25 Ottobre 2023
il manifesto

Con la Carovana dei libri fra i villaggi terremotati

di Arianna Di Genova


Parla la libraia marocchina Jamila Hassoune, ospite al 900fest di Forlì dedicato alla scuola. «Penso di essere riuscita, negli anni, ad accendere una scintilla di curiosità in chi ha partecipato. Il mio progetto nomade nasce dal dialogo e dalla conoscenza»


È la scuola la grande protagonista della decima edizione del Festival di Storia del Novecento, a cura della Fondazione Alfred Lewin, che si apre oggi a Forlì (fino a sabato 28). Si va dagli anni della Dad e la pandemia alle esperienze dei maestri di strada fino al nodo (costellato di lutti aberranti) dell’alternanza di insegnamento fra i banchi e il lavoro. 
900fest parte con una sessione internazionale dal titolo Il velo che protegge è l’istruzione. Donne, scuola e islam. Fra le varie ospiti (l’avvocata e femminista tunisina, la giornalista Giuliana Sgrena, la filosofa Cinzia Sciuto, la filmmaker iraniana Somayeh Haghnegahdar, l’attivista e fondatrice di Trama di Terre Tiziana Dal Pra), anche la libraia marocchina Jamila Hassoune, che da anni guida il progetto Carovana dei libri: un nomadismo culturale il suo che promuove l’incontro e l’accessibilità alle biblioteche per tutti.

Il suo Paese è stato drammaticamente colpito dal sisma. Come si sono evolute le iniziative della Carovana e qual è, oggi, il lavoro della sua libreria? 
L’8 settembre il Marocco ha vissuto un catastrofico terremoto, che ha interessato soprattutto Marrakech e la regione circostante. Molte sono state le vittime, colte impreparate, con interi paesi sommersi dalle macerie. Questi villaggi di montagna – che già scontavano un’assenza di infrastrutture – hanno avuto case e scuole danneggiate o distrutte. Abbiamo piantato delle tende dove poter far lezione con gli alunni piccoli, mentre altri giovani venivano trasferiti in luoghi più sicuri, come la città, in collegi dove potessero continuare i loro studi. Si è rivelata la scelta giusta per tirarli fuori dallo shock. Tutti i marocchini hanno reagito bene, non abbiamo mai visto tanta solidarietà, soprattutto da parte delle generazioni ultime, che si sono caricati i beni primari sulle loro spalle arrivando nei villaggi inaccessibili. Con un gruppo di amici ho organizzato l’aiuto personalmente, ci siamo presi cura dei feriti di un villaggio; dopo che sono usciti dagli ospedali, accudivamo i bambini e anche i loro genitori, rimanendo con la famiglia tutto il tempo necessario al soddisfacimento dei loro bisogni. Ho acquistato libri da colorare e storie da leggere per i bambini rimasti senza un tetto. Volevamo consolarli, ma in realtà è successo il contrario quando ci hanno visti con le lacrime agli occhi: siamo stati consolati noi.

Lei ha viaggiato molto con i suoi libri, anche in Europa. Cosa può dire delle nostre periferie, dei suoi incontri e le possibilità offerte dalla Carovana? 
Spesso nelle periferie dei paesi europei si incontrano giovani che provengono da un contesto di immigrazione. Sono individui mai completamente integrati perché non esiste una buona strategia sociale: vengono emarginati o messi insieme in un ghetto. Il problema del razzismo esiste e persiste, nonostante si parli così tanto di diritti umani. Isolare le persone e lasciarle in balia di loro stesse non può che favorire la nascita di problemi. Nel mio paese o in qualsiasi altro luogo, dico sempre: vuoi un buon cittadino? Allora crea l’opportunità affinché lo sia, considerandolo innanzitutto come tale e trattandolo come gli altri, senza stigmatizzazioni. Si può essere orgogliosi della propria cultura e storia, promuovendo uno scambio alla pari.

Il suo progetto culturale può riuscire a colmare anche le lacune nella lettura e nell’istruzione delle ragazze nei Paesi dove il fondamentalismo ostacola il loro libero apprendimento? 
In tutte le religioni possiamo trovare elementi di fondamentalismo: scorrendo il corso della storia, questo è molto evidente. Ma con il dialogo, la lettura, lo scambio culturale tra nazionalità diverse e religioni differenti, si possono sradicare tutti i comportamenti che veicolano odio e intolleranza. Da parte mia, continuo a organizzare carovane di libri, laboratori di scrittura per i giovani, incontri con le donne, dibattiti su argomenti di attualità. Ritengo di essere riuscita, negli anni, ad accendere una scintilla di curiosità e conoscenza in chi ha partecipato. Naturalmente, l’istruzione è al primo posto e, in molti paesi, le ragazze non sono incoraggiate ad andare a scuola, anche se ultimamente sono più numerose le studentesse che riescono ad accedervi. Dobbiamo investire in programmi educativi e sociali, in quelle relazioni che generano fiducia e accettazione dell’altro.


(il manifesto, 25 ottobre 2023)

Print Friendly, PDF & Email