3 Giugno 2020
il manifesto

«Dove non potrò», le battaglie delle donne tradotte in musica

di Flaviano De Luca


Sono figure mitologiche leggendarie – sirene, sibille, janare – progenitrici di un gruppo artistico-politico femminista, Le Nemesiache, nato negli anni ’70 con la volontà di evidenziare l’indomita natura ribelle muliebre che si vendica degli oltraggi subiti con la creatività artistica, con le azioni performative, con una scrittura d’avanguardia.

Alle Nemesiache, in particolare alle sorelle Lina e Teresa Mangiacapre che hanno fatto la storia dell’universo femminile napoletano, si è ispirato l’album Dove non potrò, il secondo della band Ardesia, un gruppo di donne che vuole rendere accessibili e piacevoli i testi del femminismo del ’900 (forse paragonabile all’operazione Wuthering Heights di Kate Bush su Brontë o Patti Smith con Beat Generation/Rimbaud). In copertina del disco, registrato negli studi Auditorium Novecento di Napoli e pubblicato da Ad Est dell’Equatore Musica (disponibile su Spotify), ci sono tre profili famosi, la riproduzione di «Le tre dame in blu», l’affresco del palazzo di Cnosso a Creta, risalente al XVI secolo a.C., una testimonianza di protagonismo femminile e mediterraneo già quasi 4000 anni fa che richiama le tre musiciste, nucleo centrale del gruppo, guidate da Stefania Tarantino, filosofa e musicista d’esperienza, pianista e cantante, con Giovanna Grieco, violinista e Claudia Scuro, chitarrista (gli innesti più giovani sono Giusy Franzese al basso e Andrea De Fazio alla batteria, con la partecipazione della pianista Veruska Graziano).

«C’è la vita/e le mani stringono l’aria/ C’è la vita/e lentamente liane sempre più fitte/ come braccia d’acciaio/ ti stringono/ ti rendono schiava». Frammenti di Dove non potrò, brano con un lungo finale vocale-sonoro improvvisato, una poesia di Lina Mangiacapre, eclettica performer e attivista politica, look androgino con occhiali a cigno o farfalla, femminista pura e dura, fantastica energia trasfusa in opere teatrali, rassegne cinematografiche, intuizioni creative, scomparsa nel 2002 (con una sezione nel museo delle donne artiste di Washington). Le otto tracce dell’album puntano su eleganza e bellezza, oscillando tra canzone d’autore e jazz, arrangiamenti sofisticati e suggestioni pop, dando voce al pensiero e al vissuto di tante protagoniste, non più tra noi, di battaglie estetiche e politiche, come Angela Putino, Lucia Mastrodomenico e Teresa Mangiacapre. «I brani di questo disco sono delle miniature che fanno vivere e conoscere gli scritti di alcune donne – confessa Tarantino – La particolarità del progetto è di essere formato da tutte musiciste che hanno portato avanti le varie idee, lavorando insieme, dialogando e confrontandosi secondo la pratica politica del femminismo».

Cosìl’episodio più rock Me too, influenzato dalle suggestioni d’oltreoceano o quello cantautoriale francese Le temps te donnera raison si alternano con Libera di essere (testo ispirato a Ondina se ne va di Ingeborg Bachmann, scritto per sostenere un centro antiviolenza) e con adattamenti ben riusciti Mani sulla pelle (dal libro di Anna Santoro La ballata delle sette streghe e altri versi) e Non sappiamo chi siamo (rielaborazione di un testo di Anna Correale). Una diversità cercata e cantata, puntando a sfatare i falsi miti della società napoletana e cercando un collegamento con la storica tradizione anticonformista, quella che dalla regista Elvira Notari arriva fino all’operaia Maddalena Cerasuolo.


(il manifesto, 3 giugno 2020)

Print Friendly, PDF & Email