di Matteo Miavaldi
L’autrice e attivista indiana a rischio: sarà processata per le idee espresse sul Kashmir. L’istruttoria è stata aperta sulla base della Unlawful Activities Prevention Act, sempre più usata per criminalizzare il dissenso pacifico
Arundhati Roy, intellettuale e attivista per i diritti umani tra le più note e combattive nel panorama mondiale, è finita nel mirino della repressione del dissenso in India per un caso vecchio di quattordici anni. A dimostrazione che esprimere opinioni divergenti dalla vulgata governativa è un’attività sempre più complicata e rischiosa in un’India che progressivamente si sta allontanando dagli standard democratici che le sono valsi per decenni il titolo ufficioso di «democrazia più grande del mondo». Venerdì 14 giugno, il vicegovernatore di New Delhi ha dato mandato alla polizia locale di aprire una nuova istruttoria nei confronti di Roy e dell’ex professore di legge Sheikh Showkat Hussain per un’ipotesi di reato risalente al 2010, quando i due parteciparono a New Delhi a un evento pubblico organizzato dal Comitato per la liberazione dei prigionieri politici dal titolo “Azadi – The Only Way”, cioè “Libertà – L’unica via”. Il tema dell’incontro era fare il punto sulla situazione del Kashmir amministrato dall’India, l’unico stato della federazione indiana a maggioranza musulmana. Dalla metà del secolo scorso, il Kashmir amministrato dall’India è attraversato da forti spinte indipendentiste sfociate, negli anni Novanta, anche nella lotta armata. La risposta dei governi che per decenni si sono succeduti alla guida del Paese è stata trasformare il Kashmir nel territorio più militarizzato del mondo, con più di 130mila soldati stabilmente di stanza in uno spazio più piccolo dell’Italia settentrionale abitato da 12,5 milioni di persone.
Tra gli invitati all’evento di New Delhi figurava anche Roy, che pochi anni dopo il successo mondiale del suo primo romanzo Il dio delle piccole cose – Booker Prize nel 1997 – si era già affermata come una delle attiviste più schierate dalla parte delle minoranze etniche, religiose e castali del Paese, vittime di ingiustizie sociali ed economiche perpetrate, spesso, in nome del “progresso”.
La solidarietà con la battaglia per l’autodeterminazione del popolo kashmiro l’aveva portata a esporsi pubblicamente a favore di una de-escalation della presenza militare in Kashmir – macchiata da ripetute violazioni dei diritti umani andate impunite grazie alle leggi speciali che tutelano le operazioni militari indiane in Kashmir – e di un referendum che desse la possibilità a chi vive in Kashmir di decidere se aderire al progetto dell’India unita o se tracciare un futuro diverso. Referendum che era stato raccomandato da una risoluzione delle Nazioni Unite nel 1949 e che non si è mai tenuto. Oltre a una serie di saggi brevi e interviste pubblicate sui quotidiani e magazine più prestigiosi del mondo, nel 2007 Roy aveva dedicato alla questione kashmira anche il suo secondo romanzo, Il ministero della suprema felicità. Tre anni dopo, nel 2010, dal palco di “Azadi – The Only Way”, secondo le accuse divulgate nei giorni scorsi in un comunicato ufficiale del vicegovernatore di New Delhi, Roy e Hussain avrebbero pronunciato discorsi a favore della «separazione del Kashmir dal resto dell’India» e per questo entrambi sono accusati di una serie di reati che va dalla «promozione di inimicizia tra diverse comunità», «insulti con l’intenzione di minare la pace» e «asserzioni che pregiudicano l’integrità della Nazione».
Le indagini sono state aperte nello stesso 2010 e dopo quasi quattordici anni, lo scorso mese di ottobre, Roy e Hussain sono stati nominati nel documento dell’accusa ai sensi del Codice penale indiano regolare. Ma la svolta è arrivata venerdì scorso, quando le autorità hanno avuto il permesso di perseguire i due secondo l’Unlawful Activities Prevention Act (Uapa), una legge antiterrorismo speciale introdotta nel 1967 ma sempre più utilizzata per contestare reati di opinione. Ai sensi del Uapa, Roy e Hussain rischiano fino a sette anni di detenzione.
In tutti questi anni Roy ha continuato a sostenere la causa kashmira, compreso nel suo ultimo lavoro, Azadi: Freedom, Fascism, Fiction, che nel 2020 le è valso un premio alla carriera alla 45a edizione European Essay Prize, il primo premio letterario internazionale dedicato unicamente alla saggistica.
Pen International, la più antica associazione internazionale di scrittori e scrittrici al mondo, in un comunicato ha condannato le accuse mosse da New Delhi a Roy e Hussain, specificando che «una legge antiterrorismo non deve essere mai usata come strumento per criminalizzare il dissenso pacifico».
(il manifesto, 20 giugno 2024)