10 Febbraio 2024
il manifesto

La lingua cancellina del Tg1

di Silvia Ballestra


È una questione di qualità. Una sfumatura, un’omissione, giorno dopo giorno, a piccole dosi. Ricorda un po’ le truffe: se ti portano via tutto assieme te ne accorgi subito, se ti sottraggono un pezzettino alla volta ci metti un po’ di più.

E allora, ogni giorno da mesi, soprattutto all’ora di pranzo, ci tocca papparci questi telegiornali del primo canale della tv pubblica, in cui il linguaggio si torce impercettibilmente e bisogna avere l’orecchio un po’ fine per accorgersene, una particolare sensibilità per le parole, per la costruzione della frase.

Al momento di parlare di ciò che accade a Gaza, si produce uno strano fenomeno: la lingua del Tg1 diventa piccolina, poverina, come fosse una lingua nascondina, cancellina, dimentichina, sbianchettina dei nomi e dei numeri.

Funziona così: le frasi, quando sono in forma passiva, risultano senza complemento d’agente. I palestinesi vengono bombardati, sì, ma non si dice da chi. E muoiono, questo sì, ma risultano appunto morti, mai “uccisi”, perché se si muore ammazzati vuol dire che c’è qualcuno che ammazza, mentre lì, secondo questi servizi, visto che non si dice bene per mano di chi, si muore così, un po’ all’improvviso, nel nulla, tra bombe che cadono da sole.

In effetti attorno c’è il nulla: macerie, edifici rasi al suolo (case, ospedali, scuole, musei, università), strade cancellate, spianate di nulla desertificato dall’esodo forzato. Ma chi sarà stato mai a ridurle così? Non si sa, non si dice. O meglio, certo è stata la guerra, ma così, astratta. Ci sarà un esercito, tra quella polvere, tra quegli scoppi densi di fumo, ma non si sente, non si nomina.

I nomi dei palestinesi uccisi, sequestrati, arrestati, qualcuno li pronuncia, li scrive, li legge, li comunica? Non al Tg1. E non solo le parole, anche le cifre per mesi sono state taciute. Guai a riferire i numeri, mostruosi, delle vittime civili perché, ti dicono altrove, vai a sapere chi li fornisce. Non importa se sono le agenzie internazionali sul posto, le organizzazioni per i diritti umani, i soccorritori a fornirli ufficialmente: no no, quelli sono «i numeri di Hamas», sostengono, quindi non si possono dire.

E la parola genocidio, nonostante l’assedio, i proclami a togliere cibo, acqua, medicine, carburante, gli appelli contro «gli animali umani», è rimasta impronunciabile, tabù, rimossa per mesi e c’è voluta l’Aja con il «rischio genocidio» per riuscire a sentirla pronunciare.

Che strano, allora, potendo informarsi in rete e su piattaforme, vedere che all’estero non funziona così. Come stona questa lingua del Tg pubblico italiano, se sentita dopo la Bbc! È la lingua di un paese distratto e analfabeta, che assieme alle notizie ha perso i nomi, le parole, le cifre, i concetti. E ci vorrebbe davvero un bravo filologo, con carta e penna, a certificare quanto ci sono e quanto ci fanno i giornalisti del nostro principale telegiornale il cui canone, come si sa, lo paga anche chi analfabeta e distratto non è. Anzi, magari conosce pure qualche altra lingua per fare confronti impietosi.


(Il manifesto, 10 febbraio 2024)

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