauli Murray per costruire i casi successivi. «È come fare un maglione ai ferri, punto dopo punto», ha commentato uno degli amici della scuola di legge di Ginsburg, Arthur Miller, riguardo al suo tentativo di sanare il sistema legale americano caso per caso. Ginsburg ha continuato a combattere per i vedovi maschi che volevano accedere alla previdenza sociale della moglie defunta (Weinberger vs. Wiesenfeld del 1974 e Califano vs. Goldfarb del 1976) e ciò ha stabilito una base legale per combattere il sessismo, che colpisce sia donne che uomini. In entrambi i casi, i giudici si sono pronunciati a favore del cliente di Ginsburg, e per la prima volta i tribunali americani hanno riconosciuto che i requisiti di genere per i benefici ai superstiti violavano il Quinto Emendamento. Non era popolare per Ginsburg affrontare tali casi nel pieno di una rivoluzione femminista, ma creava precedenti con ciascun verdetto favorevole del tribunale.

«A volte mi è sembrato di insegnare alla scuola materna», dice Ginsburg nel film quando le viene chiesto del lungo processo per far vedere ai giudici il sessismo all’interno della legge. Ginsburg ha usato la pazienza di un’insegnante innanzi tutto per lottare per i diritti degli uomini, per poi allargare lentamente l’argomento sul sessismo e infine centrare il punto sui modi in cui le donne sono discriminate secondo le stesse leggi. Era una strada lunga ma necessaria. Sebbene abbia combattuto due volte contro il cancro, allevato due figli e perso suo marito, Ginsburg non ha mai sprecato un giorno nel suo ufficio di giudice e ha continuato ad attaccare leggi discriminatorie fino a quando non vi è stato posto rimedio. La vita e l’attivismo di Ginsburg offrono una potente lezione per le femministe di oggi: il femminismo è una lotta per il nostro presente, ma è anche una fede nel potenziale del futuro. Dobbiamo assestare colpi forti al momento giusto, ma la pazienza è importante. La famosa dichiarazione «I dissent» di Ginsburg è diventata una bellissima gif (immagine animata), ma ci ricorda anche il lavoro legale di trasformazione che lei ha svolto per decenni. Mentre Ginsburg deve affrontare le pressioni per ritirarsi dalla Corte Suprema, lei, ovviamente, continua ogni giorno a combattere la battaglia giusta, una spinta alla volta. Il femminismo non è una moda e il documentario RBG si colloca nella lotta a lungo termine.


(Traduzione italiana di Laura Colombo da: https://www.bitchmedia.org, 17 maggio 2018)

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