8 Agosto 2022
Il Fatto Quotidiano

Israele e Gaza, l’infinito orrore delle guerre ripetute in eterno

di Manuela Dviri


Finalmente ero arrivata a Virgoletta, il mio amato borgo lunigianese, ma il caldo che mi aspettava era quasi peggiore di quello di Tel Aviv. La Lunigiana è una terra poco abituata al caldo e ben pochi proprietari di case si sono muniti di aria condizionata come da noi in Israele. E così i commenti sono stati fin dall’inizio della serie: “beati voi che siete abituati, beati voi che sapete desalinizzare l’acqua del mare e così pur essendo un paese così arso dal sole non avete nessuna mancanza di acqua”. Già. Davvero beati noi.

E malgrado sia davvero difficile vivere senza l’acqua o con poca acqua che arriva col contagocce, sono stata felice di occuparmi di acqua, solo di acqua, in questi ultimi giorni. Felice di dimenticare per alcune ore i problemi del mio paese e della ennesima, sempre terribile guerra, questa volta con la jihad islamica di Gaza. Dal suo inizio, da casa, da Israele, mi arrivano i resoconti delle corse forsennate alle stanze “sicure” o al rifugio. Delle centinaia di razzi, una pioggia di razzi diretti alle città e ai kibbutz del sud che vengono per fortuna intercettati in gran parte dalla kipat barzel, o Iron Dome in inglese: il sistema geniale inventato da un ingegnere israeliano per la difesa antimissile, in grado di intercettare razzi a media velocità e proiettili di artiglieria. Per fortuna, poi, un 30 per cento dei razzi sbagliano (fortunatamente per noi) la mira e finiscono in mare o addirittura esplodono a Gaza stessa. Poi ci sono i miracoli di case colpite in cui tutti si salvano perché erano nel rifugio e i non miracoli di chi non si salva. È aumentato a 32 il numero dei morti palestinesi, 215 feriti.

Sono talmente simili l’una all’altra queste guerre che si potrebbe raccontarle facendo taglia incolla. Intitolata dall’esercito israeliano con il poetico nome “sorgere dell’alba” questa ultima (per ora) violenza sembra uno scontro dalle dimensioni tutto sommato circoscritte ma potrebbe facilmente evolversi in un conflitto in vasta scala qualora anche Hamas, il gruppo islamista che controlla Gaza dal 2007, decidesse di prendere parte al conflitto. Nell’attesa di un possibile cessate il fuoco, annunciato per ieri sera, come sempre grazie all’intercessione di una delegazione egiziana, che prima o poi, come ogni volta, anche questa volta arriverà, continuano come nei precedenti conflitti i raid dell’aviazione israeliana e la pioggia di razzi palestinesi, centinaia e centinaia di razzi che continuano ad essere lanciati da Gaza, da sabato anche in direzione Tel Aviv, dove le spiagge si sono immediatamente svuotate e ieri anche in direzione di un altro simbolo, Gerusalemme. Eppure c’è qualcosa di diverso in questo conflitto che lo rende differente da ogni altro che lo ha preceduto. Ieri secondo il calendario ebraico era il 9 del mese av. In questo giorno per ben due volte furono distrutti il primo e il secondo Tempio di Gerusalemme a distanza di cinque secoli: la prima volta dai Babilonesi nel 586 a.C. e la seconda da parte dei Romani nel 70 d.C., inoltre in questo giorno si ricorda anche l’espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1942.

Questa giornata di lutto viene commemorata con il digiuno e la recita di preghiere funebri nelle sinagoghe o al muro del pianto, unico ricordo del Tempio distrutto dai Romani. Secondo la tradizione ebraica nella distruzione già ci sono i semi della redenzione e proprio in questa data simbolo di sconfitta verrà al mondo il messia. Attendendo il suo arrivo l’esercito israeliano ha continuato a colpire Gaza in risposta al lancio dei razzi. Per fortuna anche i due tirati su Gerusalemme non hanno creato danni. Un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che il conflitto potrebbe terminare se solo la Jihad smettesse di sparare. Per ora sembra che i jihadisti non ne abbiano alcuna intenzione, alla ricerca di un qualche simbolo di una loro vittoria che potrebbe “salvar loro la faccia” anche nei confronti degli iraniani. Ma il cessate il fuoco, alla fine, come sempre, arriva. Fino alla prossima volta. Ed è davvero sconfortante sapere che già si preparano la prossima guerra, i prossimi morti, i prossimi traumi.

A Virgoletta è invece tornata l’acqua, finalmente. Già non mi ricordo più come si viveva senza acqua.


(Il Fatto Quotidiano, 8 agosto 2022)

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