di Franca Fortunato
Luisa Muraro è una delle più importanti pensatrici della contemporaneità, come l’ha definita Vita Cosentino della Libreria delle donne di Milano nel convegno tenuto sabato scorso all’Università Cattolica di Milano, dove 60 anni fa una giovane Muraro si è laureata. Il convegno dal titolo “Come quando si accende la luce” è stato organizzato per il 50esimo della Libreria delle donne – di cui Muraro è stata una delle fondatrici – in collaborazione con i dipartimenti di Sociologia, Storia moderna e contemporanea dell’Università Cattolica e la Comunità filosofica femminile Diotima. Molte le donne, e anche uomini, c’ero anch’io, venute da tutta Italia per rendere omaggio a Muraro ed esprimere, con lei in presenza, la propria riconoscenza per tutto quello che ognuna/o ha ricevuto dal suo pensiero e dai suoi libri. «Siamo qui oggi per celebrare l’autorità che per noi tutte ha rappresentato e incarnato Muraro», che ci ha regalato la sapienza delle mistiche «buona per noi oggi per non farci sprofondare nell’impotenza di fronte alla violenza della storia, delle guerre» (Wanda Tommasi, Diotima). Un’autorità, come insegna Muraro, di origine materna, che non schiaccia, non è «dominio ma relazionalità» (Paolo Gomarasca, Università Cattolica). È nel femminismo “sorgivo” di Lia Cigarini, in sodalizio da una vita, che Muraro ha trovato «le condizioni per portare avanti la sua più grande passione e desiderio, pensare e scrivere». Moltissime donne, come me, si sono rispecchiate nelle sue parole che «fanno luce e orientano». “Maestra” e “amica geniale” per Vita Cosentino, ha insegnato ad altre a pensare e scrivere. Muraro mi/ci ha insegnato, a donne e uomini, la “gratitudine” e la “riconoscenza” per la madre reale e simbolica. «II saper amare la madre è la chiave del femminismo della differenza e del pensiero di Muraro» (Diana Sartori, Diotima). Il concetto di madre, che riconduce alla relazione primaria e all’imparare a parlare da lei, fa di Muraro, nella storia della filosofia contemporanea e nella linguistica del ’900, una filosofa “anomala”, come l’ha definita Cesare Casarino (Minnesota University). Alle origini di tale anomalia c’è una “schivata”, mossa tipica del pensiero di Muraro, che vuol dire «non farsi trovare dove si pensa di trovarla», «guardare da un punto di vista imprevisto», «aprire una nuova prospettiva». Una mossa inaugurata da Muraro all’inizio degli anni ’70 in un dialogo con Bontadini, ricordato da Riccardo Fanciullacci (Università di Bergamo). All’affermazione di Muraro «Sono una donna», non un essere umano, il filosofo, cancellando la differenza sessuale, rispose «Tra uomini e donne non c’è differenza rispetto al filosofare», riportandola in una genealogia maschile. È da una “schivata”, la separazione dagli uomini, che negli anni ’70 nasce «il soggetto imprevisto della differenza sessuale» che ha messo al mondo pratiche e parole nuove che «avevano come solco la pace» (Ida Dominijanni, Centro per la Riforma dello Stato). Oggi che il contesto geopolitico è cambiato, come rilanciare la scommessa originaria? Come declinare la libertà femminile all’altezza di un mondo che va in rovina? Secondo Dominijanni occorre ripensare quello che abbiamo fatto alla luce di tre parole che oggi sono in gioco: democrazia, comunicazione, violenza. Di soggetto sessuato nella ricerca storica ha parlato María Milagros Rivera Garretas (Università di Barcellona): «Non sono gli archivi ad essere sessuati ma chi li frequenta». Storia sono i fatti di cronaca che Muraro, come «le donne di ingegno», ama leggere quotidianamente e da cui si lascia ispirare e ne scrive per sottrarli alle spiegazioni già confezionate (Annarosa Buttarelli, Diotima). Oggi, in un mondo in fiamme, il pensiero di Luisa Muraro, offerto a donne e uomini, si rivela necessario per un cambio di civiltà in nome della madre, della vita e non della morte.
(L’Altravoce il Quotidiano, rubrica “Io Donna”, 28 settembre 2025)

