31 Ottobre 2021
la Repubblica

Cambiamo prospettiva. Dopo lo stop al Ddl Zan

di Natalia Aspesi


Commuove vedere le folle di giovani che riempiono le piazze contro l’affossamento della legge Zan; ci si schifa nel rivedere una parte dei parlamentari applaudire per il triste evento; si plaude ai tanti opinionisti che ovunque hanno attaccato l’orrido risultato; poi però ci si può anche chiedere: ma quante di queste persone progressiste non hanno avuto voglia di leggere per intero sia gli articoli di legge che le modifiche che il decreto Zan voleva, vuole apportare e prima o poi apporterà?

Io ci ho provato e se non sei del ramo è una faticaccia, temo quindi che non tutti quelli che hanno protestato, o esultato, e forse persino qualcuno che ha votato o sì o no, possano addirittura immaginare che, senza la Zan, qualunque ragazzo o ragazza o altro che abbia un suo orientamento sessuale non conforme alla Bibbia, può essere impunemente randellato da chiunque ne abbia il ghiribizzo al grido di “frocio frocio” o chissà, per i fluttuanti non mi viene in mente l’insulto giusto trattandosi di cosa nuova non ancora metabolizzata dalla fantasia popolare. In apparenza la Zan non chiedeva l’impossibile, cioè aggiungere all’art. 604 bis e ter, che puniscono «chi istiga a commettere o commette atti di violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi», anche quelli sul sesso, però precisando «sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere», e anche, e credo non c’entri col sesso, «la disabilità». Domanda sciocca: non bastava «sul sesso», o «sull’orientamento sessuale», sapendo che la parola gender, di cui io con molti altri non ho ancora capito il significato, fa imbestialire le autorità cattoliche, i profamilia e i “ci vogliono mamma e papà”? Io me ne stavo zitta zitta perché avendo la sfortuna di essere di sinistra sin dalla nascita temevo che sussurrando il minimo dubbio sull’efficacia del balsamo Zan e sulla probabilità di ottenerne l’approvazione sarei stata bollata oltre che di Alzheimer, di fascismo, omofobia, transfobia con tutte le variabili. Variabili di cui gli antiquati binari, e pure i gay non militanti, conoscono l’esistenza ma non (non so come dirlo) il funzionamento pratico, cioè cosa, come, con chi? Insomma si vorrebbe essere più informati oltre che dalle immagini dei celeberrimi Maneskin, dalla voce di Madame, le confessioni un po’ confuse di adolescenti su Instagram, la meravigliosa serie Pose e quella illuminante che viene dal Messico, La casa dei fiori, 33 puntate di massima, simpatica confusione sessuale; oltre i nostri nipoti, che raccontano contenti delle compagne bisessuali e degli amici che alle feste arrivano con la gonna. E non solo ad Halloween.

Poi ho letto su Repubblica un articolo del professor Carlo Galli, di suprema difficile luminosa scalata, che parlando di tattica politica e di scontro ideologico, mi ha incoraggiato ad assolvermi dando nobiltà ai miei rustici dubbi. Sempre Repubblica, che ogni tanto ci azzecca, ha ospitato un articolo del più odiato e forse più intelligente dei nostri attuali politici (pardon!), Matteo Renzi, cui è stata data la responsabilità del fallimento della legge Zan e mai nessuno che si ricordi che all’antipatico senatore quando era premier si deve la sola legge positiva per gli omosessuali, cioè le unioni civili. Altro sostegno l’ho trovato in Tommaso Cerno, da me votato a suo tempo, senatore gay del Pd che non ha votato la legge, «perché scritta male e perché ne andavano discusse modifiche che l’avrebbero fatta approvare». Io ho altri pensieri certamente prepolitici e antichi, per esempio che sia una legge soprattutto punitiva, e va bene, che però configura omo e trans solo come vittime, non in grado di difendersi, e non tiene conto che se io pestassi una non binaria direi che non sapevo che lo fosse e l’ho fatto perché aveva una maglietta con su scritto Dior e non è colpa mia se lo è.

Anche l’idea della giornata contro l’omolesbobitransfobia è plumbea, perché non trovarne una positiva? Quanto alla scuola in cui Zan vorrebbe fosse introdotta una cultura del rispetto e della inclusione anche dell’orientamento sessuale (e che tra i ragazzi dovrebbe esserci già), non so, non mi fiderei; non è che tutti gli insegnanti in quanto tali la pensino così, non è che se gli viene in classe una bimba che vuole diventare bimbo e ne parla continuamente, sa come comportarsi. Del resto in questi fatti della vita i giovani oggi sono più avanti dei genitori e dei politici e hanno le loro fonti di informazione e svago (ignorate dagli adulti) forse pericolose, forse liberatorie. Insomma si spera che la prossima Zan sarà più realistica, più positiva, più approvabile.


(la Repubblica, 31 ottobre 2021)

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