di Michele Giorgio
Storica portavoce palestinese, esponente di punta della società civile nei Territori occupati e docente universitaria, Hanan Ashrawi non ha smesso un giorno nei passati cinque mesi di invocare la fine dell’offensiva israeliana a Gaza e la realizzazione dei diritti del suo popolo negati da Israele e dai suoi alleati. L’abbiamo intervistata sugli ultimi sviluppi.
Il governo Netanyahu non sembra avere intenzione di fermare il suo attacco a Gaza.
È così. Non riesco a immaginare altro che la continuazione di bombardamenti e raid israeliani che stanno radendo al suolo Gaza e uccidendo e portando alla fame la sua intera popolazione. Tutto ciò potrebbe terminare solo se gli alleati di Israele, Stati uniti ed Europa, decidessero di far fermare il genocidio in atto. Washington a parole si spende per gli aiuti alla popolazione mentre fornisce a Israele munizioni, bombe, per continuare distruzione e massacri.
Quali gli aspetti più contesta della politica occidentale nei riguardi di Israele e Gaza?
Siamo scioccati. Siamo rimasti senza parole di fronte alla rapidità con cui gli Usa hanno accettato certe menzogne israeliane. E dalla velocità con cui gli europei si sono allineati alle posizioni americane. Dopo il 7 ottobre i leader dell’Ue si sono precipitati a dare il via libera a qualsiasi mossa (del governo Netanyahu) contro Gaza, anche la più brutale. Non si sono posti il problema di verificare certe affermazioni, hanno accettato tutto ciò che Israele ha detto e fatto contro i palestinesi. Usa, Gran Bretagna e vari paesi europei hanno inviato forze militari in Medio Oriente a protezione di Israele, assieme ad armi e munizioni. Sono stati complici nella distruzione di Gaza. Poi, quando la loro gente, le loro società civili hanno protestato nelle strade contro gli orrori a Gaza, per convenienza hanno mutato il tono delle loro dichiarazioni. Ma non cambiano politica.
Aiuti umanitari che peraltro arrivano solo in minima parte ai palestinesi di Gaza.
I paesi occidentali dovrebbero imporre a Israele l’apertura dei valichi terrestri e la distribuzione senza limite di cibo e generi di prima necessità alla popolazione. Invece non vanno oltre qualche proclama. Cosa vogliono, che la popolazione scampata alle bombe muoia di fame? Ripetono che Israele non deve invadere Rafah mentre l’attacco a quella città è già cominciato. Penso che la mentalità colonizzatrice non permetta ai paesi occidentali di avere un approccio serio e razionale verso Israele.
L’amministrazione Biden afferma l’appoggio alla creazione di uno Stato palestinese. È una svolta o sono solo parole?
Sono parole. Biden ha capito di essere andato troppo in là nel sostegno al genocidio a Gaza. Ha visto che i sondaggi (per le presidenziali di fine anno, ndr) lo danno sfavorito tra i cittadini americani, in alcuni Stati importanti che si oppongono al sostegno di Israele. Così ha moderato la sua linea e propone la creazione di uno Stato palestinese. Ma di concreto c’è solo il sostegno che Biden garantisce a Israele. I palestinesi non sono stupidi. A Biden dico: non venderci solo parole, ferma l’invio di bombe e armi a Israele.
Ci sono stati negli ultimi giorni movimenti nell’arena politica palestinese. Il presidente dell’Anp Abu Mazen ha nominato premier incaricato l’economista Mohammed Mustafa, un suo fedelissimo, scatenando l’ira di Hamas che parla di una mossa unilaterale contro l’unità nazionale palestinese. Cosa ne pensa?
Penso che mai come in questo momento abbiamo bisogno di unità nazionale e di un processo decisionale democratico e inclusivo. Sostituire un premier ubbidiente con un altro premier ubbidiente non cambia nulla. Piuttosto è necessario coinvolgere tutti, non solo partiti e movimenti politici, ma anche le espressioni della società civile. Siamo chiamati tutti a recuperare la fiducia della popolazione nel nostro sistema politico. I palestinesi non hanno più alcuna fiducia nel governo, nel presidente, nelle istituzioni, vanno attuati cambiamenti reali. Abu Mazen in pratica segnala di voler realizzare le riforme nell’Anp chieste da Washington, a cominciare da un governo di tecnici. Ma non è quello che si aspettano tutti i palestinesi, l’unità nazionale.
Le fratture politiche avranno riflessi nel futuro di Gaza?
L’unità nazionale palestinese è fondamentale. Ora però la priorità assoluta è la fine dei massacri israeliani a Gaza, dei bombardamenti e delle distruzioni e cibo per la nostra gente. Il cambiamento deve avvenire prima di tutto nell’atteggiamento dei paesi occidentali e in Israele dove un governo fascista tiene prigioniero il mondo intero.
(il manifesto, 21 marzo 2024)