31 Dicembre 2020
Il Quotidiano del Sud

In questo anno terribile la morte di Marisa Provenzano

di Franca Fortunato


Questo terribile anno che, con l’arrivo del vaccino, si chiude con una speranza in più, si è portato via tante vite umane tra cui quella della scrittrice e poeta Marisa Provenzano (1950-2020).


Amica amatissima, accanto al dolore ha lasciato dentro di me le tante immagini di noi due insieme, che me la fanno sentire viva. Una su tutte quella di noi due sedute al tavolino del solito bar mentre lei sorseggia il suo caffè ed io il mio tè, o fuma la sua sigaretta, intente ad organizzare “La poesia… in città”, una sua creatura, nata dall’amore per questa sua città e che ci ha viste insieme – io a raccontare la donna, lei a leggere le sue poesie – con Antonia Pozzi, Maria Cumani, Joumana Haddad, Alda Merini, Sylvia Plath. La prossima doveva essere Emily Dickinson. Amante della bellezza e dell’armonia, Marisa voleva che quegli incontri, come tanti altri, fossero accompagnati dalla musica e spesso dal canto lirico dell’amatissima nipote Fernanda Iiritano. Ogni sua iniziativa, come le nostre presentazioni dei suoi romanzi, era un tumulto di emozioni. Oggi sono i suoi libri che me/ce la restituiscono viva perché – come amava ripetere – “la parola e il pensiero non muoiono”. Lei continua a vivere nella sua scrittura, con cui voleva lasciare “un segno” perché diceva: «Se c’è data la vita, ed è un periodo breve e comunque circoscritto in un certo numero di anni di cui non sappiamo né la quantità né la durata, il tempo che abbiamo deve essere riempito di significato». Cresciuta tra libri, musica e poesia, la sua prima raccolta di poesie “Triangolo di luce” la pubblica da universitaria (1971), a cui segue un lungo periodo di silenzio, ma non di scrittura. Nel 2006 comincia a partecipare a qualche premio e a mandare in giro le sue poesie e da allora fino alla sua morte i premi e i riconoscimenti non si contano. Due le raccolte che ci ha lasciato: “Origami dell’anima” e “Kintsugi”. Scrive “pagine della sua vita” nel suo primo romanzo “Qualunque cosa accada… amala” per cercare una catarsi alla propria anima ferita, umiliata, e “recuperare il perdono verso chi ti ha fatto del male, chi ha cercato di ucciderti l’anima”. Un’anima che in ogni parola, in ogni verso, si mette a nudo e guarda con meraviglia la bellezza della vita o di un cielo stellato, illuminato dalla luna, o di un paesaggio di cui dipinge con le parole i colori cangianti a ogni stagione. Di ogni suo romanzo fa l’ordito su cui tessere e dipingere la tela della vita, sua e delle protagoniste, tutte donne. “Baliva” è il romanzo della “creatura comparsa nel nulla, senza storia né tempo, in una notte senza luna” sulla spiaggia di Badolato. “Fato o Destino” è il suo romanzo più filosofico, dove sullo sfondo del dolore, che ruba alla protagonista l’infanzia e l’adolescenza, si pone e pone le grandi domande sulla vita. La vita è tutta nelle nostre mani? Siamo noi a scrivere le pagine del libro che compongono la nostra vita, attraverso le nostre scelte? O tutto è già scritto nel destino? Viviamo nelle mani del Fato, della sorte o del caso? “La vita è una tela dipinta da noi con i colori che sono anche nelle nostre mani” è la sua risposta, che insieme alle domande torna in ogni suo libro, anche nell’ultimo “Il silenzio di pietra”, storia di uno stupro di un’adolescente nella Sicilia degli anni Cinquanta. Lei che sente il tempo che “passa in maniera inesorabile”, non so se si è accorta, nel momento della morte, che il suo era scaduto, ma so di certo che non lo sarà il ricordo di lei fino a quando ci sarà chi, come me, continuerà a leggere i suoi libri e a parlare di lei.


(Il Quotidiano del Sud, 31 dicembre 2020)

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