22 Ottobre 2022
Quotidiano del Sud

Chi ha paura della libertà delle donne?

di Franca Fortunato


“Chi ha paura della libertà delle donne? Sciogliere i nodi della violenza maschile” è il titolo del convegno on line delle Città Vicine del febbraio scorso i cui atti sono stati pubblicati nel numero speciale di questo mese della rivista della Mag di Verona “Autogestione e politica prima”. Dalla lettura dei tanti e interessanti interventi viene fuori una ricchezza di pensiero, di idee, di esperienze, di testimonianze, di pratiche politiche, di confronto tra donne e tra donne e uomini, con l’inevitabile racconto di tutte le forme di violenza e di attacco maschile alle donne, in questo tempo post patriarcale dove “il corpo delle donne resta” sì “il campo di battaglia elettivo” ma dentro la realtà che è cambiata “grazie all’agire femminile di questi cinquant’anni”. Realtà che “bisogna saper leggere” e “trovare delle nuove parole capaci di contrastare le diverse forme della violenza”, parole “rigeneranti che saldino” tra loro le generazioni di donne. Alle forme di violenza che sembrano sempre uguali (stupri, molestie sessuali, femminicidi) se ne aggiungono di nuove come il “genere” che nega e cancella il corpo femminile, rimuove «la genealogia madre/figlia, la nostra radice» e ripropone la contrapposizione tra “natura e “cultura”. «Affermare che siamo tutti nate/i da donna e che esiste la differenza sessuale non significa sbilanciarsi verso un nuovo “naturalismo” contrapposto alla cultura, bensì ribadire che differenza sessuale e corpo della madre non si possono cancellare». Nuova è la violenza istituzionale che toglie figli/e alle madri dopo che denunciano le violenze del proprio compagno, per via della legge sulla bigenitorialità e sull’alienazione parentale (la cosiddetta Pas). Nuova la violenza dentro le aule di giustizia imposta anche da donne ad altre donne, dove «guai a parlare di assegni di mantenimento per le donne, perché quello che passa culturalmente è che le donne sono ormai alla pari degli uomini e se vogliono lavorare che ci vadano». Nuova la violenza subdola degli uomini nel tentativo «di mercificare la potenza generatrice delle donne o i loro corpi prostituiti con la chimera di lucrosi guadagni per le meno abbienti con l’utero in affitto o i riconoscimenti di diritti sindacali pensioni e cure sanitarie nei tentativi di legalizzare e regolamentare quella che chiameremmo invece induzione alla prostituzione». Meno norme, meno codice penale, più femminismo, più politica delle relazioni e pensiero femminile per trovare «le risposte adeguate», lasciando aperto il «conflitto dialogante» con gli uomini, che devono «esprimersi di più» sulle varie forme di violenza sulle donne, e il dialogo con le giovani che «fanno fatica a ereditare quanto le ragazze del ’68 e del primo femminismo hanno elaborato, detto e fatto per affrancarle dal dominio del patriarcato e dei singoli maschi». Sono queste, tra interrogativi e domande, le indicazioni venute dai vari interventi al convegno. Sono le città, come a Teheran, teatro della paura degli uomini della libertà delle donne, ma sono anche teatro del cambiamento delle ragazze e dei ragazzi come ci dicono le manifestazioni per l’ambiente dove «tutto è partito da una ragazza» e le denunce per molestie sessuali contro professori al liceo di Castrolibero. La rivista, sin dalla copertina, è impreziosita dalle immagini delle opere dell’artista afghana Shamsi Hassani che «da esule non ha smorzato la sua volontà politica e artistica di segnare e edificare simbolicamente la sua città: Kabul». Una rivista bella, speciale, da leggere e fare conoscere. Un convegno importante che interroga donne e uomini.


(Quotidiano del Sud, 22 ottobre 2022)

Print Friendly, PDF & Email