di Layla Mustapha Ammar
Biancamaria Scarcia Amoretti è morta a Roma il 19 settembre 2020 all’età di 82 anni. Nata ad Aosta il 26 novembre 1938, è stata docente di islamistica presso “La Sapienza” di Roma ed è nota per i suoi studi sull’Islam e gli sciti. Le sue ricerche riguardano in particolare il rapporto fra religione e politica. Negli anni Settanta e Ottanta ha fatto parte della redazione della rivista di politica delle donne DWF (Ndr).
Non mi scorderò mai il nostro primo incontro del 18 marzo 2007, quando in un seminario dedicato all’Ebraismo, Cristianesimo e Islam intitolato «Donne e religioni», il tuo intervento sul “maschilismo” religioso si è concluso maestosamente con queste parole: «Il futuro dell’Islam si gioca all’interno della famiglia, saranno le donne le protagoniste del nuovo Islam, perché le sole in grado di assorbire gli stimoli esterni e di trasmetterli alle nuove generazioni».
E non solo, hai perfino intravisto con un certo ottimismo il momento in cui si potrà intravedere «un commento coranico di marca femminista, sistematico e all’altezza della tradizione esegetica maschile contemporanea».
Al di là di tutte le mie interrogazioni personali sulla libertà delle donne in occidente, quella sera il tuo carisma, la tua determinazione insieme alle tue parole dissidenti, mi hanno cambiato la vita stessa, ho preso la decisione di proseguire il mio percorso di studio in Islamistica insieme a te, con la grande fortuna di averti come guida di istruzione prima, ma anche come una carissima amica dopo, mantenendo sempre il “Lei” per consuetudine fino all’ultimo giorno.
Il tuo sostegno e la tua pazienza hanno rafforzato il mio stato d’animo e la volontà di mantenere la mia autenticità senza tradire me stessa. Ho capito che in qualche modo questo percorso sarà anche il mio modo di essere ed esistere in un momento storico in cui il pregiudizio occidentale si è appiattito automaticamente sulle competenze professionali e storiche di chi se ne occupa.
Davanti a te e per l’ultimo saluto domenica scorsa non riuscivo ad esprimere l’amarezza, il dolore che sentivo, ma anche quel vuoto profondo che hai lasciato, un vuoto che mi ha fatto tornare alle mie radici e mi ha spinto per quasi un’ora a parlare con te in lingua araba, la lingua del mio cuore. Ho pensato che le anime che si vogliono bene hanno un linguaggio universale anche dopo la morte.
E così mi sono anche permessa di salmodiare per te la nostra sūra preferita del Corano, con le lacrime che non avevano più un senso, e il mio bacio sulla tua fronte bianca e fredda era finalmente accompagnato da un silenzio assordante.
«Ad Allah apparteniamo e a Lui facciamo ritorno» (Corano: II, 156)
(il manifesto, 6 ottobre 2020)