30 Maggio 2024
la Repubblica

“Il museo rinuncia al fondo femminista di Carla Lonzi”. La replica: “Costretti a restituirlo ai privati”

di Carlo Alberto Bucci


Alla Galleria nazionale d’arte moderna le sorti delle carte e degli scritti di Carla Lonzi e Anton Giulio Bragaglia sono nelle mani di Battista Lena e di Valerio Jalongo. Arte, critica, archivi, musica e cinema si incrociano nel destino dei due preziosi fondi che la direzione del museo di Valle Giulia ha deciso di restituire poiché si tratta di beni lasciati in comodato. E il museo, che si appresta a lavori di messa in sicurezza dei depositi, non può o vuole garantire la conservazione di beni non di proprietà pubblica. Sembra insomma che la parola definitiva starà ora al regista Valerio Jalongo e a Battista Lena, autore di colonne sonore, tra l’altro per i film della moglie Francesca Archibugi: starebbe a loro, e a i loro cari, decidere se completare in futuro la donazione o se riprendersi un patrimonio di famiglia – 7,5 metri lineari di documenti nel caso di Lonzi; circa 110 su 170 per quanto riguarda Bragaglia – arrivato grezzo nei depositi del palazzo di Bazzani. E ora schedato, restaurato, digitalizzato. In una parola, valorizzato. A spese dello Stato.

L’affondo della critica letteraria

Ma andiamo per ordine. La notizia della restituzione di tutti i documenti del fondo Lonzi è stata lanciata, e aspramente criticata, due giorni fa su Facebook da Annarosa Buttarelli, filosofa e curatrice del riordino del Fondo della critica d’arte e studiosa del femminismo nata a Firenze nel 1931 e morta nel 1982 a Milano: “Desidero informare il mondo femminista di un accaduto gravissimo: la nuova direzione della Galleria nazionale ha interrotto il comodato d’uso del Fondo Carla Lonzi, di fatto espellendolo dalla Galleria e sottraendolo così all’accesso pubblico, soprattutto femminista. Occorre che si registri un vero e proprio attacco al femminismo che il nuovo corso vuole fuori dalla Galleria”.

La lettera contestata

Contatta da Repubblica, la studiosa che ha curato, tra l’altro, la recente edizione del celebre Autoritratto di Lonzi, in cui a parlare erano gli artisti, innanzitutto Carla Accardi per finire con Cy Twombly, dice: “Ho ricevuto una lettera dalla nuova direttrice della Galleria nazionale, Renata Cristina Mazzantini, in cui mi si comunica che il comodato non sarà trasformato in donazione e che, quindi, la documentazione archivistica verrà riconsegnata ai proprietari”. E sulla motivazione: “Nella lettera si dice solo che la decisione è presa poiché è finito il mandato di Cristiana Collu”. Ossia la direttrice che nei suoi anni di gestione (2015-2023) del museo che fu condotto da Palma Bucarelli, ha incrementato le donazioni degli archivi privati (come quelli dei galleristi romani Sargentini, Miscetti, Minini o dei pittori Capogrossi, Rizzo, Cavalli) portandoli da 12 a 57. E trasformando l’edificio costruito nel 1911 in un centro studi, oltreché di mostre, in forza dei vasti depositi sotterranei. Ma ora proprio quei locali sono al centro di una ristrutturazione.

La replica della neo direttrice

La nuova direttrice della Gnam (acronimo indigesto per l’assonanza con il verbo mangiare, ma ormai accettato da tutti) non ci sta a passare per antifemminista. “Ho letto con molto rammarico di essere stata tacciata di essere una nemica di Carla Lonzi. Io, che ho letto i suoi libri e che, da donna, ho dovuto lottare per affermare la mia professionalità nel campo dell’architettura”, dice a Repubblica Mazzantini, arrivata a dicembre alla Galleria nazionale dopo l’esperienza al Quirinale. “Ma da architetto – sottolinea la dirigente del Mic – conosco bene le regole e i rischi di gestire materiale d’archivio, che ha bisogno di particolari accorgimenti per la conservazione, in depositi inadatti quali sono i locali che ci apprestiamo a mettere a norma: e il primo lotto di lavori è stato già messo a bando. Questa e solo questa la ragione per cui, mio malgrado, siamo costretti a restituire ai legittimi proprietari il fondo Lonzi ma anche della parte del Bragaglia in deposito da parte degli eredi”.

Magazzini stracolmi…”

Poi si entra nel dettaglio attraverso il testo della direzione della Gnam condiviso con l’Ufficio stampa del ministero della Cultura (Mic): “Questa decisione è stata presa per non far assumere alla Galleria nazionale la responsabilità di dover trasferire e custodire beni privati altrove durante il periodo dei lavori, con costi a carico dello Stato, e comunque per ridurre anche in futuro il carico d’incendio che graverebbe sui locali destinati a magazzino, già stracolmi. Al di là delle problematiche inerenti la sicurezza, vi sono anche ragioni economiche che motivano la decisione di restituire i fondi e le opere di proprietà privata: le opere e i fondi che non sono di proprietà pubblica non sono coperti dalla garanzia di Stato, pertanto occorre assicurarli tramite onerose polizze assicurative da stipulare a spese della Galleria e quindi del contribuente”. Continua il comunicato del Mic: “Tali polizze, che sono normalmente attivate nel caso di mostre temporanee, trovano scarsa giustificazione per periodi tanto prolungati e potrebbero suscitare rilievi da parte della Corte dei Conti”. La sensazione è che Mazzantini voglia tagliare corto con la politica dei comodati, di archivi ma soprattutto di opere d’arte, portata avanti dalla gestione Collu (“questo museo non è l’Archivio di Stato, la sua struttura non è adeguata a conservare documenti” spiega Mazzantini).

Le foto di Ugo Mulas restaurate

Ma l’architetta non nasconde la delusione per la perdita degli originali di un faticoso lavoro di schedatura e restauro eseguito: e si va dalla lettera di incarico al testo redatto da Lonzi per il convegno alla Gnam del 1958 su “L’arte moderna e il teatro”, alle foto agli artisti del maestro Ugo Mulas che erano attaccate l’una all’altra negli scatoloni della famiglia, passati da Carla Lonzi alla sorella Marta e da questa al nipote (un deposito in 4 tranche in tutto). Uno sforzo iniziato nel 2017 e costato al museo “oltre settantamila euro”, compreso il compenso ad Annarosa Buttarelli, certifica ricevute alla mano Mazzantini.

Pronti alla donazione, ma è tutto online”

L’architetta che dirige il museo di Valle Giulia lascia però aperta una porta: “Se Battista Lena decide di donare, accettiamo volentieri questo importante fondo di Carla Lonzi che comunque, lo ricordiamo, è consultabile online sul nostro sito alla sezione Fondi storici”. Gli altri musei, anche stranieri, stanno a guardare pronti a fare la propria offerta. E su quelle carte Francesca Archibugi si sta documentando per un suo lavoro cinematografico sull’opera della madre di suo marito, l’autrice di libri come Sputiamo su Hegel, che sembra sia in corso di lavorazione.

La mostra di autunno sul Futurismo

Il fondo Lonzi, dicevamo, non è l’unico a tornare a casa. Anche lo sterminato archivio di Anton Giulio Bragaglia sta per essere restituito nella parte (un po’ meno della metà) ancora in comodato. “Così viene spezzato in due, è ancora peggio che restituirlo tutto: un danno culturale enorme per la storia della fotografia e dello spettacolo d’avanguardia in Italia”, sottolinea Giuseppe Appella, lo storico dell’arte che molto si è speso per l’acquisizione del fondo. Mentre la Galleria nazionale marcia verso la mostra/monstre sul Futurismo in autunno a cura di Gabriele Simongini, che è plausibile peschi anche tra le foto che si ritrova in casa, la direzione taglia in due la messe di locandine, libri, foto, manoscritti, poesie di Paolo Buzzi o lettere diGiuseppe Prezzolini e Grazia Deledda: 200 metri lineari di archivio schedati in due anni di lavoro. E consultabili online nell’Opac della Gnam.

Un bene archivistico non si può dividere”

“Un bene archivistico non si può spezzare”, dice, delusa, Claudia Palma, in pensione dal marzo 2023 dopo 43 anni di Galleria nazionale d’arte moderna e gli ultimi passati a lavorare sui 45 fondi acquisiti da Collu. Già direttrice dell’archivio bio-iconografico e dei fondi storico e fotografico di Valle Giulia, Palma sottolinea: “Su 170 metri lineari di documenti del fondo Bragaglia,60 erano ancora in comodato mentre 110 già acquisiti dallo Stato. Con la restituzione si rompe un vincolo e ciò è contrario al Codice dei beni culturali”. Anche in questo caso, se il regista Valerio Jalongo e le sue sorelle, eredi del padre del Fotodinamismo futurista, decideranno di completare la donazione, la Galleria nazionale si dice pronta ad accettarla e a trovare una soluzione per non spezzare in due queste importanti pagine di storia della cultura italiana.


(la Repubblica, 30 maggio 2024)

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