22 Giugno 2021
La Sicilia

Diciamo no alla scuola mercificata, alla vita e al lavoro precarizzati

di Pinella Leocata


Ieri pomeriggio al cinema King, in vista della manifestazione di oggi contro il G20, si è tenuta un’assemblea-dibattito dal titolo: «No al G20. Lavoro e istruzione: voi il problema, noi la cura» promossa da Accoglienza Contro-Vento, Anarchica Palermo, Cobas Scuola (Coordinamento Siciliano), Comitato NoMuos/No Sigonella, La Città Felice, La Ragna Tela, Lhive (ex-Lila), Pci, Prc, Rete Antirazzista Catanese, Stonewall, Sinistra Anticapitalista e Unione degli Studenti.

Un incontro – moderato da Nino De Cristoforo – che ha visto la partecipazione di decine di relatori provenienti da varie parti del mondo – alcuni in presenza, altri in rete – concordi nel sostenere la necessità di rimettere in discussione «gli attuali equilibri che producono guerra, devastazione ambientale, sfruttamento, sessismo, razzismo e negano il diritto al lavoro, alla salute, alle cure, alla casa e all’istruzione».

Una situazione drammatica aggravata dalla pandemia, che «ha esasperato disuguaglianze e discriminazioni, a partire dalla mercificazione della scuola e del sapere, dalla precarizzazione della vita e del lavoro, in particolare di quello femminile».

Una pandemia che – secondo Luca Cangemi, responsabile nazionale Scuola del Partito Comunista – va inquadrata nel contesto internazionale caratterizzato «dal tentativo riuscito degli Usa di ricompattare un blocco imperialista con accanto l’Unione europea, volente o nolente, Israele, il Giappone, che si riarma, e l’India» e da una ristrutturazione capitalista volta a rendere i lavoratori sempre più subalterni al sistema e alle imprese. In quest’ottica anche le politiche espansive adottate dall’Ue sono viste come volte a un tipo di rilancio che incrementerà le asimmetrie economiche e di potere anziché investire a fini sociali le risorse enormi previste dal Recovery Plan.

Di qui anche la critica a Draghi, considerato il garante del progetto Usa, e allo svuotamento delle prerogative del Parlamento, «ridotto ad un passacarte» in un contesto in cui la democrazia costituzionale è stata stravolta e sono attuate forti limitazioni dei diritti costituzionali, a partire da quelli di sciopero e di espressione.

Una situazione che, secondo i partecipanti, richiede il superamento della frammentazione politica e sindacale e la ripresa del conflitto e di «una forte opposizione» e, dunque, una ricomposizione dell’unità a sinistra che qualcuno – come Mimmo Cosentino, segretario Prc regionale – vede possibile solo in quanto «ricomposizione dell’unità proletaria di chi è sfruttato sul lavoro, precario, occupato in nero, migrante, e costretto a farsi carico di tutto il lavoro di cura. Un’unità che va ricostruita a partire dalle lotte sul lavoro, dalle esperienze mutualistiche e dalle battaglie ecologiste».

«In questa fase storica, segnata dal Recovery Plan – secondo Dino Capasso, dell’esecutivo Cobas nazionale – il conflitto decisivo è quello sull’impiego delle enormi risorse stanziate a favore degli Stati». In Italia – sostiene, insieme agli altri relatori – è necessario invertire le tendenze neoliberiste garantendo una redistribuzione del reddito attraverso l’estensione del reddito di cittadinanza verso un reddito universale, perseguendo un lavoro di qualità – e dunque a tempo indeterminato, che garantisca un salario dignitoso e una libertà sostanziale di scelta – e una drastica riduzione del tempo di lavoro a parità di salario per contrastare la perdita di occupazione spinta da automazione, digitalizzazione e robotizzazione. Ancora. È necessario rilanciare i diritti sociali, a partire dai trasporti pubblici e dalla sanità, come il Covid ci ha insegnato a caro prezzo, inclusa la liberalizzazione dei brevetti e la distribuzione dei vaccini a tutte le popolazioni del mondo. Necessario anche garantire il diritto all’istruzione e questo significa superare le scelte che, nel corso degli ultimi decenni, hanno ridotto la qualità della scuola pubblica italiana attraverso l’aziendalizzazione e l’autonomia scolastica che ha messo in competizione le scuole per accaparrarsi gli studenti-clienti, mentre i contenuti sono stati semplificati al punto da produrre un analfabetismo di ritorno e a percorsi formativi in cui la digitalizzazione è il format del processo didattico mentre il docente è considerato solo un facilitatore. E, invece, la scuola dovrebbe fornire strumenti cognitivi, spirito critico, saperi disciplinari e la capacità di sintesi, di contestualizzare, di cogliere i nessi.

Non a caso Michela Spera, della Cgil nazionale e femminista della Libreria delle donne, ricorda le lotte del 1973 per conquistare ai lavoratori metalmeccanici il diritto alle 150 ore per ottenere il diploma di terza media e quelle per conquistare, nel 2016, il diritto soggettivo alla formazione, in modo da togliere alle aziende il potere di escludere le donne, i più fragili e i lavoratori sindacalizzati. Ed è significativo che si stia cominciando a lottare, con Informatici senza frontiere, anche contro l’esclusione di chi non sa usare i nuovi mezzi telematici.

Tanti anche i riferimenti alla situazione internazionale, a partire dalla Striscia di Gaza dove i palestinesi – come denuncia Wasim Dahmash, docente – «sono reclusi da quindici anni in un vero e proprio campo di concentramento. Un crimine contro l’umanità sostenuto dagli Usa e dagli Stati imperialisti che vogliono sfruttare le risorse dell’area mediorientale. Eppure l’Italia ha consentito a Israele di svolgere in Sardegna un’esercitazione con F35, gli aerei che nei giorni scorsi hanno bombardato la Striscia di Gaza». Anche in questo caso l’invito è alla mobilitazione e a gesti concreti, come «il boicottaggio votato dal Parlamento europeo contro le merci prodotte nei territori occupati dai coloni o il rifiuto dei portuali di Genova e di Livorno di caricare le armi per Israele nei giorni dei bombardamenti».


(La Sicilia, 22 giugno 2021)

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