3 Maggio 2018
Corriere della Sera

L’era dell’abuso è finita: una buona notizia per tutti

di Pierluigi Battista

L’ipotesi che quest’anno possa saltare l’assegnazione del Premio Nobel della letteratura è già una notizia che fino ad oggi avremmo considerato impossibile, fantasiosa, una dozzinale fake news. Che però una venerabile istituzione, fiore all’occhiello della Corona svedese, un’accademia così prestigiosa e austera possa inciampare clamorosamente su un caso di reiterate molestie sessuali (pure la giovane principessa bullizzata!) rappresenta uno choc culturale che descrive un punto di svolta oramai irreversibile nella mentalità comune.

Un punto di non ritorno, una soglia che divide nettamente un prima e un dopo. Innescata dal caso Weinstein, una valanga ha travolto in un lasso di tempo brevissimo ogni ambito del lavoro, giornali e televisioni, governi, Parlamenti e amministrazioni locali, cinema e case editrici, re e presidenti repubblicani, organizzazioni non governative che mentre aiutano meritoriamente i derelitti si macchiano di ricatti sessuali sulle donne deboli e bisognose, il mondo della comunicazione e il mondo della magistratura, il mondo della formazione professionale, i grandi consigli di amministrazione, le aule universitarie e le scuole frequentate da minorenni e da insegnanti più vecchi di loro di decenni, associazioni sportive, circoli olimpionici, palestre e piscine.

Un argine si è rotto, una barriera che sembrava solida e inattaccabile si è infranta. Succede sempre così nella storia dei comportamenti umani e nella mentalità diffusa: ciò che fino a pochi attimi prima sembrava eterno, ovvio, indiscutibile, «così si è sempre fatto», per strani e misteriosi sommovimenti tellurici sotto traccia diventa inaccettabile, si trasforma in un atto di prepotenza intollerabile, «così non si fa più». «Così non si fa più»: punto e a capo, si comincia con una nuova storia. Anziché borbottare, gli uomini dovrebbero rallegrarsi di essere testimoni di un cambiamento così tempestoso.

Non tutto è bello in questa ondata travolgente e incontenibile. Non manca la tentazione della caccia alle streghe, del linciaggio senza prove, della messa al bando di opere e persone (il caso Woody Allen), di un nuovo oscurantismo che si permette di censurare persino i dipinti di Egon Schiele e di Balthus e di mutilare nelle università americane le tragedie di Shakespeare intrise di «violenza sessista». E poi la nostra — nostra di tutti, uomini e donne — ipocrisia ci fa tacere sulle violenze innominabili, sulle discriminazioni esercitate sulle donne che hanno avuto la sventura di nascere nel mondo oppresso dalla tirannia religiosa, islamista in particolare.

Ma se l’èra del ricatto sessuale (sesso in cambio di lavoro: è così semplice, che c’entra il rituale del corteggiamento?), se l’epoca del potere fondato sull’abuso e sulla protervia di genere, se tutto questo si sta indebolendo è una buona notizia di cui noi esseri umani di genere maschile dovremmo compiacerci. Dovremmo rovesciare i parametri e riconoscere che lo scandalo non è l’eventuale sospensione di una cerimonia affascinante e fastosa come l’assegnazione di un Nobel a Stoccolma, ma di un individuo, marito di una giurata del Nobel molto subalterna, che è stato denunciato da ben diciotto donne (e pure da una principessa, sembrerebbe) per abusi che sembravano normali e adesso non lo sono più. E dovremmo salutare come un fatto positivo che chi ha sinora creduto di fare come gli pareva adesso deve pensarci due volte prima di mettere le mani addosso a chi dipende dal suo potere.

Deve pensarci il capoufficio che fa lo smargiasso con la segretaria che guadagna un quarto del suo stipendio, il direttore del supermercato con la cassiera precaria, il medico con le infermiere negli ospedali, l’anchorman con la redattrice impiegata a tempo determinato. Che male c’è, se accade questo? Nei luoghi anonimi, dove i riflettori sono spenti, nella marginalità di lavori «normali» e non illuminati dalla luce della notorietà, un Premio Nobel messo a rischio può essere una notizia choc non priva di effetti salutari. Questo «ora non si fa più» non ha nulla a che vedere con il gioco della seduzione, con la felice ambiguità delle relazioni umane tra generi diversi, con i chiaroscuri della passione e dell’attrazione.

Una linea di demarcazione chiara che separa il passato dal presente e dal futuro e permette di distinguere l’evidente brutalità delle molestie da tutto il resto dei rapporti tra un uomo e una donna, da tenere lontano dal moralismo ma pure dai predatori con cui noi maschi dovremmo smettere di intrattenere relazioni di segreta complicità.

(Corriere della Sera, 2 maggio 2018)

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