26 Febbraio 2020
Le Monde

La prostituzione delle minorenni, un flagello in aumento

di Solène Cordier


«Oggi so che non c’è da vergognarsi, ma mi ci è voluto un bel po’ di tempo per accettare che quel che facevo era prostituzione. Preferivo definirmi accompagnatrice, o escort. “Prostituta” era troppo degradante ai miei occhi.»


Nina ha 17 anni e il linguaggio di una ragazza di buona famiglia. Quello che è, del resto.

«Faccio parte di una famiglia unita. I miei genitori mi hanno sempre protetta. Adoravo i miei fratellini», scrive a mo’ di presentazione nel libro che racconta il suo “ritorno dall’inferno”, pubblicato mercoledì 26 febbraio dalle edizioni Observatoire (208 pagine, 18 euro). Il titolo è un grido d’aiuto: «Papa, viens me chercher!» (“Papà, vieni a prendermi!”). Nel racconto, scritto con l’aiuto della giornalista Jacqueline Remy, la voce di Nina si alterna con quella di suo padre, Thierry Delcroix (sono pseudonimi), per ricostruire due anni di fuga per l’una, d’angoscia per l’altro.

«Non ci siamo accorti di niente. All’inizio, Nina si è messa a rubarci soldi, poi a scappare di casa, e un giorno abbiamo scoperto su internet che si prostituiva. Siamo rimasti completamente sconvolti», riconosce il padre di famiglia, imprenditore nel nord della Francia.

Il libro dà conto degli sforzi, talvolta inutili, intrapresi con la moglie per mantenere un contatto con la figlia, anche nei periodi più difficili, e riuscire a salvarla. Tira anche un amaro bilancio dei rapporti con le istituzioni, sempre pronte a sospettare di chi gli si rivolge per chiedere aiuto.

Le pagine scritte da Nina, invece, illustrano le ragioni e i meccanismi che in qualche mese portano una quindicenne di famiglia relativamente agiata a far marchette in una stanza d’albergo, sotto il controllo di un prosseneta.

Nessuna stima affidabile

Il libro è una preziosa testimonianza su un flagello che preoccupa sempre di più le autorità: la prostituzione delle adolescenti. Quante sono a dedicarsi a questa attività, come ha fatto Nina per un anno e mezzo? Nessuno lo sa.

Nonostante il fenomeno sia in espansione secondo diverse fonti – giustizia, polizia, tutela minori, associazionismo – non esiste nessuna stima affidabile e recente. Tra 5.000 e 8.000 minorenni (in grande maggioranza ragazze) si troverebbero prostituite, così riteneva nel 2013 l’associazione Agir contre la prostitution des enfants (“Agire contro la prostituzione delle bambine”), che auspica un’indagine su scala nazionale per circostanziare il problema con dati oggettivi.

«Dal 2017 riceviamo sempre più richieste di intervento da genitori e professionisti», spiega Arthur Melon, segretario generale dell’associazione. Ma è difficile, in assenza di dati ufficiali, distinguere l’effettiva crescita del fenomeno dalla maggior capacità di riconoscerlo.

Le cifre delle forze dell’ordine, che si basano solo su indagini effettuate, sono, come ci si può aspettare, nettamente inferiori. Nel 2019, indagando su casi di lenocinio, sono state identificate 188 minorenni prostituite, cioè il 28% in più dell’anno precedente, dichiara a Le Monde l’Ufficio centrale per la repressione della tratta di esseri umani (OCRTEH). Tra di loro, quattro tredicenni. Sul fronte dei prosseneti, il 12% degli indagati erano a loro volta minorenni. «In un certo numero di casi, ci troviamo davanti a minori che sfruttano minori», riassume sobriamente Jean-Marc Droguet, direttore dell’OCRTEH.

Carattere “proteiforme”

Katia Baudry, sociologa e educatrice specializzata, organizza con la sua associazione Astheriia dei moduli di prevenzione e di sensibilizzazione ai comportamenti pre-prostitutivi e prostitutivi nelle scuole secondarie inferiori e superiori del dipartimento di Seine-Saint-Denis, nella cintura parigina.

Nel corso dei suoi interventi di tre ore, Baudry cerca di stabilire un rapporto di fiducia con i giovani, spesso molto diffidenti nei confronti degli adulti. «Evochiamo le nozioni di consenso, di rapporti tra uomini e donne, di accesso alla pornografia. Talvolta, questo può innescare una presa di parola, e alcune ragazze poi ci chiedono colloqui individuali, oppure prendono contatto con le assistenti sanitarie della scuola.»

In classe, Baudry non esita a trattare il fenomeno del “michetonnage”, cioè lo scambio di favori sessuali con regali o denaro. È una pratica nota alla maggior parte delle ragazze, ma raramente la collegano alla prostituzione.

Per la sociologa, una delle chiavi di lettura del fenomeno consiste nel considerarne il carattere “proteiforme”. «Oggi, la prostituzione delle adolescenti attraversa tutti gli ambienti sociali, tutte le zone geografiche, e si esprime in molteplici forme, da chi fa sesso in cambio di regali allo sfruttamento organizzato di ragazze in appartamenti o alberghi, passando per chi offre da sola i suoi servizi sui social network, nell’illusione di ottenere un’indipendenza economica.»

Il racconto di Nina illustra bene questa pluralità di situazioni. Così, all’inizio, l’adolescente si era lanciata da sola creando il suo annuncio su un sito di escort: «Ho postato la mia descrizione con le misure e ho mentito sull’età. Mi sono data 23 anni, l’età minima per potermi iscrivere su quel sito […]. Quando mi sono svegliata, a mezzogiorno, avevo più di ottanta risposte di potenziali clienti», scrive. È solo in un secondo momento che si “mette in società” con dei prosseneti, ai quali versa tra il 35% e il 50% dei suoi guadagni, ci confida. Una “società” presentata talvolta come liberamente costituita dalle ragazze, ma che nei fatti si traduce in una forte influenza del prosseneta.

«Una grande banalizzazione del sesso»

“Esponenziale”, “di massa”, i qualificativi usati dai magistrati mostrano che anche nel mondo della giustizia è scattato l’allarme rosso. «L’anno scorso abbiamo trattato 51 casi di prostituzione minorile, con o senza sfruttatore. Nel 2018, ne abbiamo avuti 29», ci informa Raphaëlle Wach, sostituta procuratrice minorile e referente per i reati di prossenetismo su minori alla procura di Créteil (regione parigina).

Molto spesso, le ragazze coinvolte sono «in rottura totale con la famiglia, con la scuola o con le istituzioni in generale», nota la sostituta procuratrice. «Sono ragazze molto vulnerabili, con storie di vita caotiche, spesso già vittime di violenza, che cercano delle scappatoie in comportamenti a rischio.»

Un fatto inquietante, che si verifica sempre più spesso: le ragazze inserite in strutture di accoglienza per minori «reclutano a loro volta altre minorenni, su richiesta dei loro prosseneti o di propria iniziativa». Il reclutamento avviene anche, a volte, direttamente sui social network o nelle scuole. «Per esempio, ci vengono segnalate pratiche di fellatio nei bagni delle scuole medie, per 5 o 10 euro», racconta Simon Benard-Courbon, sostituto procuratore alla procura di Bobigny, che l’anno scorso ha preso in carico 117 segnalazioni su minorenni che si sono prostituite tra il 2016 e il 2019.

«La prostituzione delle adolescenti è un fenomeno molto complesso, che tocca diverse variabili: l’esca del guadagno facile e l’“effetto Zahia” [si tratta di una ragazza, minorenne all’epoca dei fatti, che prima della Coppa del mondo 2010 aveva avuto rapporti a pagamento con i giocatori della nazionale francese, NdA] si traducono in una visione “glamour” della vita da escort, il tutto unito a una grandissima banalizzazione del sesso, legata ai contenuti veicolati da certi reality show e dalla pornografia on line», osserva il magistrato.

Per tentare di accompagnare nel modo più adatto le minorenni coinvolte in questi casi, entro l’estate si dovrebbe avviare un progetto sperimentale nel dipartimento di Seine-Saint-Denis. Prevede il coinvolgimento dell’Amicale du Nid, associazione che tra l’altro sostiene percorsi di fuoriuscita dalla prostituzione, per valutare casi spesso complessi e per lavorare congiuntamente agli educatori nell’ambito di misure educative disposte dai giudici.


(Le Monde, 26 febbraio 2020 – traduzione di Silvia Baratella)

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