24 Ottobre 2019
Le Vie

Gli anti-PMA tornano in piazza

La Vie, 6 ottobre 2019


Domenica 6 ottobre decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per opporsi alla revisione delle leggi sulla bioetica.

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Tra i primi arrivati al concentramento nei pressi del palazzo del Luxembourg, a mezzogiorno, Jérôme, quarantun anni, è venuto dalla Normandia «per difendere il futuro dei bambini». «Ho avuto un padre assente, posso dire per esperienza che non è una bella esperienza» testimonia. «Se questa assenza la si istituzionalizza addirittura… penso che si vada nella direzione sbagliata». Adeline, invece, è arrivata con un pullman dalla Charente-Maritime «per far vedere che ci siamo, che ci crediamo ancora e che non ci siamo arresi». «Con questa legge si attenta davvero alla natura umana, è il transumanesimo, la porta aperta a qualsiasi cosa» rincara la sua amica Jessica. «Nell’epoca del femminismo, fare la Gpa… Ci vuole logica! E dove sono le femministe?» insorge.

In effetti, l’adozione il 3 ottobre di un emendamento presentato dal deputato LREM [La République en Marche, formazione politica del presidente Macron, Ndt] Jean-Louis Touraine, relatore del progetto di legge in esame, che prevede la trascrizione automatica all’anagrafe dei bambini nati all’estero da Gpa – benché modificato dal governo – ha dato il colpo decisivo a chi esitava a manifestare. Tanto più che l’indomani la corte di cassazione ha convalidato la trascrizione all’anagrafe della “madre intenzionale” nel caso Mennesson. «Credo che questo dimostri la doppiezza del governo riguardo alla Gpa – stima Blanche Streb, direttrice della formazione di Alliance Vita, una delle associazioni che fanno parte del collettivo Marchons enfants!. «Da una parte ci dicono: “La Gpa mai e poi mai”, e dall’altra si fa di tutto per facilitare il ricorso a questa pratica all’estero.»

Sul percorso del corteo, uno striscione a favore della PMA esposto su un balcone si attira un boato da parte dei manifestanti, così come la presenza di un gruppo di militanti pro-PMA protetti dalla polizia. Perché molti dimostranti denunciano l’effetto domino delle leggi che si susseguono in ambito sociale. «Personalmente, non m’importava niente se qualche coppia di omosessuali si sposava, quello che mi preoccupava ai tempi della legge sul matrimonio per tutti erano la PMA e la Gpa che si profilavano all’orizzonte. – spiega Jeanne, trentenne venuta dall’Alta Savoia – Ora ci siamo, per questo sono tornata in piazza.»

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Se il pubblico è visibilmente lo stesso delle manifestazioni contro il matrimonio per tutti – certi hanno persino riciclato t-shirt e bandiere – i cattolici (perlopiù di destra) non sono stati gli unici a scendere in piazza. «Io sono ecologista e anarchico» rivendica Thierry, cinquantatré anni, che si è legato sulle spalle una bandiera su cui si può leggere Anarchici contro la PMA. No al capitalismo transumanista. «Sono contrario a rendere la riproduzione un processo artificiale, non in nome della religione cristiana ma per semplice filosofia», insiste. I Poissons Roses [“pesci rosa”, Ndt], piattaforma di riflessione di cristiani di sinistra che avevano già manifestato contro il matrimonio per tutti, da parte loro, si preoccupano del silenzio della sinistra umanista. «Eppure la lotta contro la riduzione del corpo a merce e l’ecologia integrale sono temi di sinistra!» esclama Patrice Obert, presidente dei Poissons Roses. «Spero comunque che la Gpa possa mobilitare nuovamente questa parte di elettorato. Rendetevi conto: si reintroduce una nozione abolita nel 1848 e che si chiama schiavitù».

E sono proprio gli ultimi sviluppi sul fronte Gpa che hanno convinto il Corp, Collettivo per il rispetto della persona, di cui fa parte tra le altre Sylviane Agacinski, a scendere in piazza a sua volta. A margine della sfilata del collettivo Marchons enfants! ma con i Poissons Roses, qualche militante si è riunita sulla piazza della Sorbona. «Quand’è troppo, è troppo!» esclama Ana Deram, sociologa e attivista del Corp. «Il modo di agire del legislatore e la sentenza della cassazione, tutto in meno di ventiquattr’ore, ci hanno disgustate. Dieci giorni fa, in India, è morta una donna che stava sostenendo una gravidanza per altri, non è accettabile. È venuto il momento di dire che non abbiamo paura di denunciare la riduzione a merce di donne e bambini.» Anche lei del Corp, Marie-Jo Bonnet, lesbica femminista, cofondatrice delle gouines rouges [“lesbiche rosse”], tiene a precisare che non condivide gli slogan del collettivo Marchons enfants!, e in particolare Liberté, égalité, paternité: «Non lavoriamo per il patriarcato. – insiste – Ma manifesto con il Corp perché stiamo assistendo a una ripresa di controllo sulle donne e sulle loro capacità procreatrici. Sono qui anche per dire che non tutte le lesbiche sono favorevoli alla medicalizzazione della procreazione e all’anonimato del dono di sperma.»

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(La Vie, 6 ottobre 2019, traduzione di Silvia Baratella)


Versione integrale (in francese)

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