26 Luglio 2019
la Repubblica

Minori, una vittima di tratta su 4 ha meno di 18 anni. In Italia numeri record per lo sfruttamento sessuale

di Alessandra Ziniti


In Italia lo sfruttamento sessuale di bambini e ragazzini è in costante grandissimo aumentato. E anche quello lavorativo, con un abbassamento dell’età delle vittime che arriva fino alla soglia dei 12 anni. È una fotografia impietosa quella scattata dall’ultimo rapporto di Save the children, Piccoli schiavi invisibili, alla vigilia della Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani che si celebra il 30 luglio.
In Europa una vittima di tratta su quattro è minorenne ma a far rabbrividire è il “mercato” italiano che risponde con numeri in costante crescita al business dello sfruttamento sessuale che cambia modalità operative per rimanere sommerso. Gli italiani e lo sfruttamento sessuale, dunque, di minorenni che arrivano soprattutto dalla Nigeria ma anche dall’est europeo, Romania, Bulgaria e Albania. […]

«Lo sfruttamento sessuale di vittime così giovani e vulnerabili lascia nelle loro vite un segno indelebile con gravissime conseguenze. Anche nel caso più fortunato di una fuoriuscita, sono diversi gli ostacoli che le giovanissime vittime devono superare durante il percorso di inclusione e integrazione indispensabile per poter costruire un futuro dignitoso e autonomo. Siamo impegnati da anni sul campo In Italia, con l’obiettivo di costruire relazioni di collaborazione sempre più forti con le organizzazioni e associazioni presenti sul territorio, e con le istituzioni ad ogni livello, per scongiurare il pericolo che la rete di intervento e protezione non riesca a trattenere proprio le vittime più fragili. Un fenomeno di questa gravità e di queste proporzioni necessita infatti di un intervento nazionale coordinato tra tutti gli attori, in grado di garantire gli standard necessari ad una vera e propria azione di prevenzione, che deve scattare con tempestività appena le potenziali vittime entrano nel nostro Paese, e deve anche fornire i mezzi più efficaci per promuovere la fuoriuscita delle vittime e il loro percorso di integrazione», ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Lo sfruttamento sessuale delle ragazze nigeriane e dei paesi dell’est Europa

Il business della tratta internazionale a scopo di sfruttamento sessuale in Italia si basa su un sistema in continua evoluzione, che si adatta al mutare delle condizioni. Dopo l’editto della massima autorità religiosa di Benin City che l’anno scorso ha dichiarato nullo il rito juju, adesso le ragazze nigeriane arrivano dal Delta State. Le ragazze e le donne nigeriane, una volta giunte in Italia, dopo un viaggio attraverso la Libia e via mare dove subiscono abusi e violenze, devono restituire alla maman, la figura femminile che gestisce il loro sfruttamento, un debito di viaggio che raggiunge i 30.000 euro e sono costrette a “lavorare” fino a 12 ore tutte le notti, anche per 10-20 euro a prestazione, raccogliendo dai 300 ai 700 euro al giorno. I trafficanti hanno spostato il circuito della prostituzione dai luoghi più facilmente identificabili, come le piazzole lungo le provinciali o le maggiori arterie stradali, verso luoghi meno visibili, il cosiddetto giro walk, come le fermate dei bus o i parchi, oppure all’interno delle case, che in alcuni casi sono connection-house, gestite e frequentate prevalentemente da connazionali, come quelle segnalate dagli operatori in Campania e Piemonte.
Sulle nostre strade è rimasta invece costante la presenza di ragazze di origine rumena o bulgara, ma si segnala un aumento delle ragazze di origine albanese, un ritorno che riguarda anche i gruppi criminali albanesi in Italia, secondi solo a quelli nigeriani. Il reclutamento delle vittime nei Paesi di origine avviene con metodi sempre più efficaci, come ad esempio in Romania, dove diverse testimonianze di vittime raccolte in Italia hanno rilevato l’esistenza di “sentinelle” dei trafficanti che individuano in anticipo negli orfanotrofi le ragazze che stanno per lasciare le strutture al compimento dei 18 anni, e mettono in atto un adescamento basato – come per tutte le connazionali – su finte promesse d’amore e di un futuro felice in Italia, facendo leva sulla loro condizione di deprivazione affettiva.
Nelle loro attività di protezione delle vittime minori e neo-maggiorenni orientata alla fuoriuscita e al successivo percorso di inclusione e integrazione sociale, gli operatori partner di Save the Children impegnati nel progetto Vie d’Uscita si vedono costretti a sviluppare continuamente nuove modalità per entrare in contatto con le vittime e stabilire un rapporto di fiducia con loro. Questo si rende necessario quando vengono dirottate su circuiti meno visibili o all’interno delle case, o vengono spostate sempre più frequentemente da una città all’altra, o addirittura in un altro Paese europeo per far perdere le loro tracce.

Come uscire dalla tratta
«Non si può ignorare – ha aggiunto Raffaela Milano – il fatto che il fiorente mercato dello sfruttamento sessuale delle minorenni in Italia è legato alla presenza di una forte “domanda” da parte di quelli che ci rifiutiamo di definire “clienti”, i quali sono parte attiva del processo di sfruttamento. È necessario rafforzare l’azione di contrasto e, allo stesso tempo, promuovere iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e in particolare i più giovani sui danni gravissimi che questo mercato provoca sulle ragazze che ne sono vittima».
Altri nodi critici riguardano il rilascio del permesso di soggiorno, che in ancora troppi territori è vincolato alla denuncia nei confronti degli sfruttatori da parte delle vittime, le quali, soprattutto in una fase iniziale di fuoriuscita, spesso sono restie a formalizzare la denuncia per paura di ritorsioni sui familiari nel Paese di origine. Il permesso di soggiorno d’altronde non rappresenta per le vittime europee o albanesi un efficace strumento di protezione, considerato che la posizione amministrativa di queste donne è comunque regolare in Italia. Per tutte loro vanno messi in campo altri strumenti per incoraggiare e sostenere la fuoriuscita. […]


(la Repubblica, 25 luglio 2019)


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