27 Maggio 2021
Il Sole 24Ore

Carla Fracci, e l’Italia comprese che la danza è arte

di Silvia Poletti


È morta all’età di 84 anni la regina della danza italiana. Nata nel 1936 a Milano, qui ha costruito la parte centrale della sua carriera studiando nella scuola di ballo della Scala, di cui poi è diventata étoile


Ora che se n’è andata per sempre, si è spenta davvero quella luce che era una delle sue qualità più rare. Anche quando, ormai fragile più che mai in quella recente, benedetta masterclass su Giselle voluta da Manuel Legris si muoveva tra i giovani ballerini scaligeri per regalare loro momenti di sapienza interpretativa, spiccava quella luminosità rarefatta, unica, delle vere stelle.

Oggi quei video sono l’ultima testimonianza del magistero di un’artista che non solo ha segnato la storia della danza del secondo Novecento ma soprattutto, in un’Italia che si stava svegliando alla modernità grazie a nuovi artisti e intellettuali, ha incarnato l’idea che anche la danza fosse una forma artistica alta, capace di ispirare i massimi poeti italiani (celebri le poesie a lei dedicate da Montale o da Eduardo) e geniali registi (Visconti, Fellini e Bolognini, tra questi).

Un’arte fortificata dalla fatica

Eppure “la” Carla era anche altro dall’eterea musa evanescente immortalata in nuvole di tulle impalpabili studiati appositamente – il grande artigianato teatrale – per accrescere la sua natura eterea e appunto lucente di danzatrice romantica. Quando l’ascoltavi parlare balzavano evidenti i segni del duro lavoro, della fatica tenace e caparbia, della forza di volontà con cui giorno dopo giorno affrontava la routine fisica dell’allenamento e delle prove.

Usava spesso dire: «bisogna rimboccarsi le maniche» e in quella frase si indovinava come lavorare – appunto “faticare” – fosse il motore per arrivare, ma anche un monito a rimanere sempre con i piedi per terra, non dare niente per scontato, piuttosto fare ogni giorno il proprio dovere per guadagnare “la pagnotta” e soprattutto dignità. La politica del “fare” piuttosto che dell’apparire, insomma.

Il successo di una figlia del popolo

Certo questa concretezza le derivava dalle ben note origini operaie, che contribuirono a farle avere ben presto un consenso popolare mai visto prima di allora in Italia nei confronti di una danzatrice, ma era anche l’ingrediente essenziale del suo fascino elusivo e misterioso, che fece scrivere al critico musicale Lorenzo Arruga (nel più bel libro su lei) di come «da tutto» si rivelava «come un personaggio intenso e complesso, che si esprime in semplicità confortante».

Lungo questo duplice percorso, tra cielo e terra, tra arte e quotidianità, la Fracci ha segnato insomma uno spartiacque nella comprensione e considerazione della danza in Italia. E proprio questa missione (ancor più dei trionfi mondiali da New York a Mosca, a Londra accanto a Nureyev e Erick Bruhn, Baryshnikov, Paolo Bortoluzzi o Gheorge Jancu) va oggi ripensata. Così come il senso dei suoi spettacoli nei teatri tenda ( «Ieri sera ero alla Scala, ma oggi sono fiera di ballare tra le galline», disse in una intervista),o la scelta precocissima di lasciare la comfort zone dei classici – Giselle, La Sylphide, Coppelia – per esplorare in maniera spesso sconvolgente personaggi e storie dure e attuali (da Lady Macbeth a Gelsomina, da Mila di Codro a Medea) o ancora l’idea inascoltata di creare una compagnia di balletto nazionale che preservasse l’arte da quella decadenza che lei sentiva – a ragione – incombente in Italia.

Il connubio felice con Beppe Menegatti

Spesso ci si chiede se Carla sarebbe stata la Fracci senza i suggerimenti e le invenzioni del compagno di vita e di arte Beppe Menegatti, di fatto per lei l’anello di congiunzione tra quei giovani leoni del teatro italiano in rinascita del secondo dopoguerra e l’artigianato teatrale più alto. Chissà… Certo sono stati uno per l’altra. Il connubio è stato inscindibile e ha segnato praticamente tutte le tappe della vita della danzatrice: dalla nascita di Francesco ai vari step della professione, compresa l’importante direzione del Ballo dell’Opera di Roma, ultimo impegno ufficiale prima del “ritiro”. Un ritiro solo formale, comunque. Perché lei c’era, e c’è stata fino all’ultimo: pronta a testimoniare la sua esperienza e soprattutto a evidenziare le problematiche di quest’arte fragile e spesso incompresa.



Addio a Carla Fracci, la regina della danza italiana

di Redazione Spettacolo


Addio a Carla Fracci, regina della danza italiana. Figlia di un tranviere dell’Atm, la Fracci è nata a Milano, dove si è spenta, il 20 agosto 1936 e a soli dieci anni, nel 1946, inizia a studiare alla Scuola di danza del Teatro alla Scala, dove ha tra gli insegnanti la grande coreografa russa Vera Volkova e dove si diploma nel 1954, per poi proseguire la sua formazione artistica partecipando a stage avanzati a Londra, Parigi e New York.

Dopo solo due anni dal diploma diviene solista, poi nel 1958 è già étoile della Scala. Fino agli anni ’70 danza con alcune compagnie straniere quali il London Festival Ballet, il Royal Ballet, lo Stuttgart Ballet e il Royal Swedish Ballet. Dal 1967 è artista ospite dell’American Ballet Theatre. La sua notorietà artistica rimane prevalentemente legata alle interpretazioni dei ruoli romantici come Giulietta, Swanilda, Francesca da Rimini, o Giselle, accanto a partner come Rudolf Nureyev, Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam, Mikhail Baryshnikov e soprattutto il danese Erik Bruhn con il quale regala al pubblico un’indimenticabile interpretazione di ‘Giselle’ da cui nel 1969 viene realizzato un film. La Fracci nel 1964 sposa il regista Beppe Menegatti (da cui ha un figlio, Francesco) che sarà regista della maggior parte degli spettacoli da lei interpretati.

Alla fine degli anni ’80 dirige il corpo di ballo del Teatro San Carlo di Napoli assieme a Gheorghe Iancu e nel 1981 interpreta in tv il ruolo di Giuseppina Strepponi, la moglie di Giuseppe Verdi, nello sceneggiato Rai sulla vita del grande compositore di Busseto. Nel 1994 diviene membro dell’Accademia di Belle Arti di Brera. L’anno seguente è eletta presidente dell’associazione ambientalista “Altritalia Ambiente”.

Dal 1996 al 1997 la Fracci dirige il corpo di ballo dell’Arena di Verona e nel 2003 le viene conferita l’onoreficenza italiana Cavaliere di Gran Croce. Dal novembre del 2000 al luglio del 2010 dirige il corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma, attività alla quale affianca la riproposta di balletti perduti e nuove creazioni sotto la direzione di Beppe Menegatti. Dal giugno 2009 al 2014 è assessore alla Cultura della Provincia di Firenze e nel 2015 Ambasciatrice di Expo Milano. Nel 2018 riceve il Premio nazionale Toson d’oro di Vespasiano Gonzaga e il 19 settembre 2020 quello alla carriera da parte del Senato della Repubblica Italiana.

«Carla Fracci ha onorato, con la sua eleganza e il suo impegno artistico, frutto di intenso lavoro, il nostro Paese. Esprimo le più sentite condoglianze ai familiari e al mondo della danza, che perde oggi un prezioso e indimenticabile riferimento», ha dichiarato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ricordando «le straordinarie doti artistiche e umane, che hanno fatto di lei una delle più grandi ballerine classiche dei nostri tempi a livello internazionale».

«L’Italia della cultura ti sarà grata per sempre, immensa Carla Fracci», ha commentato il ministro Dario Franceschini.


(Il Sole 24 Ore, 27 maggio 2021)

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