di Paolo Conti
«Sia la posizione “orrore-orrore” e quella “che bello che bello” mi sembrano stupide. Bisogna chiedersi con intelligenza quale mondo vogliamo costruire intorno»
Ritanna Armeni, giornalista, un passato a Il manifesto e a Noi donne. Come mai tante esponenti della sinistra si sono dichiarate contro l’utero in affitto, ritrovandosi sulla stessa linea dell’anima cattolica?
«È un elemento che colpisce. Ma ci troviamo tutti di fronte a un mutamento del processo creativo. Un tempo si diceva mater semper certa. Ora le madri possono essere tre: la donatrice dell’ovulo, quella che affronta la gravidanza, la terza che cresce il bimbo. I padri possono essere due, o tre».
E quindi?
«Quindi sia la posizione “orrore-orrore” e quella “che bello che bello” mi sembrano stupide. Bisogna chiedersi con problematica intelligenza quale mondo vogliamo costruire intorno. E quali paletti porre nei confronti della scienza e del mercato».
I suoi paletti?
«Sono contraria alla mercificazione del corpo. Con l’utero in affitto fai della donna un elemento di scambio economico e vendi una relazione affettiva, perché tra il nascituro e il corpo femminile si crea una forte unione. Mercato e tecnica non possono governare e comprare tutto».
Sembra di sentire papa Francesco.
«Esistono cose che non possono essere comperate. Se la tecnica prevede tre madri e il mercato ti permette di comprare una relazione umana, non è una cosa “necessariamente” buona. Io penso che in questo mercato non si debba entrare».
Quale sbocco vede per il diffuso e diversificato bisogno di genitorialità?
«Una profonda e coraggiosa riforma dell’adozione è la strada giusta. Una legge che, in un quadro di regole precise, permetta con più facilità adozioni e affidamenti: famiglie tradizionali, famiglie di fatto, famiglie gay, persone singole. Oggi persino le famiglie tradizionali devono compiere sforzi immensi, per un’adozione mentre molti bambini attendono una fonte di affetto. Molte coppie omosessuali, o eterosessuali, non avrebbero alcun bisogno di ricorrere a uteri in affitto se ci fosse questa possibilità».
Avere un figlio è un diritto?
«No. È un atto d’amore per il nascituro, per il o la partner, per la specie umana. È molto diverso…».
(Corriere della Sera, 1 marzo 2016)