23 Febbraio 2024
Il Foglio

Generazione intersex

di Marina Terragni


Ordinario di Chirurgia pediatrica all’Università di Pisa, Claudio Spinelli ha avuto a che fare con la questione dell’identità di genere operando molti bambini intersex, con disordini congeniti della differenziazione sessuale: «Non si capisce – spiega – se sono maschi o femmine. Un tempo su queste anomalie si interveniva precocemente con la chirurgia ricostruttiva cercando di allineare l’aspetto esterno con l’identità biologica. L’approccio è cambiato in seguito alle iniziative dell’Intersex Society of North America che ha chiesto di sospendere gli interventi fino a quando il soggetto non è in grado di esprimere consenso. In Germania e Portogallo gli interventi sono vietati, in Italia non c’è una legge ma il Comitato nazionale di Bioetica raccomanda di rinviare fino alla maturazione del soggetto».

Condizione, quella degli intersex, del tutto diversa dalla disforia di genere. «Assolutamente. I genitali dei bambini con disforia sono nella norma, la disforia non ha basi organiche. Ma in contatto con gli intersex e le loro famiglie ho incontrato problematiche che si ritrovano anche nella disforia. Per finire sugli intersex: vediamo un aumento importante. Crescono anche ipospadia, ginecomastia, mancata discesa dei testicoli (criptorchidismo). Situazioni probabilmente riconducibili a fattori ambientali e in particolare ai cosiddetti interferenti endocrini, sostanze presenti nell’aria, negli ali- menti, in oggetti di uso comune: idrocarburi policiclici, benzene, diossine, ftalati. Queste sostanze spiegano anche le neoplasie ormonodipendenti e la drammatica caduta della fertilità maschile».

Cosa spiega invece l’aumento non meno drammatico dei casi di disforia? «Probabilmente si tratta del sintomo “contagioso” di un profondo disagio. I disturbi psichiatrici, quasi sempre compresenti, crescono in modo impressionante: in Italia ne soffrono 2 milioni di under 17; rispetto al periodo pre-Covid c’è stato un incremento del 12 per cento degli accessi al pronto soccorso pediatrico per comportamenti autolesivi e suicidari che sono cresciuti del 27 per cento. Il 59 per cento dei ragazzi tra i 13 e i 25 anni soffre di anoressia/bulimia; il 12 per cento, prevalentemente maschi, sviluppa dipendenza digitale (digital addiction) associata a comportamenti ossessivo-compulsivi. Qualche settimana fa ne ho parlato alla Camera in una relazione sugli aspetti cognitivi dei nativi digitali e sul cambiamento dei comportamenti».

Una mutazione antropologica. «I ragazzi fuggono dal senso di mancanza di futuro e da un presente ansiogeno sviluppando un’identità digitale fluida poco propensa ad accettare frustrazioni: durante l’adolescenza si è più reattivi alla dopamina, neurotrasmettitore del piacere che induce a una ricerca di gratificazione continua, come per alcol e droghe. Dietro a questa fragilità c’è un’aggressività che si manifesta con l’hating, il bullismo, il revenge porn. C’è anche il problema dell’erotizzazione precoce dell’infanzia con l’esposizione al porno online e ai suoi modelli mistificanti che vengono imitati alterando lo sviluppo psicoaffettivo».

Lei quindi classificherebbe la disforia di genere tra i disturbi psichici. Ma la disforia è stata depatologizzata. Si dice che è il corpo a essere sbagliato, non la psiche. È il corpo che va cambiato con i farmaci e la chirurgia. «Sono argomenti complessi. Quando voglio mettere in difficoltà gli studenti chiedo di parlarmi di questo. Non è semplice parlarne in maniera chiara e precisa». Forse anche perché c’è paura. «Questi temi sono stati ideologizzati e politicizzati. Si rischia di fare riferimento a pregiudizi e non a dati». Eppure la società italiana di pediatria sostiene senza tentennamenti la terapia affermativa con triptorelina e parla di “dimostrata completa reversibilità” dei suoi effetti quando studi e pratica clinica dimostrano il contrario. «Di fronte a novità del genere servono tempo e ricerca. Ma è certo che la somministrazione di triptorelina nei giovani produce un arresto dello sviluppo puberale, come se mandassimo le bambine in menopausa e i maschi in andropausa con tutto ciò che ne consegue: osteoporosi, dolori, alterazioni ossee e della crescita in statura, blocco della spermatogenesi e delle ovulazioni, problemi cardiovascolari e mentali… Difficile riportare il corpo alle sue condizioni fisiologiche. Le risposte reali le avremo solo fra qualche anno con dati a distanza». Nell’attesa che si fa? «Se ne discute. Si informa. Si aiuta la gente a prendere coscienza oltre gli schieramenti ideologici. Si supportano le famiglie. Si lavora sulla scuola». E si continua a somministrare triptorelina? «Varrebbe la pena di evitare, vista la mancanza di studi e gli effetti collaterali. Basterebbe attendere, avere pazienza, lasciare i bambini liberi di vivere la fatica dell’adolescenza. Con un supporto psicologico, se serve».


(Il Foglio, 23 febbraio 2024)

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