29 Marzo 2021
il Fatto Quotidiano

Intervista a Lucetta Scaraffia: “A destra donne leader, nei Dem soltanto figurine”

di Antonello Caporale


Perché i leader delle formazioni di destra sono spesso donne? E perché a sinistra non ci sono personalità finora in grado di tener loro testa? Il colloquio con Lucetta Scaraffia, femminista prima che storica e giornalista, inizia da questa curiosa disposizione delle differenze di genere in politica.

«I governi europei sono stati per anni nell’alveo del centrosinistra presidiato da un establishment a forte caratura maschile. Dunque le donne sono sbocciate all’opposizione, dove il potere costituito era più debole e la concorrenza più scarsa. L’antesignana è senza dubbio Margaret Thatcher che conquista la leadership dei conservatori inglesi quando il partito è ridotto al lumicino, senza più energia e futuro. Negli anni, in Italia, Francia, nei Paesi del Nord, le conquiste femminili hanno vissuto di luce propria. Ha fatto carriera chi ha dimostrato capacità, sostanza politica. E poi le donne di destra hanno avuto la fortuna di non soggiacere al principio delle quote rosa che è la costruzione ipocrita di un cartello organizzato spesso per selezionare le favorite dei maschi».

Le quote rosa sono di sinistra.

«La scelta orrenda di Enrico Letta di regolare i conti interni al Pd attraverso la proposizione della questione di genere conferma che la sinistra utilizza questo metodo figlio di una grande ipocrisia.»

Un tot di donne, purchessia.

«Un tot di donne, magari brave, altre magari amiche, altre ancora magari fidanzate. Un tot, una modalità di gestire il potere consociando spesso il genere femminile ma al livello più basso.»

Però le donne del Pd non si sono ribellate.

«È questo il problema. Non hanno ribaltato il tavolo, non hanno protestato. La condizione femminile vive anche delle diversità delle aspirazioni, delle ambizioni, delle scelte di carriera di ciascuna. In politica conta questo fatto più ancora del riconoscimento del proprio ruolo. Giorgia Meloni si è affermata grazie all’assenza di queste concessioni benché dentro un partito schiettamente maschilista e paternalista. Ha potuto vincere la sfida in ragione delle qualità proprie non certo comparabili con quelle dei suoi compagni di viaggio.»

Due anni fa lei rinunciò alla guida dell’inserto femminista (“Donne Chiesa Mondo”) che ogni mese era ospitato dallOsservatore Romano. Lo fece dopo aver denunciato le continue e gravi violenze che nella Chiesa si consumavano ai danni delle suore.

«Non c’era convento in Asia, in Africa ma anche in Europa dove non vi fossero casi di soprusi e di gravi effrazioni alla dignità e al corpo delle donne da parte dei loro confratelli. Tantissime le suore mandate ad abortire e innumerevoli i casi di riduzione a ruoli meno che ancillari, a servitù domestica.»

E la Chiesa non prendeva posizione. Osservava silente e complice.

«I pochi casi che venivano alla luce erano classificati come infrazione al voto di castità. Lui e lei avevano infranto la norma. Tutti e due colpevoli. Dunque nessun colpevole. Però le cose stanno cambiando.»

Stanno cambiando?

«Sono cambiate le suore. La condizione femminile vive una nuova stagione grazie alla generazione di donne giovani, delle nostre ragazze che non sono figlie della società maschilista, di quella cultura. Anche la Chiesa fa i conti con questa esplosiva novità generazionale.»

È questo il mondo nuovo?

«La presidente dell’unione internazionale delle Superiore Generali ha invitato espressamente a denunciare i soprusi, a dare voce alle proteste. L’avrebbe mai detto?»

Anche nel governo del Vaticano si stanno vedendo volti femminili.

«Sebbene sia una scelta molto d’immagine, votata più da una necessità stringente che da una scelta di fondo, resta una novità interessante.»

[…]


(Il Fatto Quotidiano, 29 marzo 2021)

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