29 Maggio 2022
La Stampa

Che brutti ricordi tornano in mente con la politica del terzo figlio

di Annarosa Buttarelli


Il tema della cosiddetta “denatalità italiana” si presenta all’opinione pubblica come un piatto molto ghiotto su cui avventarsi di corsa. Vediamo i commensali con forchetta e coltello branditi per l’occasione: aziende farmaceutiche multinazionali, adoratori del PIL, gruppi religiosi con inclinazioni misogine, specialisti del mainstream, affamati vari delle emergenze nazionali da far lievitare, chi è a secco di notizie allarmanti delle guerre, ormai digerite, ecc.

Si vedono numerose iniziative fiorire qui e là in cui ci si occupa, con la fronte aggrottata, della “grave situazione” delle scarse nascite autoctone che fanno prevedere povertà di manodopera giovanile, e il declino di un paese sempre più vecchio e depresso. Si dà lo sconcertante caso che, in mezzo a tutto questo, si sia buttato a capofitto, quasi da crociato, l’incredibile segretario del PD, Enrico Letta, e l’improbabile Calenda, i quali hanno partecipato a un incontro pubblico – Si può fare: politica – all’interno della cornice dei sedicenti “stati generali sulla denatalità”. Per capirci, riporto qui una solenne dichiarazione dell’incredibile Letta: «Il terzo figlio è un obiettivo Paese. Dobbiamo (sic!) fare tre figli per coppia (proprie tutte le coppie? Ma non era transgender, il PD?). Questo è il primo obiettivo per combattere la crisi demografica». Non sto scherzando, ha proprio detto così.

Troppo ghiotto il business, e ormai troppo vasta l’ignoranza compiaciuta perché si vedano le folle alzarsi indignate per il gravissimo insulto alle donne, oltretutto scagliato dal segretario di un partito che una volta era di sinistra e si nutriva di ben altro: si nutriva del sostegno delle femministe e delle donne in piena evoluzione mentale, culturale e sociale. Tocca ancora una volta alle donne di

buon senso e alle donne pensanti, alle femministe libere e radicate nella differenza del proprio sesso, richiamare l’attenzione sull’ennesimo sconcertante attacco misogino che viene, sempre più di frequente, dalle gerarchie di quella parte politica che sì è ridotta a rappresentare solamente l’anima più bieca del neoliberismo (per favore, si legga Nancy Fraser, Il vecchio muore e il nuovo non può

nascere). Proprio per l’ignoranza storica dilagante, bisogna richiamare il sapore mussoliniano (che vergogna che appaia alla mente!) delle parole del segretario del PD che, per amor di Patria, pone l’obbiettivo-Paese dell’obbligo del terzo figlio per coppia.

Quanto verrà pagato alle famiglie (quali?) che si adegueranno? Durante il fascismo, la ricompensa era di 5 lire a figlio, ma poi c’era un’agevolazione di 15 lire se il figlio (maschio, ovvio), veniva chiamato con il nome di un gerarca… Le donne come incubatrici, ancora una volta oggi 2022, della rinascita della Patria, come collaborazioniste della ragion di Stato, come uteri vaganti in cerca di

inseminazione, se non fosse che sono proprio i maschi a scarseggiare in potenza riproduttiva, con i loro spermatozoi sempre più stanchi e sempre meno numerosi.

Ma no, invece di occuparsi del welfare quasi estinto, invece di occuparsi di fare la pace, invece di fare autocoscienza maschile sulla crudeltà che dopo millenni si presenta tale e quale, invece di studiare i testi dell’autodeterminazione delle donne, invece di tornare a considerare la giustizia sociale il cuore della politica, invece di far diventare cittadini italiani quelli e quelle che

nascono qui, invece di rendere appetibile l’adozione delle decine di migliaia di bambini e bambine che rimangono il core business degli istituti che li ospitano, invece… invece…, ecco che vengono richiamati i battaglioni di donne a fare figli per la Patria. Per favore, vi prego voi donne del PD, leggete e fate leggere al vostro segretario il libro di Barbara Duden, ll corpo della donna

come luogo pubblico. Pensavamo, noi femministe storiche, che potesse essere archiviato come un classico della liberazione delle donne ma invece torna ad essere un libro di formazione, necessario e urgente, drammatico e sempre più attuale.


(Lo Specchio – La Stampa, 29 maggio 2022)

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