3 Dicembre 2021
Il Quotidiano del Sud

Dove sta il Natale? Dove stanno le radici cristiane?

di Franca Fortunato


È bastato un documento della Commissione europea per una “inclusiva comunicazione” in cui si raccomandava di sostituire “festività” a “Natale” – una delle tante stupidità del cosiddetto linguaggio inclusivo – per sollevare le solite proteste delle destre in difesa della “tradizione” del Natale e “delle radici cristiane.” Il documento alla fine è stato ritirato, ma mi chiedo: dove sta il Natale? Dove stanno le radici cristiane?

Guardando questa Europa dei muri e dei fili spinati, una fortezza militarizzata attraversata da odio, ferocia e crudeltà verso altri esseri umani, mi viene da dire che il Natale è morto e con lui le radici cristiane. È morto alla frontiera polacca circondata di filo spinato, dove portare acqua e cibo alle/i migranti si rischia il carcere e nella foresta si lasciano morire di freddo e di fame creature piccole. È morto nelle acque del mare, dal Mediterraneo all’Egeo al Canale della Manica, dove si lasciano annegare uomini, donne, bambine/i, giovani come Maryam Amin, curda irachena, imbarcata con altri 26 migranti a Calais su un gommone mezzo sgonfio. Voleva raggiungere il fidanzato in Inghilterra. È morto a Ventimiglia con le ordinanze del sindaco di centrodestra con cui vieta ai “non residenti” “di abbeverarsi alle fontane pubbliche”, chiude l’unico campo di prima accoglienza della Croce Rossa e costringe le/i migranti a vivere sotto i ponti. È morto alla frontiera con la Francia dove la polizia respinge le/i migranti dopo aver tagliato a metà le loro scarpe con una fresa. È morto in una Europa che paga dittatori e torturatori di migranti, in Turchia come in Libia, e, in nome del profitto, consente alle multinazionali del farmaco di negare il vaccino anti Covid ai poveri della terra.

Ma in questa Europa c’è una terra lontana, periferica, dove il Natale è vivo. È la terra di mia madre, terra di accoglienza, di emigrazione, di solidarietà, di umanità che altri in questi ultimi anni hanno provato a sradicare con l’odio. Sono gli stessi che a ogni occasione rivendicano la tradizione del Natale e la propria cristianità. È la mia terra, la Calabria dove paesi come Roccella Ionica aprono le loro porte a chi arriva da lontano e le madri, come faceva la mia, lasciano aperte le porte di casa: «Trasiti, trasiti, accomodativi». È questo il senso del Natale in una Calabria che soccorre e non lascia morire chi è nel pericolo, che accoglie e non respinge. Natale è vivo negli uomini della Guardia costiera, dei Vigili del fuoco, della Croce rossa e delle forze di polizia che il 3 novembre a Roccella Ionica, sfidando la furia del mare, il vento e la tempesta, con una catena umana hanno salvato 74 migranti a bordo di una barca a vela. Natale è vivo negli occhi della giovane madre siriana che stringe a sé la sua creatura appena nata e la guarda come Maria guardava Gesù. Madre e figlia sono state soccorse, insieme ad altri 200 migranti, e portate in salvo a Roccella Ionica. La piccola è nata sul peschereccio su cui la madre in Turchia era stata costretta a salire, anche se prossima al parto. L’imbarcazione era alla deriva, c’era tempesta in mare, pioggia battente e forte vento, quando la giovane, aiutata da un’altra donna, dava alla luce la sua creatura nella cabina, la grotta della natività. È nata donna, di notte, al freddo e al gelo, con i migranti pastori e i re Magi accorsi per salvarla. Non importa a quale religione o meno appartenga sua madre, è una “cristiana”. «Povera cristiana», «povero cristiano» soleva dire mia madre davanti a un essere umano bisognoso. È questo che rende vivo il Natale, il resto è solo una farsa davanti a un simulacro vuoto e senza senso.


(Il Quotidiano del Sud, 3 dicembre 2021)

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