20 Settembre 2023
il manifesto

La giudice Silvia Albano: “Trattenimenti di massa vietati dal diritto Ue”

di Giansandro Merli


«I casi vanno analizzati singolarmente, per i richiedenti asilo le tutele sono ancora maggiori. Il trattenimento è solo l’extrema ratio». La giudice Silvia Albano commenta così la proposta del governo di detenere in massa tutti i migranti sbarcati. Albano è giudice presso il tribunale civile di Roma nella sezione specializzata in diritti della persona e immigrazione ed è componente del comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati (Anm).

La Presidente del Consiglio Meloni dice che chiunque entra illegalmente in Italia deve andare nei centri di permanenza, rifugiati compresi. Giuridicamente è possibile?

No, la direttiva rimpatri (2008/115/Ce) stabilisce che lo straniero può essere trattenuto solo se non ci sono altre misure meno coercitive e solo ai fini di preparare il rimpatrio. Tale privazione della libertà personale deve essere motivata e avere la durata più breve possibile. Quando il rimpatrio non è fattibile, la persona va liberata. Se non ci sono accordi con il paese di provenienza il trattenimento non può proprio essere disposto. Quindi non tutti coloro che arrivano in Italia possono essere indiscriminatamente trattenuti nei Cpr. Ogni singolo caso deve essere esaminato in modo specifico.

C’è una differenza tra il trattenimento dei migranti irregolari nei Cpr e quello dei richiedenti asilo per le procedure accelerate di frontiera?

Le procedure accelerate prevedono il trattenimento allargandone di molto le possibilità, ma sono una strada differente. Se il migrante chiede asilo diventa inespellibile fino a una decisione di regola definitiva. Nel caso di trattenimento dei richiedenti asilo non si applica la direttiva rimpatri, ma la direttiva accoglienza (2013/33/Ue), che prevede criteri ancora più stringenti. Secondo il diritto Ue, a cui quello nazionale deve conformarsi, gli Stati membri non possono trattenere una persona per il solo fatto di essere richiedente asilo. È una misura eccezionale, residuale e non generalizzabile. Di nuovo: l’extrema ratio.

Per i richiedenti quant’è il massimo?

Dodici mesi. È già previsto così nell’ordinamento italiano. Ma non accade mai che si resti nei Cpr tutto quel tempo. La legge 50/2023 (cd Cutro) stabilisce che si possono creare spazi appositi negli hotspot per trattenere i richiedenti asilo in caso di procedure in frontiera. Ma non può avvenire in modo indiscriminato neanche in tali casi, serve comunque la convalida giudiziaria che analizza la posizione individuale.

Tornando ai non richiedenti. Dicevamo che senza accordo di rimpatrio non può esserci trattenimento nei Cpr, ma ciò avviene.

In teoria non dovrebbe, ma in pratica qualche volta accade.

Le convalide dei giudici di pace, che non possono condannare al carcere gli italiani, si ripetono meccanicamente.

Quando le persone trattenute fanno domanda di protezione internazionale finiscono davanti a noi dopo essere passate dal giudice di pace. Capita di vedere provvedimenti molto poco motivati.

L’esecutivo sta lavorando a un nuovo decreto per limitare il riconoscimento della minore età. C’è un’emergenza «falsi minori»?

Non mi risulta. Peraltro tutte le convenzioni internazionali impongono una tutela molto stringente delle persone minori di età. In caso di dubbio la minore età di regola si presume, salvi poi tutti gli accertamenti necessari.

Le procedure introdotte dalla legge Zampa si prestano a imbrogli?

Va chiesto a chi lavora nei tribunali per minorenni. Davanti a me non è mai arrivato nessuno che si era dichiarato minore e poi fosse stata accertata la falsità dell’età dichiarata. Succede spesso il contrario: le vittime di tratta con meno di 18 anni dichiarano di essere maggiorenni per non finire in un circuito di accoglienza più controllato ed essere sottoposte a tutela. È capitato di trovarsi davanti bambine che avevano dichiarato di essere maggiorenni.

Ieri giornali di destra e il Sindacato autonomo di polizia l’hanno attaccata per una sentenza sui respingimenti lungo la rotta balcanica. L’accusa è che solo in Italia la magistratura ostacola la gestione dell’immigrazione. È vero?

In Italia la magistratura ha il compito tutelare i diritti fondamentali delle persone. Il provvedimento sui respingimenti informali è motivato da un ragionamento giuridico e richiama diverse norme che hanno valenza sovraordinata. In ogni caso è stata decisa la posizione di un singolo ricorrente, certo un provvedimento giurisdizionale non poteva porre un divieto generale. Se il Viminale aveva a suo tempo deciso di interromperli forse aveva condiviso quel ragionamento. Mi risulta che il ministro Piantedosi abbia successivamente inviato una circolare per riattivarli, ma pare che ora sia la Slovenia a non volerli. Comunque, il giudice nei suoi provvedimenti si occupa di diritti e non di politiche migratorie. Se le politiche di qualsiasi governo ledono i diritti sanciti da norme sovraordinate e sovranazionali, oltre che dalla Costituzione italiana, il giudice ha il dovere di tutelarli. Ferma restando la legittimità della critica ai provvedimenti giurisdizionali, ci mancherebbe.

Ce l’hanno con lei?

Noto che in questo caso vengo definita «toga rossa», ma gli stessi giornali tessono le mie lodi quando rigetto la domanda di risarcimento del danno per diffamazione proposta nei confronti di politici evidentemente a loro vicini, proprio a tutela del diritto fondamentale alla libera manifestazione del pensiero.


(Il manifesto, 20 settembre 2023)

Print Friendly, PDF & Email