28 Aprile 2021
la Repubblica

Eravamo solo ragazzi

di Chiara Valerio


Domani uscirà nelle sale italiane Promising Young Woman (Una donna promettente) di Emerald Fennel che ha vinto l’Oscar 2021 per la miglior sceneggiatura originale. Il film racconta la storia di Cassie, ex brillante studentessa di Medicina che lascia l’università dopo aver saputo che la sua migliore amica Nina è stata stuprata da un collega di corso a una festa. Cassie si sente in colpa perché non era alla festa.

Quando il film comincia, Cassie vive con i genitori, lavora in un bar, e una volta a settimana indossa tacchi, rossetto e minigonna, sceglie un locale, si finge ubriaca e si fa rimorchiare da un qualcuno che, puntualmente, credendola semi-incosciente, tenta di portarsela a letto. A quel punto Cassie si rivela molto vigile, e minacciosamente fa intendere che l’ubriachezza non indebolisce i no. Un no di una donna ubriaca è comunque un no. La grammatica di queste scene echeggia i film horror. Gli uomini, che fino a quel momento avevano mani prensili e intenzioni altrettanto, non capiscono, si spaventano, e così chi guarda il film.

Seguendo Promising Young Woman, mi sono resa conto di quanto lo stupro sia una cultura, e come tale vada smantellata. Il primo significato della parola secondo Treccani è «l’insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo». La consapevolezza di sé e del proprio mondo è che il no di una donna non sia mai un no.

Il video di Beppe Grillo, in difesa del figlio Ciro, accusato di stupro con Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria, ha scatenato giuste analisi e contestualizzazioni che spiegavano la cultura dello stupro, e io come molti, seguendo quelle spiegazioni, ho integrato la mia. Ma tra spiegare e capire passano pelle, pianto e riso, immedesimazione e fraintendimento. Almeno. Il racconto che Emerald Fennel fa della vita di Cassie, mi ha fatto capire la cultura dello stupro, e la necessità di tentare una controcultura. Contro-cultura come tentativo di muoversi in opposizione alla cultura dominante ricostruendo e smantellando le circostanze che l’hanno prodotta: che il corteggiamento presupponga un’insistenza e che l’intensità di questa insistenza sia una valutazione che tocca agli uomini. Tuttavia, in questa vita da vendicatrice morale, educativa, Cassie incontra Ryan, un ex collega di studi diventato chirurgo pediatrico, e se ne innamora. Ryan è il contrario degli uomini dei locali, è rispettoso, ama lei, le sue lacune e i suoi tempi. La grammatica cinematografica vira alla commedia romantica: i due dormono insieme, fanno sesso, cantano mentre comprano le patatine. Ma l’amore non cancella i fantasmi o le ossessioni, e nemmeno il senso di colpa per Nina che tutti hanno dimenticato, o lasciato andare. Tranne Cassie. L’amore non si sostituisce, si aggiunge. Ryan ha continuato a sentire e vedere gli ex colleghi di corso, e tra loro anche il ragazzo che ha stuprato Nina. Cassie, sapendo che sta per sposarsi, decide di vendicarsi. La cultura dello stupro è tale che Ryan non capisce i sentimenti di Cassie, eravamo solo dei ragazzi, continua a ripeterle. La cultura dello stupro è tale che quell’eravamo solo dei ragazzi somiglia, suona, grida e definisce lo stupro come un passo che un uomo può trovarsi a compiere senza essere uno stupratore. Così pensano Ryan e i ragazzi riuniti per l’addio al celibato dove Cassie si presenta vestita da infermiera sexy. Il film finisce dolorosamente, così come a un certo punto chi guarda si immagina, perché non è una donna singola, una singola persona, che può smantellare una cultura e stabilire una controcultura, non nell’arco della sua vita. La grammatica cinematografica cambia ancora, non cede alla tragedia, vira al perturbante, alla storia di fantasmi, e la tecnologia – un messaggio programmato da Cassie per Ryan – rivendica la vendetta, la giustizia addirittura, mentre Ryan, ignaro com’è stato sempre, sta brindando agli sposi e Cassie è già morta. È il modo in cui Cassie muore che (ancor ci) offende e che lascia senza fiato. L’horror, la commedia romantica, e le storie di fantasmi sono generi con i quali la letteratura ha sempre ibridato il realismo (penso a Mrs. Ramsay che promette al figlio James di andare al faro, a riga uno di pagina uno di Gita al faro di Virginia Woolf e mantiene la promessa dopo morta, perché è solo allora che James raggiungerà il faro), ma Emerald Fennel – e per questo la sua sceneggiatura è originale ben oltre il significato tecnico dell’Academy – decide di usarli per descrivere come ci muoviamo noi, uomini e donne, innamorati o no, nella cultura dello stupro. Ce la mostra a colori lisergici, che subito ci paiono irrealistici e allegri, una gomma Big Bubble, e invece sono esatti. Lo stupro non è una fase, non è un inciampo, e non è una violenza isolata. È una cultura.


(la Repubblica, 28 aprile 2021)

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