5 Aprile 2024
27esimaora.corriere.it

«Io nata da maternità surrogata, così mi batto per abolirla. I bambini non possono essere comprati»

di Monica Ricci Sargentini


Olivia Maurel ha 32 anni, i capelli lunghi neri, un viso solare e un sorriso aperto. Ma la sua vita non è stata sempre rosa e fiori, quando aveva 17 anni ha capito di essere stata concepita attraverso la maternità surrogata e soltanto due anni fa ha avuto la prova definitiva che i suoi genitori avevano pagato una donna in Kentucky per portare avanti la gravidanza con i suoi stessi ovuli, quello che si chiama una surrogata tradizionale. Una scoperta che le ha creato gravi problemi psichici tanto da arrivare a tentare il suicidio. Oggi Olivia, che vive a Cannes in Francia, si batte con tutte le sue forze per l’abolizione universale della pratica ed è stata tra le promotrici della Dichiarazione di Casablanca, firmata nel marzo dell’anno scorso da 100 tra medici, giuristi, psicologi e sociologi di 75 nazionalità per arrivare a vietare la gestazione per altri in tutto il mondo come è accaduto per le mutilazioni genitali femminili. Ieri mattina Maurel è stata ricevuta dal Papa in Vaticano cui aveva scritto una lettera accorata. Oggi e domani all’Università Lumsa si svolgerà la Conferenza Internazionale di Roma sull’abolizione della maternità surrogata.

Ha incontrato il Papa, è stato emozionante?

«Voglio mettere in chiaro che io sono atea e femminista. E l’ho detto anche a lui. Per me è stato un po’ come incontrare un capo di Stato, lui è stato molto amichevole e simpatico. Abbiamo anche riso tanto. Ha detto e ripetuto più volte che la maternità surrogata è un mercato di donne e bambini. E poi mi ha parlato di come durante la gravidanza avviene uno scambio reciproco tra gestante e bambino, le cellule fetali entrano nella circolazione materna e le cellule materne entrano nella circolazione fetale. Mi ha colpito che sapesse questo, non succede tutti i giorni che le persone importanti siano così preparate. Per il Papa è sacrosanta la nostra battaglia per arrivare a definire la maternità surrogata reato universale».

Quando ha realizzato di essere nata attraverso una madre surrogata?

«Ho sempre saputo che c’era qualcosa che non andava: non avevo foto della mia nascita, mia madre era più grande delle altre madri. I miei genitori non me l’hanno mai detto ma io avevo comunque tanti segnali. Poi a 17 anni ho iniziato a fare qualche ricerca e ho visto che nel 1991, anno della mia nascita, la maternità surrogata era legale in Kentucky, dove sono nata. Allora qualcosa è scattato nella mia testa. E poi ho cominciato a parlarne apertamente ma non con miei genitori. Ma la prova l’ho avuta quando avevo 30 anni con il test del Dna che mi aveva regalato mia suocera. Ed è così che l’ho scoperto».

Perché non l’ha mai detto ai suoi genitori?

«Perché c’è un conflitto di lealtà, loro hanno fatto di tutto per averti, non vuoi andare loro contro quindi non gliene parli. Tutti i figli avuti tramite madre surrogata con cui sono in contatto fanno lo stesso. Non vogliamo ferire le persone che amiamo. Non ce l’ho con i miei genitori ma con le leggi che permettono questo commercio. Perché se fosse vietato il mercato non esisterebbe. Non ci sarebbe questo ignobile giro di denaro».

Lei ha avuto problemi psicologici a causa di come è venuta al mondo?

«Depressione, alcolismo, droghe, tentativi di suicidio. Ne ho passate di tutti i colori. Ancora oggi che ho un marito e tre figli sono seguita da uno psicanalista. Ho dovuto affrontare i problemi di identità causati dal fatto di non conoscere le mie origini. È importante sapere da dove vieni. Oggi con la maternità surrogata finisci con l’avere tre madri: quella che porta avanti la gravidanza, quella che ha venduto i suoi ovuli e la madre che ti ha cresciuto. È orribile».

Come hanno preso i suoi genitori questo suo attivismo contro la surrogata?

«All’inizio li ho persi, hanno pensato che ce l’avessi con loro e non con il sistema. Ancora oggi non ci parliamo ma sono in contatto con mio marito e conoscono, naturalmente, i bambini. Ma ora capiscono perché lo faccio. È una missione che compio per puro spirito altruistico, non sono di certo pagata. Io e mio marito abbiamo un solo stipendio, tre figli, e copriamo tutte le spese. Perché crediamo sia giusto».

C’è chi dice che è un gesto di altruismo, di amore verso chi non può avere figli.

«La ragione principale per cui sono contro la maternità surrogata è che i bambini non possono essere comprati. È contro qualsiasi principio etico. Io capisco che ci siano persone che soffrono di infertilità e che desiderano avere un bambino. Le capisco, so quanto sia difficile. Ma non è che siccome tu hai un desiderio devi calpestare i diritti delle donne e dei bambini. Non è un diritto avere un figlio».

C’è un’associazione che si batte a favore della legalizzazione che presenta la storia di due donne, nate da maternità surrogata che sono felici. Cosa risponde loro?

«C’è la libertà di espressione per fortuna e mi piacerebbe discutere serenamente con loro. Io ho sentito storie terribili di madri e di bambini . Se ci sono persone che, invece, sono felici sono contenta per loro ma questo non giustifica la pratica. Voglio dire anche durante la schiavitù potevi incontrare schiavi felici ma a un certo punto abbiamo detto: no questo è sbagliato. Non è etico. Eppure ancora oggi ci sono 36 milioni di schiavi nel mondo. La surrogazione di maternità non sarà mai etica perché sfrutta la donna e mercifica il bambino. Poi ti dicono che lo fanno donne benestanti ma non è vero. È solo la propaganda del mercato che cerca di dire: “È tutto bellissimo, perfetto e buono”».

La tesi è che se venisse regolato non ci sarebbero abusi.

«Ma non è vero. Guardi la Grecia che si vantava di avere una legge a prova di abusi e ha dovuto chiudere un’agenzia che aveva trafficato 160 donne. Non fermiamoci alle immagini che ci propinano sui social media. Ci fanno vedere solo il lato bello ma hanno comprato un bambino. Guardiamo a quello che succede in Ucraina, in Nigeria, in Kenya».

Cosa pensa della legge che sta per essere approvata in via definitiva in Italia?

«Penso che sia fantastica. Va perseguito il reato compiuto all’estero, è lo stesso problema che abbiamo in Francia. Tornano con il bambino in braccio e mettono lo Stato davanti al fatto compiuto. Non è così che si fa. Quindi la legge italiana è un ottimo punto di partenza ma l’obiettivo è il bando universale».

Lei due settimane fa era alle Nazioni Unite. A che punto è la battaglia per il bando universale?

«Sì ho parlato a un evento all’Onu e lo considero un passo avanti. Certo siamo solo all’inizio ma bisogna continuare a lottare come è successo per la schiavitù, anche se non voglio comparare le due cose. Dobbiamo parlare con la gente e spiegare loro cosa è la maternità surrogata, cosa significa affittare il corpo di una donna e comprare un bambino. Una volta che mostri i contratti, che parli della realtà la gente capisce. Perché le madri surrogate non possono parlare, rischiano una causa, dobbiamo parlare noi».


(Corriere della Sera – La 27esima ora, 5 aprile 2024)

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