di Carlo Rovelli
Il Corriere della Sera pubblica oggi, a pagina 26, la versione ridotta di un lungo post che il fisico Carlo Rovelli aveva scritto sulla sua pagina facebook il 3 luglio scorso. Segnaliamo il sito che riporta la versione originale del post e ulteriori contributi sul tema.
https://www.peacelink.it/pace/a/49188.html
Raramente mi sono sentito così lontano dalla retorica dei giornali. Forse dall’adolescenza, e forse per lo stesso motivo: quando la gioventù si ribellava d’istinto — prima ancora che a ingiustizia sociale, autoritarismo o vietnamiti massacrati dal napalm — al dilagare dell’ipocrisia. L’Occidente si è lanciato a cantarsi come detentore dei valori, baluardo della libertà, protettore dei deboli, garante della legalità, speranza per la pace. Il peana su quanto siamo buoni e giusti mentre gli «autocratici» sono infingardi è un coro all’unisono. La ferocia russa e cinese è ostentata, ripetuta, declamata. Mi unirei al coro se fosse sincero. Se condannando un attacco a un Paese sovrano, aggiungessimo che ci impegnamo a non fare più nulla di simile. Non fare quanto l’Occidente ha fatto in Afghanistan, Iraq, Libia, Serbia, Yemen, Grenada, Panama… Con la partecipazione dell’Italia sono stati invasi Iraq e Afghanistan che non avevano attaccato nessuno, causando un milione di morti. Rivangare il passato non serve: ci impegnamo per il futuro? Mi unirei al coro contro il riconoscimento del Donbass che ha innescato la guerra ucraina, se aggiungessimo che ci siamo sbagliati riconoscendo Slovenia e Croazia, innescando la guerra civile Iugoslava. O per i bombardamenti su Kiev, dove la scusa era che Kiev massacrava il Donbass, se la Nato si impegnasse a non fare più nulla di simile, come ha fatto bombardando Belgrado, dove la scusa era che Belgrado massacrava il Kosovo. Mi unirei al coro contro la Russia che cerca di cambiare il regime di Kiev, se l’Occidente si impegnasse a non fare più la stessa cosa, come ha fatto abbattendo e destabilizzato governi democraticamente eletti dal Medio Oriente al Sud America, dal Cile all’Algeria, dall’Egitto alla Palestina. Mi unirei al coro che si commuove per i profughi ucraini, se si commuovesse anche per yemeniti, siriani, afghani e altri con pelle di tonalità diverse. Ipocrisia senza limiti. I giornali gridano sulle politiche «imperiali» di Cina e Russia. Il lupo e l’agnello. La Cina non ha quasi soldati fuori dei suoi confini, se non in missioni Onu. La Russia ne ha a pochi chilometri, in Siria e Transnistria. Gli americani hanno centomila soldati in Europa, basi militari in Centro e Sud America, Africa, Asia, Pacifico, Giappone, Corea… ovunque, eccetto in Ucraina dove stavano insediandosi. Hanno portaerei nel mare della Cina. Dalle coste cinesi si vedono navi da guerra Usa, non si vedono navi da guerra cinesi da New York. Chi è l’impero? Si paventa, non abbastanza, l’uso dell’atomica. L’Occidente è l’unico ad averla usata. A guerra vinta, per affermare il dominio con la violenza; nessun altro lo ha fatto. Si scrive che la Cina è aggressiva; non ha fatto guerre dopo Corea e Vietnam; l’Occidente ne ha fatte in continuazione ovunque. Chi è l’impero? Il Pentagono pubblica liste di persone uccise dai suoi droni nel mondo, molti innocenti. Il New York Times è arrivato all’orrore di denunciare il fatto che i soldati che li guidano non hanno supporto psicologico per lo stress di ammazzare innocenti. Lo scandalo non è ammazzare innocenti, è che chi li ammazza non ha supporto psicologico. L’impero assiro era arrivato a tale arroganza. Ma i nostri giornalisti ricordano indignati una persona uccisa anni fa a Londra dai russi… Gli americani invocano la Corte Penale Internazionale, da cui hanno sempre dichiarato che non si fanno giudicare. O la legalità internazionale, quando le loro guerre sono condannate dall’Onu. Onu che la maggioranza del mondo vorrebbe autorevole, ma Washington ostacola. Sarei in disaccordo, ma non mi sentirei disgustato, se sentissi «siamo forti, vogliamo dominare con le armi per difendere il nostro privilegio». Non ci sarebbe ipocrisia e potremmo discutere se sia una scelta intelligente. Se non sia più lungimirante collaborare. Non fraintendetemi. Amo l’America, molto. Vi ho vissuto dieci anni e sono stato cittadino Usa. Ne conosco splendori e orrori. La brillantezza delle università, la vitalità dell’economia, la miseria dei ghetti neri e bianchi, la violenza per noi inconcepibile delle strade. Amo l’Europa, la civiltà, tolleranza e cautela ereditate dalla devastazione della Guerra. Ma non posso non vedere il nostro piccolo mondo ricco chiudersi su se stesso in un parossismo di ipocrisia. Amo anche Cina e lndia, di cui pure ho visto miserie e splendori. Ci perdiamo in chiacchiere su quale sistema sia meglio, come dovessimo fare tutti la stessa cosa. Il problema del mondo non è che singolo sistema politico adottare tutti. Il problema del mondo è convivere, rispettarsi, collaborare. Il problema del mondo è costruire un nuovo soggetto politico: l’umanità, con le sue diversità. Tanti Paesi ce lo ripetono, non li ascoltiamo. Rifiutano le sanzioni contro la Russia. Perfino di condannare la Russia. Perché? Perché vedono l’ipocrisia dell’Occidente, che si sente libero di massacrare, e poi fa l’anima candida. L’umanità vorrebbe che i problemi reali, riscaldamento climatico, pandemie, povertà che ricomincia a crescere, fossero affrontati insieme. L’80% degli italiani non è favorevole all’aumento delle spese militari. Considera l’emergenza climatica il problema grave. Il direttore della Cia afferma in una intervista che cerca di convincere i politici, che non ascoltano, della stessa cosa. Le persone ragionevoli sanno che collaborare è meglio. L’Occidente rifiuta. Vuole «avversari strategici», nemici, vuole schiacciare gli altri. Ha le armi. L’Ucraina si potrebbe risolvere come la crisi Iugoslava: con una separazione. Ma l’Occidente non vuole soluzioni, vuole fare male alla Russia: non fa che ripeterlo. Ora si sente inquieto perché la Cina sta diventando ricca. La provoca, la accusa con pretesti (ce ne sono: scagli la prima pietra chi è senza colpe). Cerca lo scontro. Vorrebbe umiliarla militarmente prima che cresca troppo. La classe dominante occidentale ci sta portando verso la terza guerra mondiale. Nelle foto si allineano facce sorridenti dei leader occidentali, felici delle portaerei, delle bombe atomiche, trilioni di dollari di armi, con cui si potrebbero risolvere i guai del mondo, usati per rafforzare il dominio. E tutto imbiancato da belle parole: democrazia, libertà, rispetto dei confini, legalità. Dietro, come zombi, giornalisti, editorialisti e politici di stati vassalli come il nostro, a ripetere. Sepolcri imbiancati. Su una scia di sangue di milioni di morti straziati dalle nostre bombe. Da Hiroshima a Kabul, e continueranno.
(Corriere della Sera, 31 luglio 2022)