2 Marzo 2023
Il Foglio

I disastri logici e di libertà della Ley trans, che non c’entra coi diritti. Intervista alla femminista spagnola Amparo Domingo

di Marina Terragni


Per dare un’idea dello strepitoso casino ingenerato dalla Ley Trans approvata una settimana fa in Spagna basterebbe questo: una cinquantina di machistas di estrema destra, inferociti per i “privilegi” riservati alle donne – quote, percorsi protetti, leggi contro la violenza maschile e così via – hanno anticipato al Mundo che si presenteranno in massa all’ufficio del registro per dichiarare il cambio di sesso e usufruire di queste opportunità: almeno 475 diritti sanciti per le donne, secondo il calcolo di un esperto, che da ora in poi saranno accessibili anche agli uomini. Bastano quattro mesi e ti arriva il documento: auguri, lei è una donna. Non servono perizie, testimonianze, farmaci, chirurgia, niente di niente. Basta la tua volontà, assolutamente insindacabile. Puoi tenerti il tuo corpo, i tuoi genitali, la barba se ce l’hai, e perfino il nome: per comodità potrai restare Pedro o Javier, anche se lo Stato ti riconoscerà donna a tutti gli effetti. Se i machistas mostrano di avere ben compreso la profonda misoginia di questa incredibile Ley approvata con iter accelerato, la stragrande maggioranza degli spagnoli brancola nel buio: basta vedere la faccia stralunata di certi conduttori tv che si rendono conto di quello che è successo solo nel corso di talk fuori tempo massimo. I più credono che si tratti di una norma di civiltà concepita per garantire un’esistenza più sicura e dignitosa ai vari “Agrado”, l’esigua minoranza transessuale. La verità è che qui Agrado e la transessualità non c’entrano niente.

Il femminismo riunito ha duramente lottato contro la Ley Trans e non intende arrendersi, a cominciare dalle prossime scadenze elettorali. Lo spiega Amparo Domingo, rappresentante spagnola della rete globale Women’s Declaration International (WDI) con cui partecipa alla Confluencia Movimiento Feminista di Spagna: «In maggio si voterà per regioni e comuni» dice «ed entro fine anno per le politiche. Il femminismo spagnolo è quasi integralmente di sinistra, ma oggi si sta valutando l’astensione: hashtag #FeminismoNoVotaTraidores. Forse una minoranza tra noi sosterrà il Partito popolare, che intanto sembra voler aprire su temi sensibili come l’aborto e ha già annuncialo un tavolo multidisciplinare di confronto al quale anche noi siamo invitate per formulare una legge alternativa da approvare nei primi 100 giorni di un eventuale governo di centrodestra. I sondaggi vedono un testa a testa tra le due coalizioni, con lieve vantaggio del PP: il nostro non-voto potrebbe essere decisivo». La Ley è stata proposta da Podemos, in particolare dalla ministra dell’Igualdad Irene Montero. Inizialmente il Psoe non la sosteneva. Poi cos’è cambiato? «Sanchez ha messo al primo posto la coalizione. Nel secondo semestre 2023 la presidenza Ue toccherà alla Spagna e lui ci tiene molto, voleva arrivarci senza essere disturbato. Ha chiuso la bocca anche alle donne del suo partito. È andato avanti come un treno. La stampa filogovernativa ha censurato il dibattito. Ci ha dipinto come “vecchie” conservatrici moraliste invidiose della giovinezza e del progressismo di Irene Montero. E non ha raccontato la verità». Qual è la verità? «Per esempio il fatto che anche i minori a partire dai 14 anni potranno decidere di “cambiare sesso”. Dai 16 in totale libertà, dai 14 accompagnati dai genitori o da un tutore: ma se non c’è accordo interverrà un difensore giudiziale a tutelare la dignità del minore. Quindi di fatto dai 14 anni puoi autodeterminare il tuo sesso (self-id). Ma anche a 12 anni puoi rivolgerti al tribunale per avere l’ok se il giudice valuterà che c’è “sufficiente maturità per decidere”. A 12 anni sei in tempo per assumere i bloccanti della pubertà. E quando cominci a prenderli quasi sempre (9 volte su 10) prosegui con gli ormoni cross-sex». Certo. Nella legge è stato aggiunto in corsa un articolo in cui si impegna il ministero della Sanità e l’agenzia dei farmaci a garantire un sufficiente approvvigionamento. Negli ultimi anni in Spagna i casi di supposta disforia tra i minori sono aumentati di oltre il 5000%.»

Nemmeno per i bambini serve diagnosi medica o psicologica? «Assolutamente! Al contrario, ci saranno pesanti sanzioni, fino a 150.000 euro, per gli psicologi che si azzardassero a intraprendere un percorso perché si tratterebbe di “terapia di conversione”. Il presupposto è che da qualche parte nel tuo corpo esiste un’anima sessuata che decide se sei uomo o donna, e questo non può essere messo in discussione. È una forma di culto». A proposito: la chiesa spagnola ha preso qualche posizione? «Non risulta. La chiesa si era opposta con forza al matrimonio omosessuale, ma qui non si è sentita. Forse questa cosa dell’anima tutto sommato piace, è una forma di conversione dell’omosessualità sul modello dell’Iran che è il paese-faro di questa ideologia: se sei gay ti mandano alla forca, se cambi “sesso” tutto ok».

L’Onu ha celebrato la Ley Trans. «Non l’Onu, alcuni isolati esperti dell’Onu. Smentiti dalla relatrice contro la violenza Reem Alsalem, secondo la quale non esiste un diritto umano al self-id». Ora cosa contate di fare?

«Non ci stancheremo di informare perché pochi hanno capito questa legge. E vigileremo sulle conseguenze dell’applicazione che di sicuro creerà situazioni grottesche e ingestibili. La gente si renderà conto. Da tempo questo governo approva leggi in modo incompetente, solo per lisciare il pelo agli attivisti. Un esempio è la cosiddetta legge “Sí es sí” sul consenso sessuale. Noi femministe abbiamo subito detto che avrebbe comportato una riduzione delle pene per gli stupratori e i violenti, e così è stato. Più di 500 condannati per reati sessuali si sono visti ridurre le pene. Ora il Psoe ha promesso di riformare la legge». Nella Ley Trans vedete anche profili di incostituzionalità? «Sì, perché è una legge ordinaria e cambia i termini rispetto alla legge organica sull’Uguaglianza che è una legge superiore. La legge sull’Uguaglianza ha assunto i principi espressi dalla Convenzione Onu per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, e fa riferimento al sesso, mentre la Ley Trans parla di identità sessuale che cancella il sesso biologico». Non identità di genere? «No, il termine che si usa è sempre identità sessuale intesa come “esperienza interiore e individuale del sesso”. Altro profilo di incostituzionalità: l’inversione dell’onere della prova. Se io vengo accusata di essere transfobica non toccherà a chi mi accusa dimostrare che lo sono ma a me dimostrare che non lo sono. Un bavaglio intollerabile. Non ci fermeremo».


(Il Foglio, 2 marzo 2023)

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