9 Luglio 2020
La Stampa

E ora facciamo la rivoluzione femminista

di Flavia Amabile


Centinaia di donne alla prima assemblea pubblica alla Casa Internazionale delle Donne di Roma. Da Livia Turco a Cecilia D’Elia e Marta Bonafoni per dare il via a un nuovo movimento che presenterà proposte alla politica e preparerà una mobilitazione in autunno


Roma. Unirsi e cambiare la società. Unirsi in nome di due parole: femminismo e rivoluzione. Hanno un suono scomodo e antico ma stanno tornando sempre più spesso nei dibattiti delle donne sul sistema da costruire dopo la quarantena.

Femminismo e rivoluzione sono state le parole protagoniste anche delle proposte lanciate mercoledì pomeriggio nella prima assemblea pubblica organizzata alla Casa Internazionale delle Donne di Roma. Oltre tre ore di interventi con centinaia di persone tra quelle che erano presenti e collegate a distanza da diverse città d’Italia. C’erano parlamentari, rappresentanti di movimenti come le Sardine, Priorità alla Scuola e degli incontri nei parchi realizzati dopo gli Stati Generali. C’erano le donne di Lucha y Siesta a portare il sostegno di Non Una di Meno e associazioni attive in molti settori. E poi donne del mondo della sanità, della legge, manager, insegnanti. Un universo variegato unito da una stessa conclusione che prende di mira l’ipocrisia di questi ultimi anni della politica italiana: la presunta disponibilità a inserire i temi femminili nei grandi discorsi programmatici sul futuro del Paese e la situazione di reale e crescente difficoltà creata nella vita di ogni giorno.

E, quindi, per salvare le donne non bastano le donne: ci vuole il femminismo. Qualcuno lo considererà uno sterile ritorno al passato: per chi ha deciso di impegnarsi in questa battaglia non esiste altra risposta se la presenza di donne in ruoli di potere conduce a provvedimenti come la marcia indietro sull’aborto farmacologico deciso dalla presidente della Regione Umbria a metà giugno. «Il Covid non è stata una livella, anzi, sono aumentate le disuguaglianze» e «solo il femminismo può rovesciare» il sistema economico neoliberale che penalizza innanzitutto le donne, spiega Maura Cossutta, la presidente della Casa Internazionale delle Donne.

È l’inizio del dibattito ma anche il concetto di fondo intorno al quale finiscono per ritrovarsi tutti gli interventi. Cecilia D’Elia, vicepresidente della Provincia di Roma con Zingaretti, una delle fondatrici del movimento “Se non ora quando” e ora portavoce della conferenza delle donne democratiche, organismo interno al Pd con l’obiettivo di spingere il partito a investire di più sulle politiche di genere: «Sono convinta che sia necessario» perché «anche litigando dobbiamo essere al centro delle politiche e c’è un sapere femminista che ci deve indicare la strada». Una strada che non prevede i bonus ma «un diverso sistema di politica».

Livia Turco, oggi presidente della Fondazione Nilde Iotti dopo un lungo passato di politica e ruoli di governo tra le file del Pci e di tutte le sue trasformazioni fino all’attuale Pd: «Nei prossimi mesi si decideranno questioni che riguarderanno i prossimi cinquant’anni: vogliamo esserci o no?», chiede. Sulla risposta nessun dubbio ma come esserci? «Non voglio un ritorno a un passato che non c’è più», chiarisce. Questo vuol dire accettare le differenze esistenti fra le diverse realtà di donne, discutere e «decidere se ci sono dei punti con cui le donne possono stupire questo Paese».

Trovare dei punti di unione è una riflessione in atto da alcune settimane, parte da un appello lanciato proprio da Livia Turco e confluito in un movimento chiamato “Dalla stessa parte”.  Fra le fondatrici anche la scrittrice femminista Alessandra Bocchetti che durante l’assemblea chiede di «costruire una forza di donne che nessuno ha mai visto prima e che provochi stupore, sorpresa e anche un po’ di spavento», e pronuncia una parola impegnativa: «Mettersi insieme è un gesto rivoluzionario: vogliamo farla questa rivoluzione?». Anche lei sa perfettamente che l’unione assoluta e perfetta delle donne non esiste. «Esistono dei temi su cui siamo d’accordo: sono i temi della vergogna del nostro Paese come la disparità salariale». Unirsi quindi su temi come questi e organizzare una manifestazione a ottobre è la sua proposta.

Marta Bonafoni del Pd, consigliera alla Regione Lazio: «Ora è necessaria un’alleanza fra donne ma con lo sguardo femminista» per essere radicali e soprattutto più simili alla società che ci circonda, quindi «più periferiche, più intergenerazionali e più meticce». Insomma maggiore attenzione alle donne che vivono nelle difficili periferie italiane, alle giovani, alle precarie, alle disoccupate, a quelle che attendono da anni la cittadinanza. Giorgia Serughetti, ricercatrice dell’Università di Milano Bicocca, si chiede quale sarà la risposta del governo alla disoccupazione creata dalla pandemia. «Ancora soldi alle imprese? Preferirei invece sottolineare la forza della cura intesa in senso ampio per una manutenzione della nostra vita, dei nostri spazi, del nostro corpo, della salute intesa anche come benessere. E vorrei che questa che è stata una parola chiave durante la pandemia lo diventasse anche della ripresa».

Mila Spicola, insegnante, pedagogista, consulente della Ong Room to read che si occupa di valorizzare il ruolo delle donne attraverso l’istruzione, sottolinea il ritorno delle «parole delle battaglie femministe» e la necessità di «una battaglia forte per la costruzione di uno stato sociale vero» perché «la donna povera non chiede il bonus e il nonno non sostituisce il nido» e dare un asilo nido a tutti i bambini significa «dire finalmente alle donne con bambini da 0 a 6 anni: sei una persona».

Laura Onofri, presidente di Se Non Ora Quando – Torino: «Bisogna intervenire sulla frammentazione delle donne con uno sguardo alla Spagna dove le donne sono riuscite a dare vita a un documento unitario dopo un lungo dibattito. Per unirsi bisogna scegliere alcuni temi su cui siamo d’accordo come il lavoro e la scuola, per esempio».

La proposta di fondo è stata lanciata, quelle concrete sono da costruire e la grande mobilitazione d’autunno anche. Le donne femministe italiane si sono messe al lavoro.


(La Stampa, 9 luglio 2020)

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