22 Dicembre 2022
La Sicilia

In piazza per Masha e per le donne iraniane

di Pinella Leocata


Sfilano lungo via Etnea addobbata di luminarie, tra le persone indaffarate a comprare gli ultimi regali di Natale. Avanzano dietro uno striscione dorato che grida “Donna vita libertà”, lo slogan delle donne iraniane che sono scese in piazza per contestare il regime fondamentalista e dittatoriale la cui polizia “morale” ha trucidato Mahsa Amini solo perché aveva una ciocca di capelli libera dal velo. Un regime che dopo di lei ha massacrato e continua a massacrare ragazze e ragazzi che a migliaia vengono arrestati solo perché protestano. “Jin Jiyan Azadi” recita lo striscione usando le parole curde vita e donna, parole che hanno la stessa radice.

Le donne e le femministe catanesi sono scese in piazza per esprimere “solidarietà alle sorelle iraniane e curde e a tutti i popoli nella lotta contro i regimi opprimenti e dispotici”. E lo fanno a titolo personale, senza sigle. Accanto a loro anche tanti uomini, come tutti sconvolti dalla brutalità del regime e colpiti dalla forza e dal coraggio delle donne e dei giovani iraniani che pagano con la tortura e con la vita la rivendicazione della propria libertà e dignità. “La libertà della donna è condizione per la libertà di tutta la società – recita un documento letto per strada -. La libertà delle donne oggi è garanzia della prosecuzione dell’umanità, del rispetto delle scelte, dei credi, delle opinioni di ognuna e di ognuno, della natura e del vivente”.

Mentre il corteo sfila le donne cantano la versione femminista del canto delle mondine e la versione che le donne iraniane hanno fatto del canto degli Inti Illimani “El pueblo unido jamás será vencido”.  Una canzone che invita a “giurare sul sangue puro dei tulipani”, il fiore simbolo della Persia, e in cui si racconta della “rivolta di baci e lacrime in questo luogo di sofferenze senza fine”. “Nel nome della donna, nel nome della vita – promettono – questi vestiti di servitù verranno stracciati”. E sono tante le donne in corteo che portano un grande tulipano rosso di carta sul petto, mentre altre indossano un piccolo cartello bianco con il nome delle donne trucidate dal regime. Tra chi sfila gira anche l’appello di un gruppo di femministe romane che invita i parlamentari nazionali e regionali ad adottare i condannati a morte in Iran in modo da bloccare le esecuzioni capitali.

Tra i manifestanti c’è anche una giovane donna iraniana che si trovava per caso in via Etnea con il figlio. “Niente nome perché è troppo pericoloso per me e per la mia famiglia che vive in Iran”. Lei ha studiato e si è laureata a Catania dove adesso l’ha raggiunta anche il figlio. Non vuole tornare più al suo Paese. L’ultima volta che c’è stata, l’anno scorso, l’ha trovato triste, le donne coperte da vestiti scuri e velate, il costo della vita carissimo, la crisi economica devastante. E adesso la terribile repressione. “Arrestano anche ragazzine quattordicenni e le stuprano fino alla morte. È terribile. Uccidono per niente. Hanno arrestato anche mia madre, anziana e malata, solo perché andava in bicicletta. Eppure era completamente velata ed è una musulmana praticante. In Iran non si può più vivere, ma sapendo quello che succede nel mio Paese non posso essere contenta neanche qui”. E aggiunge. “Vi prego, parlate di quello che succede, parlatene ancora e ancora. E grazie per questa manifestazione di sostegno”.

Infine, impossibile raggiungere piazza Università occupata dalle bancarelle natalizie, il corteo si ferma sotto la prefettura dove in tanti fanno i propri interventi a microfono aperto.


(La Sicilia, 22 dicembre 2022)

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