7 Luglio 2016
il manifesto

Donne che raccontano donne

di Fabiana Sargentini

Femmine Folli. Mura romane circondano una ribalta con grande schermo sullo sfondo. Sassolini sotto i piedi. Centinaia di persone. Maggioranza femminile. Che la letteratura sia dominio del gentil sesso?

La cornice è spettacolare. Mura romane circondano una ribalta con grande schermo sullo sfondo. Sassolini sotto i piedi. Centinaia di persone. Maggioranza femminile. Che la letteratura sia dominio delle donne? Stasera si parla di loro, di noi. Il titolo non lascia dubbi: «Ti racconto una donna». Le presenti sono agghindate in tenuta estiva friccicosa: sandali, vestitini leggeri e colorati, poco trucco, sugli occhi un po’ di glitter. Si scambiano smancerie di saluto. Sono venuta da sola, per interesse personale.

Non ho avuto voglia di cercare compagni di avventura, serenamente viaggio in solitaria. Indosso un bel vestito a righe bianche e nere lungo fino ai piedi. Mi siedo abbastanza centrale, abbastanza avanti. Telecamere. Vip che non vedo o non riconosco. Col passare dei minuti la luce naturale lascia il posto a quella artificiale. La brezza rende piacevole l’uscita serale nella grande bellezza romana. La musica suadente di una voce femminile intona delle cover: «Master and servant» dei Depeche Mode, «Blister in the Sun» dei Violent Femmes. Il libro che mi sono portata mi ha alleviato la noia della fila, ora però la musica mi induce una voglia di ballare che certo, tramite tutte le parole che verranno dette nei prossimi minuti, non verrà placata.

Amo le scrittrici. Le prediligo spudoratamente e senza misura. In libreria mi incuriosisco dei volumi che portano nomi femminili di tutte le nazionalità. Non faccio a tempo a leggerle tutte…
Si spengono le luci. Si parte. Raggi rossi dal palco, illuminazione in blu viola e arancio. Attacca il jazz. Un sax. Quindi la letteratura non basta. Almeno così credono gli organizzatori. La serata è strutturata in due parti: nella prima Iaia Forte legge un brano da un romanzo di Clara Sanchéz, poi l’autrice stessa legge un inedito in spagnolo sottotitolato. Non l’ho mai letta e neppure questa volta mi rapisce. Nella seconda parte cinque scrittrici italiane (Bonvicini, Ciabatti, De Gregorio, Parrella, Vinci) leggono Lucia Berlin, scrittrice americana poco nota da noi, a febbraio pubblicata, per Bollati Boringhieri, la raccolta «La donna che scriveva racconti».

I temi sono forti e normali nello stesso tempo, l’andamento libero della vita che scorre: una sorella che si prende cura dell’altra malata terminale («Aspetta un attimo»), le attese e gli incontri alla lavanderia automatica («Carpe diem», «La lavanderia a gettoni di Angel»), l’educazione alla seduzione tra cugine di diverse età («Sex appeal»), la vecchiaia, l’amore matrimoniale, la solitudine («Amici»). La narrazione prende il pubblico, ci conduce in luoghi lontani, le parole scandite rotolano nelle teste degli ascoltatori inducendo nuove fantasie, pensieri, proiezioni. Che bello lasciarsi liberi di vagare fuori da sé, che miracolo si compie attraverso le storie di altri! «Chiunque dica di capire come si sente un altro è un cretino»: ecco una frase che mette d’accordo tutti.

Pedalando lentamente sulla via del ritorno verso casa, davanti a un musicista solitario nella città mezza vuota, vedo una coppia che si bacia appoggiata ad un muretto: è un bacio lento e calmo, sembrerebbe di conoscenza, esplorativo, lui seduto, lei davanti a lui in piedi. Li osservo meglio e scopro con euforia che non sono dei ragazzini, hanno un passato alle spalle, una vita, forse dei figli con altri, ma si stanno dedicando, sotto gli occhi della notte, l’uno all’altra, con l’entusiasmo della scoperta, della novità.

È questione di un attimo e via, non sono più nel mio campo visivo, ma resteranno a lungo, insieme ad Anna e Sam, la coppia di vecchietti amorevolmente assortita del racconto della Berlin, archiviati nella mia memoria-salvagente di immagini che fanno bene al cuore e alla mente. Grazie.

(il manifesto, 7 luglio 2016)

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