31 Gennaio 2020
Donne Chiesa Mondo

L’eccezione Francesco nella istituzione-Chiesa

Luisa Muraro: ma il passo avanti di conferire autorità alle donne non c’è stato

di Elisa Calessi


Nel 2004, quando uscì la Lettera ai vescovi sulla collaborazione tra uomo e donna, scritta dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Joseph Ratzinger, Luisa Muraro, tra le maggiori e più ascoltate teoriche femministe, ne segnalò l’importanza, in particolare dove si parlava di «collaborazione nel riconoscimento della differenza». Parola, “differenza”, che segna il suo lavoro di filosofa, scrittrice e femminista.

Da quel 2004, nella Chiesa, sono stati fatti passi avanti o no?

I rapporti fra le donne e delle donne con gli uomini hanno conosciuto dei grandi cambiamenti, addirittura rivoluzionari, secondo alcuni. La Chiesa ne ha risentito.

In bene o in male?

In bene, come si è visto recentemente nel Sinodo dell’Amazzonia. Il protagonismo femminile cresce in visibilità anche nella Chiesa cattolica. La risposta diventa, però, incerta se ci riferiamo all’istituzione Chiesa.

In che senso?

Il passo in avanti, a questo punto, poteva essere il conferimento di autorità a donne, alla luce del sole. Non c’è stato. I cambiamenti in meglio sono venuti dal basso e sotto la pressione di un mondo che sta cambiando per conto suo. Mi sembra cioè che, ad alto livello, prevalga la preoccupazione di andare d’accordo con una tradizione che ha, fatalmente, l’impronta del tra-uomini di potere.

Sta pensando al Papa?

Paradossalmente, fa eccezione e riesce a trascendere quest’impronta nella misura in cui si fa istruire dallo spirito del Vangelo. Questo traspare nella sua concezione della Chiesa, così come in tema di giustizia sociale. Nei confronti delle donne, il Papa ha dato prova di essere felicemente ispirato nel discorso ai partecipanti all’assemblea della Pontificia Accademia per la vita, il 5 ottobre 2017, dove ha indicato “un nuovo inizio” al rapporto uomini/donne: «Non si tratta semplicemente di pari opportunità o di riconoscimento reciproco. Si tratta soprattutto di intesa degli uomini e delle donne sul senso della vita e sul cammino dei popoli. L’uomo e la donna non sono chiamati soltanto a parlarsi d’amore…».

Papa Francesco ha anche detto: «La Chiesa è donna, non maschio, non è “il” Chiesa». E ha aggiunto che «non si tratta di dare più funzioni alla donna», ma «di pensare la Chiesa con le categorie di una donna».

È un punto alto raggiunto dal Papa nella consapevolezza della sua parzialità antropologica, cioè di essere solo un uomo, essere umano di sesso maschile mancante dell’esperienza femminile. Il ricorso al genere grammaticale femminile della parola “chiesa” non è un espediente banale. Nelle parole del Papa io scorgo anche un suggerimento che rispecchia un vissuto personale: quando parliamo della Chiesa, dice, pensiamola come una donna e per questa via facciamo posto all’umanità che noi chierici non siamo, quella femminile. Peccato però per le parole sulle “funzioni” da dare, anzi da non dare, a donne. Sarebbe stato più sensato invitare se stesso e gli altri a liberarsi da un bel po’ di funzioni, di cariche.

Papa Francesco ha detto che “non si è fatta una profonda teologia della donna”. Il suo pontificato rispetto alla questione femminile ha aggiunto qualcosa?

Nella storia della Chiesa io non vedo una questione femminile. Vedo invece che le donne hanno fatto problema agli uomini a causa di circostanze storico-politiche (come il patriarcato) e culturali (come la misoginia). Ma il ragionamento è un altro. Si può parlare di una questione femminile se il traguardo è finirla con le discriminazioni a danno delle donne. Il traguardo della parità è ancora lontano anche nei Paesi che si ritengono più avanzati. E forse è un miraggio. Ma poco importa: la parità si trova in un orizzonte storico limitato, riduttivo anche rispetto al principio dell’uguaglianza. L’insegnamento del Vangelo trascende la parità o la capovolge, per cui si dice che gli ultimi saranno i primi.

A cosa devono puntare le donne nella Chiesa?

Ai cristiani è chiesta la santità personale, cioè la perfezione nella realizzazione di sé. E questo comporta, per l’essere umano in carne e ossa, sesso e desideri, di attingere e incarnare in maniera personale e originale il senso libero della differenza sessuale. Forse è questa la strada per arrivare a quella profonda teologia della donna che dice il Papa, una strada cioè che oltrepassa il neutro fintamente universale.

E quale è la “differenza” da rivendicare per le donne dentro la Chiesa?

Rivendicare? No, ho parlato d’incarnare in maniera originale e personale, senza imitazionismi né modelli prescritti.

Parlando alle donne consacrate, Papa Francesco ha detto che anche all’interno della Chiesa «il ruolo di servizio della donna scivola verso un ruolo di servitù». E le ha invitate a dire “no” quando viene chiesta loro “una cosa che è più di servitù che di servizio”.

La constatazione di Papa Francesco è giusta e ancor più lo è il suo invito. Ma chi darà il necessario discernimento a un’umanità femminile educata a confondere l’amore con la subordinazione? Anni fa suor Marcella Farina, parlando alle Superiore generali riunite a Roma, le invitò a prestare attenzione al femminismo. “Ci riguarda, disse, perché parla alle donne e anche noi consacrate siamo donne”… Chi è suor Marcella Farina? Il catechismo parla dell’autorità carismatica che è dono dello spirito santo, dato anche alle donne. Marcella Farina è una di queste.


(Donne Chiesa Mondo, n. 85, gennaio 2020)

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