di Alessandra Bocchetti
Gentile ministra Bonetti,
per
prima cosa, benvenuta. Chi le scrive è una libera pensatrice
femminista. Le scrivo anche per la forza di un’esperienza comune
importante, anch’io sono stata scout fino all’età in cui una
scelta finisce per diventare stile.
Intanto
grazie per averci rassicurato a proposito del disegno di legge
Pillon, che, ci dice, manterrà ben chiuso in un cassetto, era una
vera oscenità volta solo a rendere le donne deboli e sottoposte.
Chiuso in un cassetto però non vuol dire che non esiste più. Questo
nuovo governo può anche averci dato un sollievo, ma in realtà
abbiamo bisogno di una vera cura e per una vera cura ci vuole un
cambiamento radicale.
Lei oggi si trovain un posto dove potrebbe fare molto perché la politica rivolta alle donne ha bisogno di una vera rivoluzione. Ho letto con interesse la sua intervista sull’Avvenire (13 settembre), che condivido tranne in un punto che però è fondamentale, lei colloca le donne nella fascia debole della società e le mette insieme ai giovani. È proprio questo il punto della “rivoluzione” necessaria.
Le donne non sono affatto deboli, sono in realtà molto potenti. E il mio consiglio per lei è: non parta dalla debolezza delle donne, provi a partire dalla loro forza. Questo è il cambiamento necessario. Non contribuisca anche lei alla perversa narrazione sulle donne, al criterio che le racconta deboli per chi le vuole deboli, che le racconta povere per chi le vuole povere. La debolezza delle donne e la loro povertà non è una sventura, è un programma ben preciso di un ordine antico della società a cui apparteniamo e che finora la politica istituzionale vuole mantenere. La cosa di cui hanno bisogno le donne oggi è la consapevolezza della loro forza. E una buona politica dovrebbe orientarsi in questa direzione, altrimenti nulla cambierà veramente.
[…]
Dia
una svoltae
trasformi la politica per le donne finalmente in una politica delle
donne che riguardi tutti non solo loro.
[…]
Cara
ministra, le donne della terza ondata sono quelle che non si chiedono
più se le donne sono capaci di fare quello che fanno gli uomini, ma
sono quelle che cominciano a pensare che lo possono fare meglio. Ne
tenga conto. Bisogna tenerne conto per fare una buona politica,
quella che anche il suo partito chiama politica femminista. Chissà
se intendiamo la stessa cosa… comunque tra il dire e il fare…
staremo a vedere.
Buon
lavoro, con simpatia e auguri.
(https://27esimaora.corriere.it/, 4 ottobre 2019)