20 Febbraio 2021
la Repubblica

Governo Draghi, Anna Finocchiaro: «Donne del Pd imponetevi. Nessuno vi regalerà la leadership»

di Giovanna Casadio


Anna Finocchiaro, lei è stata la prima ministra delle Pari opportunità italiana. Era il 1996. Ma su donne e parità, si procede a passo di gambero?

Già nel 1996 dicevo che l’onda della forza femminile, della sua libertà e della sua autodeterminazione non si arresterà. La rivoluzione femminile è l’unica rivoluzione non sconfitta del Novecento. Il protagonismo femminile dilaga e non si potrà fermare.

Cè un arretramento in Italia?

No, però l’affermazione delle donne nella sfera pubblica deve fare i conti con le resistenze di un sistema costruito su un modello maschile. È un vero e proprio scontro di potere. Le conquiste raggiunte hanno spesso solo “fatto posto” alle donne, non hanno cambiato l’organizzazione del potere, né gli stessi sistemi sociali. Dunque c’è una contesa, e non solo per fare il premier o il ministro, ma anche la caporeparto in una fabbrica, la presidente del Tribunale, la rettrice, la direttrice di un giornale. Di conseguenza quando l’acqua è poca, per dire così, la papera non galleggia: se ci sono tre postazioni di governo disponibili diminuisce lo spazio per la parità.

Per il Pd, il suo partito, non avere neppure una donna ministra è un formidabile autogol, non crede?

La piena partecipazione delle donne alla vita sociale, politica ed economica del paese è una questione politica di prima grandezza e anche una questione morale. Di morale costituzionale repubblicana, fondata sull’uguaglianza sostanziale, la parità di accesso alle cariche pubbliche, il riconoscimento di meriti e bisogni.

Cosa dovrebbero fare le donne dem a questo punto?

Non potendo dare il cattivo esempio, do buoni consigli. All’interno del Pd aprirei una discussione sulla formazione e selezione delle classi dirigenti. Nella società promuoverei una grande battaglia sul tema dell’uguaglianza sostanziale e del riconoscimento del merito. Insomma stabilirei io quale è l’ambito della competizione, sfidando sulla qualità delle donne e i loro meriti.

Senza aspettare concessioni? Come gli annunciati incarichi di sottosegretarie?

È una scelta politica. Le donne dem valutino quale è la posta in gioco, se la partecipazione al governo come sottosegretarie o una posta politica più alta. Considerino poi che hanno dalla loro un’arma formidabile, che è la democrazia rappresentativa. Presidino il fronte della rappresentanza, stando attente ad alcuni temi istituzionali. Siamo sicuri che quando al Senato ci saranno 200 parlamentari, la rappresentanza femminile eguaglierà il 36% che abbiamo oggi? Ricordiamoci che le quote previste per le donne riguardano le candidate, non le elette. Quando si scelse il maggioritario la presenza femminile in Parlamento diminuì perché alle donne furono assegnati i collegi meno sicuri. Inoltre, io credo che il modello leaderistico dei partiti non agevoli la partecipazione delle donne. E non credo che la parità di accesso alle cariche pubbliche possa essere consegnato nelle mani di un leader, per quanto illuminato, che scelga le candidature contrattandole con le anime interne del partito.

Bene una vicesegretaria nel Pd?

Le leadership politiche si impongono, non si cooptano. Le donne hanno tutte le carte in regola per imporsi.

Le parole di Draghi sulle donne fanno ben sperare?

Sì, soprattutto là dove dice che il Paese non si risolleva se non include le donne nel mercato del lavoro, in particolare nel Mezzogiorno. Senza le donne non ce la facciamo a tirare il Paese e il Sud fuori dai guai. Sacrosanto. E mi è piaciuto il riferimento allo studio delle materie scientifiche da parte delle donne.

Bisogna superare il farisaico rispetto delle quote rosa?

Farisaico è il modo in cui sono state adoperate. Ma sono un utile strumento di sblocco, transitorio, che aiuta il passaggio alla costruzione di una società di donne e uomini.


(la Repubblica, 20 febbraio 2021)

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