8 Novembre 2021
Feminist Post

Trascrivere all’anagrafe “due padri” viola la Costituzione

di Marina Terragni


In particolare vìola l’articolo 3 che ci vuole uguali davanti alla legge. Alla coppia di uomini sarebbe infatti consentito mentire sullo status filiationis del bambino, cosa che non è mai permessa a una madre, sempre tenuta a dichiarare la verità sulla paternità del proprio figlio. In caso diverso, verrebbe sanzionata. Inaccettabile.

Il Tribunale di Milano ha ordinato al Comune di trascrivere integralmente l’atto di nascita con “due padri” di un bambino nato negli Stati Uniti da utero affittato e ovocita acquistato.

Dalla primavera del 2019 il Comune aveva sospeso le trascrizioni di questi atti di nascita, limitandosi alla trascrizione del solo padre biologico.

Qualche mese dopo una sentenza della Corte di Cassazione aveva confortato questa decisione, indicando la strada dell’adozione cosiddetta “in casi particolari” per il partner del padre biologico.

Successivamente un’altra sentenza, stavolta della Corte Costituzionale, aveva indicato la necessità che il legislatore – ovvero il Parlamento – individuasse una strada più rapida dell’adozione per le figlie e i figli di coppie dello stesso sesso, per la ragione che «la violazione delle prescrizioni e dei divieti posti dalla legge n. 40 del 2004 – imputabile agli adulti che hanno fatto ricorso ad una pratica fecondativa illegale in Italia – non possono ricadere su chi è nato».

Va tuttavia ricordato che in precedenza la stessa Corte costituzionale aveva ribadito la condanna della maternità surrogata, pratica che «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», con il rischio di «sfruttamento della vulnerabilità di donne che versino in situazioni sociali ed economiche disagiate».

Sulla base dell’ultima sentenza della Corte Costituzionale invece il Tribunale di Milano ha ordinato la trascrizione integrale perché trattandosi di minori «la loro tutela non può essere sospesa a tempo indeterminato, nell’attesa che il legislatore vari la normativa».

Il Comune di Milano si è riservato di decidere dopo la lettura del decreto del Tribunale.

Ma il riconoscimento di “due padri”, oltre a non scoraggiare nei fatti il ricorso a utero in affitto (che è punito dalla legge solo quando praticato in Italia) violerebbe probabilmente l’art. 3 della Costituzione, che ci vuole uguali davanti alla legge.

Vediamo perché, con un semplice ragionamento.

Maria mette al mondo un bambino ed è senza dubbio sua madre, avendolo partorito (mater semper certa). Quanto alla paternità, se Maria è sposata o unita civilmente a un uomo, per la legge il padre è quell’uomo a meno di diversa dichiarazione da parte di Maria o di disconoscimento da parte del marito. Se invece Maria non è sposata né unita civilmente, sarà lei a indicare all’anagrafe – non è tenuta a farlo – il nome del padre: solo Maria può sapere chi è o, in alternativa, un test del Dna. Se Maria indicasse come padre biologico un uomo che non lo è, mentendo commetterebbe un reato contro lo status filiationis, ovvero priverebbe il bambino del diritto inalienabile di conoscere la verità sulle proprie origini.

Altro caso: Anna mette al mondo un bambino, è senza dubbio sua madre, non dichiara il padre biologico ma indica come “altra madre” Paola, una donna alla quale è unita civilmente o con la quale ha una relazione affettiva. Anche in questo caso la trascrizione integrale dell’atto di nascita costituirebbe un’alterazione di stato. Consentire la trascrizione integrale dell’atto di nascita con due madri, Anna che è effettivamente la madre e Paola che non lo è, significherebbe dire che Maria e Anna non sono uguali davanti alla leggeMaria non può mentire, ad Anna invece è consentito alterare lo status filiationis. Se invece Paola, compagna di Anna, accede all’adozione in casi particolari, avremo una madre (Anna) e una madre adottiva, Paola, e la verità sulle origini sarà preservata. Il caso di Anna può essere però complicato dal ricorso ad alcune tecniche di fecondazione assistita: succede infatti in alcuni casi che la gravidanza sia stata condotta da Anna, ma che l’ovocita sia di Paola, che è a tutti gli effetti la madre genetica del bambino. Va comunque detto che in questi casi quasi mai si ricorre a utero in affitto, che – ricordiamolo – in Italia è un reato (legge 40).

Ultimo caso: Giovanni e Marco (uniti civilmente o comunque in coppia) decidono di avere un figlio (genitori intenzionali) ricorrendo a utero in affitto o gestazione per altri all’estero, in uno dei pochi Paesi in cui l’utero in affitto non è reato – solo una ventina di Stati sugli oltre 200 nel mondo – e l’atto di nascita viene registrato integralmente in quel Paese, indicando i due uomini come entrambi padri. Il padre biologico sarà uno solo dei due (Giovanni o Marco), fatto che dovrebbe essere chiarito con test del Dna: è capitato anche che qualche clinica abbia utilizzato il seme di un terzo estraneo. La madre per contratto viene quasi sempre cancellata dal processo, e così la donna che ha venduto gli ovociti per realizzare il concepimento, quasi sempre due persone diverse. La registrazione integrale dell’atto di nascita in Italia, quindi oltre al padre biologico – ammesso che lo sia – anche il suo compagno riconosciuto come egualmente padre, è una palese alterazione dello status filiationise nega al bambino il diritto alla trascrizione sulla verità sulle proprie origini. Quindi la coppia Giovanni e Marco godrebbe di una “corsia preferenziale” rispetto a Maria, che è tenuta a non mentire sulle origini del bambino, e nel caso volesse attribuire il ruolo di padre a un uomo che non è il padre biologico dovrebbe necessariamente ricorrere all’adozione in casi particolari. Quindi Giovanni e Marco verrebbero in qualche modo “premiati”, essendo sollevati ad un tempo dal reato di alterazione di stato, e anche dal reato di ricorso a utero in affitto, ancorché realizzato all’estero e quindi non punibile in Italia (un ragionamento analogo si può svolgere nel caso di coppie eterosessuali che ricorrano a maternità surrogata).

In conclusione, la trascrizione integrale all’anagrafe degli atti di nascita di figli di coppie dello stesso sesso viola l’art. 3 della Costituzione che ci intende uguali davanti alla legge: per Maria vale una legge diversa da quella che vale per Anna e Paola, e per Giovanni e Marco. Se Maria vuole indicare come padre un uomo che non è il padre biologico deve ricorrere all’adozione in casi particolari. Nel caso di trascrizione integrale automatica dell’atto di nascita per i figli di coppie dello stesso sesso, senza dover ricorrere all’adozione in casi particolari, queste coppie godrebbero di un diritto che a Maria non è concesso.

Di più: la situazione di Anna e Paola e quella di Giovanni e Marco non sono assimilabili, benché in entrambi i casi si tratti di coppie dello stesso sesso. La differenza sessuale esiste, e nessuna legge può cancellarla. Nel caso di Anna e Paola la madre, semper certa, è nota, certezza che manca nel caso di Giovanni e Marco. Inoltre nel caso di Anna e Paola può esservi un contributo alla nascita da parte di entrambe le donne, quella che ha partorito e quella che ha messo a disposizione l’ovocita, situazione che merita un’attenta considerazione da parte del legislatore, e normalmente non viene commesso alcun reato nel concepimento; nel caso di Giovanni e Marco abbiamo solo un padre biologico, condizione che va accertata, e la filiazione è stata realizzata attraverso una pratica che in Italia è un reato severamente punito.

La strada maestra, quindi, nel caso dei figli di coppie dello stesso sesso – e in particolare di due uomini – resta l’adozione in casi particolari.

Ma soprattutto, quando si parla di nascita, la madre non può essere “parificata” al padre e deportata dalla posizione centrale che la natura le ha conferito. Il diritto deve saper rappresentare la differenza sessuale.


(Feministpost.it, 8 novembre 2021)

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