13 Gennaio 2024
Corriere della Sera - 27esimaora

Maria Gaetana Agnesi, la bambina prodigio dei salotti milanesi: un’anima che univa matematica e carità

di Maria Luisa Agnese


Una mente brillante fiorita nel ’700, e apprezzata in tutta Europa. A ventun anni già voleva farsi monaca ma gli obblighi famigliari prevalsero sulla vocazione. Rifiutò una cattedra universitaria a Bologna per stare tra i bisognosi e i malati come infermiera


Maria Gaetana Agnesi ha battuto tutti i primati. Intanto era la prima di ventun figli che il padre aveva avuto da tre matrimoni diversi. Poi, educata in casa da fior di precettori come tutte le fanciulle altolocate del tempo (i suoi erano facoltosi commercianti di seta), a nove anni era già soprannominata «oracolo settelingue»: parlava infatti italiano, tedesco, francese, latino, greco, spagnolo ed ebraico. Plafonata nello studio delle lingue passò presto a quello della filosofia e della matematica, guadagnandosi un altro primato, pioniera di quelle che oggi sono le materie Stem (scienza tecnologia ingegneria e matematica), cioè gli studi scientifici allora non proprio ritenuti roba per signorine. Su questo a undici anni Maria Gaetana teneva banco a casa degli Agnesi che nel frattempo era diventata uno dei salotti più in vista di Milano: il padre Pietro aspirava a un’ulteriore elevazione sociale, e dopo aver sposato una nobile, Anna Fortunato Brivio, la mamma di Maria Gaetana, ed essere diventato professore di matematica all’Università di Bologna, lanciava con giusto orgoglio la figlia di prodigiosa intelligenza nei suoi convivi culturali.

Attrazione da salotto

Così la piccola Maria Gaetana impressionava gli invitati con un discorso di un’ora in latino in cui esprimeva il diritto delle donne all’educazione, conquistandosi un ulteriore primato sul fronte dell’affermazione femminile. E diventando assieme alla sorella Maria Teresa l’attrazione del salotto Agnesi, in mezzo a intellettuali delle varie accademie letterarie come Cesare Beccaria, Giuseppe Parini, Pietro Verri, Paolo Frisi. Incrociando quel salotto delle meraviglie, il filosofo e politico francese Charles de Brosses scrisse che a Milano aveva visto «una cosa più bella del Duomo». Pioniera anche in questo, come riconosce l’attrice Maria Eugenia d’Aquino che ancora nel 2022 ha messo in scena uno spettacolo in onore di questa donna «rivoluzionaria», Agnesi costruiva i propri salotti come delle drammaturgie: c’erano gli interventi degli ospiti, l’intermezzo musicale e il rinfresco. Tutto ruotava intorno a un copione che cambiava a seconda degli invitati. Innovatrice settecentesca ma suo malgrado, e a dispetto della sua vera vocazione, perché Maria Gaetana non amava quell’esposizione mondano-sociale che aveva sempre assolto con una certa riluttanza, divisa fra la passione per lo studio, l’impegno educativo e la forte vocazione religiosa e assistenziale: già a ventun anni aveva chiesto al padre il permesso di diventare monaca. Poi si era convinta a restare per accudirlo, ma barattando il suo sacrificio con l’esenzione dagli obblighi mondani. Così, «tranquillata nell’animo», si era da allora dedicata a matematica e teologia.

Forse per aiutare i suoi fratelli nello studio, in quel periodo inizia la stesura del suo testo più importante, Istituzioni Analitiche ad uso della Gioventù Italiana, pubblicato poi nel 1748 e dedicato all’imperatrice Maria Teresa. Il testo è un manuale di studio, semplice e conciso, su algebra, geometria e calcolo differenziale e integrale. È il primo lavoro sistematico di questo genere aggiornato con le teorie dell’epoca. L’opera, in due volumi, viene conosciuta e apprezzata in tutta Europa e diventa subito famosa, tradotta in francese e in inglese. L’imperatrice Maria Teresa d’Austria le invia una composizione di brillanti in un prezioso cofanetto; il papa Benedetto XIV le manda benedizioni e altrettanti doni; Carlo Goldoni le rende omaggio ne Il Medico olandese.

La vocazione della carità

La donna dei primati (porta il suo nome una curva algebrica, la versiera di Agnesi) se ne assicura un altro: nel 1750 sostituisce il padre nell’insegnamento della matematica, subito dopo il papa le offre una cattedra sempre a Bologna, ma lei rifiuta. Si ritira ancora di più dalla vita pubblica, per quella sua vocazione primaria, le opere di carità, seguendo il primato del cuore più che della sua mente geniale. Cura i malati, istruisce i fratelli e i domestici. Ormai morto il padre, trasforma casa Agnesi da brillante salotto per l’intellighenzia del tempo in un rifugio per malati e bisognosi e diventa lei inserviente e infermiera: apre un piccolo ospedale, va a vivere con le malate e, per far fronte alle spese, dopo aver venduto tutti i suoi averi, compresi i gioielli di Maria Teresa, si rivolge ai conoscenti, alle autorità, alle opere pie. Finalmente quando nel 1771, grazie a una donazione, viene istituito il Pio Albergo Trivulzio, ne diventa direttrice, rifiuta i pareri scientifici che ancora le vengono sollecitati, cortesemente scoraggia, per esempio, l’Accademia di Torino che le chiede di esaminare i lavori di Lagrange intorno al calcolo delle variazioni: si sottrae, mettendo in campo «le sue serie occupazioni». Continua a lavorare al Trivulzio fino alla morte per polmonite, il 9 gennaio 1799.


(Corriere della Sera – 27esimaora, 13 gennaio 2024)

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