Con poche righe e scarse competenze a disposizione, mi accontenterei di incuriosire chi poco ne sapesse del pensiero e della pratica politica che si ritrovano negli scritti e nella vita di Luisa Muraro, festeggiata sabato scorso alla Università Cattolica di Milano nel contesto delle iniziative per i 50 anni della Libreria delle donne di Milano. Luogo centrale del femminismo della differenza fondato insieme a Lia Cigarini (con lei appuntamento il 17 ottobre) e altre.
Femminismo della differenza, non ben distinto nelle sue anche molto diverse voci, oggi spesso criticato da posizioni “transfemministe” e queer, per eccesso di “essenzialismo”, fissazione sul “materno”, atteggiamenti “identitari” legati alla “biologia” del corpo femminile.
Sabato – di fronte a un pubblico di oltre 400 persone, in grande maggioranza donne, ma non solo – chi ha parlato, senza fare polemiche, ha per molti versi rovesciato queste letture. Se l’ordine simbolico del padre (e oggi si parla ormai correntemente di patriarcato e dei suoi mostruosi rigurgiti) era «una gabbia», quello riferito alla madre (centrale e molto discusso il libro di Muraro
L’ordine simbolico della madre, Editori Riuniti) è per Diana Sartori (Comunità filosofica Diotima) un «ritirarsi all’aperto» nella possibilità di una «libertà soggettiva» frutto di una «mediazione vivente». Esperienza che «accende una luce su un altrove che sembrava impossibile». Uno «sporgersi sull’abisso della libertà» (Ida Dominijanni). Qualcosa che anche per un filosofo come Cesare Casarino (Minnesota University) descrive nella relazione con la madre che ci mette al mondo, ci nutre e insegna a parlare, quel nesso tra «essere, pensiero e linguaggio» che, verrebbe da dire, rimette con «i piedi per terra» tutto il tormento della filosofia contemporanea tra decostruzionismi e «svolte linguistiche» dagli esiti mai soddisfacenti.
Ma se questo è vero, è perché tornando a quella origine, strutturalmente non vista, negata, o travisata da secoli e millenni di pensiero maschile, la ricerca di una “politica del simbolico” che si affida alla capacità di nominare e trasformare le cose grazie al linguaggio, è fondata sulla trama delle relazioni tra persone sessuate. Sull’esperienza che in esse si vive, elaborando desiderio, amore, conflitto, disparità, produzione di autorità.
Ma questo punto di vista, col suo patrimonio di idee e di pratiche, spesso dovute alla capacità – ancora Dominijanni su Muraro – di attuare la «schivata» rispetto al pensiero dominante, come l’animale che scarta di lato per sfuggire al predatore, oggi ha la «forza» e «l’intelligenza» di misurare «la libertà femminile all’altezza di un mondo che va in rovina?». In un panorama in cui la fine del patriarcato sembra contribuire a scatenare un violenza senza freno nella guerra e nei rapporti personali e sociali. Ora che si consuma definitivamente il «paradigma del Moderno», e le fiamme sembrano poter «travolgere il tutto»? Ora che anche istanze del movimento delle donne sembrano catturate dalla politica del potere e della forza bruta?
Emerge l’indicazione di concentrarsi sul destino della democrazia, sul ruolo della comunicazione, sulla realtà annichilente della violenza. Nel confronto Wanda Tommasi (Diotima) ricorda la capacità mistica, indagata da Muraro, di trasformare i «difetti» in «profitti». Oppure quella di farsi ispirare da un esame attento della cronaca (Annarosa Buttarelli).
Paolo Gomarasca (Università Cattolica) ha regalato alla fine l’immagine surreale, attraente della Giganta di Leonora Carrington, che custodisce tra le mani l’uovo alchemico della vita, non lo scettro e la spada del Leviatano.
(il manifesto – In una parola, 23 settembre 2025)

