25 Novembre 2021
Corriere della Sera

Mia figlia uccisa. Il problema della violenza sulle donne è un problema degli uomini

di Vera Squatrito


Sono la madre di una ragazza che si chiamava Giordana e che mi è stata portata via da un uomo senza rispetto né cuore, la notte fra il 6 e il 7 ottobre 2015, a Catania. Nella narrazione generale della violenza di genere io sono una vittima collaterale. E lo è mille volte di più la bambina di mia figlia: si chiama Asia e cresce con me da quando aveva quattro anni.

In questi sei anni senza Giordana la ricorrenza del 25 novembre, com’è ovvio, ha per me un significato e un sapore amaro che credo possa essere condiviso soltanto da chi ha conosciuto il mio stesso dolore. Noto di anno in anno una partecipazione crescente, nei fatti e nelle teste delle persone, che mi fa sperare in un futuro migliore. Ma non posso non notare che poi, dal 26, tutte queste luci accese diventano fioche o si spengono del tutto. Le vite di noi vittime collaterali e quelle sospese delle donne che subiscono violenza, però, sono le stesse del 25.

E allora, a luci spente, la domanda è: cosa dobbiamo aspettarci dalle tante promesse che sentiamo nella giornata contro la violenza sulle donne? Cosa faranno la politica e le istituzioni, da qui al prossimo 25 novembre, per migliorare le nostre vite? Come hanno fatto tante madri prima di me, anch’io dopo Giordana ho raccolto tutta la forza che avevo e l’ho usata per fare, fare, fare nel nome di lei. Un’associazione, incontri nelle scuole, una borsa di studio, uno sportello di ascolto e una casa per ospitalità d’emergenza di donne e bambini in fuga dalla violenza. Lo dovevo a lei, che l’ultimo 25 novembre della sua vita aveva scritto su facebook: «Abbiate la forza di aiutare chi ha bisogno di essere aiutata. Forse è un sogno ma per realizzarlo bisogna agire». Ecco, amore mio: io agisco, e spero, come speravi tu, che riescano a farlo tutti.

La mia Giordana aveva 20 anni e con la bellezza e la potenza di quei 20 anni, con la forza che le dava la sua bambina, aveva agito, sì: aveva lasciato e denunciato il padre di Asia che era un violento. E lui come risposta aveva preso a tormentarla, la seguiva, le faceva agguati, aveva inserito nel suo telefono una app per conoscere i suoi spostamenti, aveva sfasciato una finestra per entrare in casa di notte, convinto di coglierla con un altro uomo… L’ha ammazzata il giorno prima che iniziasse il processo per stalking contro di lui, con 48 coltellate: 48, una crudeltà che va ben oltre quella che basterebbe a uccidere chiunque.

Quel soggetto, che mai ha detto un «mi dispiace» dopo quel che ha fatto e che non merita nemmeno di essere nominato, è sempre stato preda della rabbia.

Ed è su questo che vorrei concentrarmi: sulla rabbia che queste persone non sono capaci di controllare. Come osava, la ragazza che lui considerava sua, essere felice con un altro? Come osava la madre di sua figlia non ritirare la denuncia? Giordana ha passato gli ultimi due anni della sua vita ad addomesticare la paura. E non posso pensare a quanta ne ha avuta quella notte, mentre lui la colpiva 1, 2, 3… 48 volte.

La rabbia, dicevo. Forse è arrivato il momento di aiutare gli uomini violenti a contenerla. Forse è il tempo di pensare a loro, ai cosiddetti maltrattanti, molto più di quanto sia stato fatto finora. Davvero pensiamo che davanti ai potenziali rischi fisici per lei possa bastare il braccialetto elettronico o il divieto di avvicinamento per lui? Servono, certo. Ma sappiamo tutti che se un uomo vuole, fortissimamente vuole, uccidere una donna, quelli sono provvedimenti non sufficienti a scongiurarlo.

Diciamo sempre alle donne che subiscono violenza di denunciare. Bene. E se quando denunciano si facesse, per legge, una valutazione psicologica sul denunciato? Se si provasse a capire se e quanto potrebbe spingersi oltre? Io non sono una giurista né un’esperta di violenza. Ma una cosa la so: un uomo non diventa violento all’improvviso, per raptus. E so che una buona valutazione del rischio può salvare la vita. È banale dirlo ma il problema della violenza sulle donne è un problema degli uomini. È da quella parte che dobbiamo guardare. Lo dico pensando alla mia Giordana. 
Vedi amore mio? Ho imparato tutto questo per te.


(testo raccolto da Giusi Fasano)


(Corriere della Sera, Mia figlia uccisa con 48 coltellate, tocca a me crescere la sua bimba, 25 novembre 2021)

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