24 Luglio 2021
La Sicilia

«Il Ddl Zan penalizzerà le donne»

di Pinella Leocata


La Città Felice di Catania ha organizzato un incontro, nella sede dei Cobas, per spiegare le ragioni per cui le femministe, o almeno parte di esse, sono contrarie al disegno di legge Zan, considerato una sorta di cavallo di Troia attraverso cui fare passare approcci e scelte gravi e lesive per le donne.

Già dal titolo, “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” – rilevano Mirella Clausi e Anna Di Salvo – si evince che viene messa “tanta, troppa carne al fuoco, inclusa la disabilità, che non ha a che vedere con le altre questioni tant’è che poi viene lasciata cadere quando si parla di pene, segno che è usata in modo strumentale”. L’obiezione maggiore fatta alla proposta Zan è quella di utilizzare termini su cui c’è un grande dibattito dagli anni Settanta e su cui non c’è una visione concorde, come, per esempio, sul concetto di “identità di genere” definito in modo molto diverso da quanto fa la Convenzione di Istanbul. Sesso, genere e identità di genere vengono definiti in un modo parziale che però viene fissato in una legge.

Il sesso – spiegano le femministe de’ La Città Felice – è definito come sesso biologico o anagrafico, ma questo secondo termine viene poi legato al genere, con il quale si intende “qualunque manifestazione esteriore che sia conforme e contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso”. Eppure – dicono – tradizionalmente il termine “genere” definisce il “sesso sociale”, “cioè l’influenza della società sulla percezione/concezione del nostro sesso”. Ancora. “Identità di genere” è definita come “l’identificazione percepita e manifesta di sé in relazione al genere, anche non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Espressioni e definizioni che cancellano il termine donna, così come all’art. 3 si parla di violenza generica, senza alcun riferimento alla violenza maschile sessista sulle donne che pure sempre più spesso ne sono vittime fino al femminicidio. Dubbi vengono espressi anche relativamente all’art. 4 che garantisce la libertà di espressione e il pluralismo delle idee “purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”. “Ma come sentirci garantite in considerazione della violenza delle discussioni in atto e dalla realtà di Paesi in cui questi problemi sono stati trattati prima di noi dove il termine donna è stato cancellato per sostituirlo con quello di ‘soggetto che mestrua’ o ‘soggetto con la cervice’?”.  Parte delle femministe ha a che ridire anche su quanto previsto nella scuola che, a loro avviso, dovrebbe occuparsi di educazione al rispetto di tutte le differenze e non di educazione alla transessualità che, soprattutto nei ragazzi molto giovani, “espone ad una grande confusione mentale. Tant’è che in Paesi più avanzati come il Canada si sta tornando indietro dopo le denunce e le cause di risarcimento che molte persone hanno fatto contro chi le ha precocemente aiutate nel percorso di transizione ad un altro sesso, scelta di cui poi si sono pentite”.

“I sessi – rivendica Mirella Clausi – sono due, maschio e femmina, e in natura esistono anche casi di ermafroditismo che presentano entrambi gli apparati sessuali. Tutto va ricondotto alla sessualità e non a discorsi di genere che portano a confusione nei giovani”. Viene citato Sarantis Thanopulos secondo cui con questa legge “si cancella l’intero mondo psichico fatto di desideri, sentimenti e pensieri, come se non avesse importanza nella nostra costruzione identitaria associata alla differenza dei sessi”. Di qui il convincimento che questa legge sia un cavallo di Troia volto ad annullare le differenze sessuali attraverso le differenze di genere ponendo così le basi per la gestazione per altri, per considerare la prostituzione un lavoro come un altro e per la completa mercificazione del corpo delle donne. Viene rilevato, inoltre, l’interesse delle case farmaceutiche a cancellare la donna come figura centrale e a spingere il percorso di transizione che ha costi notevoli anche dal punto di vista economico. Ultima ma non meno importante critica è quella all’approccio sotteso alla proposta che si serve di una legge penale come grimaldello per processi culturali.

Di qui la rivendicazione della lotta per fare comprendere e per fare valere le proprie ragioni, “per salvaguardare le differenze sessuali e le donne con quello che il loro corpo riesce ad essere e a dare rispetto ad un corpo di uomo”. E il rammarico per il forte attacco alle loro posizioni, anche da Sinistra e da parte del movimento Lgtbq al cui fianco si sono sempre schierate nella rivendicazione dei loro diritti. “Questo tempo difficile – dicono con le parole della filosofa e psicanalista Julia Kristeva – è la controprova che l’ordine simbolico sta davvero crollando, che il dominio patriarcale è davvero scaduto. Alcune profete lo avevano visto. Mary Daly aveva annunciato che le donne sarebbero state fatte scomparire nel genere neutro, i loro corpi sostituiti da una supposta identità incorporea”. Di qui la richiesta di ritornare alla proposta Scalfarotto, che era stata approvata con largo consenso, o di eliminare l’art. 1 della proposta di legge Zan o di sostituire il termine identità di genere con quello di identità transessuale.


(La Sicilia, 24 luglio 2021)

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