1 Aprile 2022
Il Quotidiano del Sud

Le storie che la tv non ci racconta

di Franca Fortunato


Dal giorno dell’invasione di Putin dell’Ucraina siamo sommerse/i 24 ore su 24 dalle immagini in Tv che ci raccontano “in diretta” il volto violento, distruttivo e disumano della guerra, il dramma di chi fugge e di chi resta. Un volto che siriani, afghani, iracheni, libici, palestinesi, curdi e i tanti delle tante guerre sparse per il mondo e dimenticate, conoscono sulla propria pelle, anche se a loro è stata ed è riservata, per usare un eufemismo, un’attenzione diversa. Uccidere un altro essere umano è il volto estremo della violenza patriarcale che in guerra ha bisogno di legittimarsi con parole roboanti – patria, democrazia, libertà, autodeterminazione, scontro di civiltà – che grondano di lacrime e sangue. C’è un volto di questa guerra che la Tv militarizzata non ci racconta, sono le storie di donne e uomini che non si lasciano trascinare dalla retorica della patria e del nemico da uccidere, dall’odio per l’invasore e che tra combattere e morire scelgono di vivere. Sono i disertori, i renitenti che si rifiutano di uccidere e si nascondono per sfuggire all’arruolamento forzato, sono le donne che nascondono l’“invasore” per salvarlo dai miliziani. Sono loro che oggi salvano russi e ucraini dall’odio di domani. «Perché i russi ci fanno questo? Siamo fratelli», si chiedeva incredula una donna anziana sotto i bombardamenti. Il re è nudo, tra russi e ucraini, come invece tra i due patriarchi Putin e Zelensky, non c’è odio anche se ci hanno provato abolendo per legge il russo, la lingua materna che lega familiari, parenti, amiche/i dentro e fuori l’Ucraina. Radislav, giovane soldato russo, mandato in guerra a sua insaputa, che in Ucraina andava «in vacanza, a trovare i parenti» e adesso Putin gli chiede di «ucciderli», viene nascosto in una fattoria da una coppia di agricoltori di mezza età. Per i miliziani è un invasore, per i russi un disertore, per la coppia un figlio. La contadina che l’ha accolto ha rassicurato sua madre. L’ha rincuorata e ha promesso che faranno in modo che nessuno gli faccia del male. Un’anziana contadina ha accolto un giovane soldato russo che si era perso dopo uno scontro a fuoco. Gli ha dato da mangiare e il cellulare perché chiamasse sua madre e le dicesse che era vivo. Yuri con la moglie e il figlioletto neonato e la madre ha provato ad attraversare il confine. Aveva ricavato nel sedile posteriore un box tra peluche e pannolini. Scoperto, i militari con le armi gli hanno intimato di uscire e l’hanno rimandato indietro. «Lo so che la nostra è legittima difesa […], ma io non prenderò il fucile. Io non voglio sparare a nessuno, non voglio uccidere, ma non voglio neanche morire». Ci sono padri che vivono nascosti nei casolari più remoti. Un ragazzo sposato da tre settimane tenta con la moglie, Alessia, di attraversare la frontiera, una poliziotta lo blocca: «Devi combattere per la patria». Tornano insieme indietro. Alessia lo implora di non unirsi alle milizie. «Non andrò a combattere, devo proteggere lei. L’Ucraina è la mia terra, Alessia è la mia patria». Una patria che è matria che non chiede alle sue figlie e figli di morire e di uccidere, non chiede sempre più armi per prolungare la guerra e le loro sofferenze, non vuole eroine ed eroi in armi, non chiede ai Paesi europei di armarsi sino ai denti, ma ripudia i nazionalisti e i patriarchi guerrafondai, anche quelli del “mondo libero”, cerca ad ogni costo la pace ed ascolta il dolore delle madri, si prende cura della terra e delle sue figlie e figli, non uccide la verità e non spegne la ragione. Una matria che ha il volto di un’umanità liberata dalla guerra e dalla paura dell’atomica.


(Il Quotidiano del Sud, 1° aprile 2022)

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