16 Dicembre 2023
Il Quotidiano del Sud

Non cercate il Natale dove c’è guerra, odio e violenza

di Franca Fortunato


Quando nasce una bambina o un bambino è la vita che viene al mondo grazie al di una donna, come la ragazzina di nome Maria che secoli fa in Palestina, a Nazareth, acconsentì alla venuta del bambino divino che nacque povero in una stalla, al freddo e al gelo, riscaldato da un bue e da un asinello, visitato dai pastori, accorsi a adorarlo, e dai Re Magi, venuti da lontano per portare oro incenso e mirra. È così che da duemila anni a ogni Natale si rinnova quell’evento inaudito, non con l’albero o i regali di Babbo Natale, ma col presepe, almeno per la mia generazione, dove si aspetta la notte di Natale per deporre nella grotta il bambinello Gesù. Ogni anno mi chiedo dove stia nel nostro tempo il senso del Natale che è vita, speranza, amore che ogni nascita porta con sé. Quest’anno Maria in Terra Santa non riuscirà a salvare la sua creatura dalla strage degli innocenti che si sta consumando a Gaza. Ogni volta che muore una/un bambina/o si fa buio, e quando sono migliaia e migliaia a morire, come a Gaza e in tutte le guerre, le tenebre della notte avvolgono l’umanità. A Gaza, bambine/i lasciati senza cibo, senza acqua, senza farmaci, muoiono sotto i bombardamenti israeliani (18.000 i morti, un terzo bambine/i). Neonate/i, abbandonate/i negli ospedali, prima di essere bombardati, muoiono nelle incubatrici per mancanza di elettricità. Ospedali, case, scuole, biblioteche, siti storici e archeologici, campi profughi, tutto distrutto e raso al suolo con la stessa furia con cui Tito, l’imperatore romano del III secolo d.C., entrato a Gerusalemme assediata, distrusse il Tempio e costrinse gli ebrei alla diaspora. Oggi Tito sono gli israeliani che con l’esercito più potente del mondo hanno assediato e invaso Gaza e la stanno radendo al suolo, spingendo i palestinesi fuori dalla loro terra. A Gaza non c’è una mangiatoia dove trovare riparo dai bombardamenti ma solo “poveri cristi”, che aspettano di morire. «Ora non ci resta che aspettare la morte: che sia dagli aerei, o per fame o per malattia», scrive nel suo diario da Gaza sud Aya Ashour (Il Fatto Quotidiano, 12/12/2023). Questo non è “diritto alla difesa” ma vendetta, ritorsione, terrorismo, genocidio come risposta all’attacco terroristico di Hamas. Ripulire Gaza dai palestinesi, dagli arabi come li chiamano i sionisti nazionalisti perché per loro la Palestina non esiste, non è mai esistita e non esisterà, è la strategia che Netanyahu e il suo governo stanno perseguendo come anche i coloni da anni nella Cisgiordania occupata. Coloni che, come riporta nei suoi reportage su La Stampa Francesca Mannocchi, pensano che oggi, dopo la Nakba (catastrofe) del 1948, sia arrivato il momento di portare a termine il sogno di quel gruppo di giovani sionisti che nel 1882 scappò dai pogrom dello zar di Russia ed emigrò in Palestina per conquistarla e colonizzarla e «farne un rifugio sicuro per gli ebrei perseguitati in Europa». «Un solo Stato per un solo popolo», è questo, da sempre, il progetto dei coloni e dei sionisti nazionalisti, oggi al potere in Israele. «Uno Stato che si chiami Palestina – dicono i coloni di Cisgiordania – non è realizzabile. Gli ebrei hanno diritto ad avere uno Stato e averlo da soli. Ci sono tanti Stati arabi, dove i palestinesi possono essere dislocati». «La speranza di una convivenza non è più possibile e dovete prenderne atto come ne abbiamo preso atto noi. Non si tratta più di discutere la pace […], si tratta di accettare la fine di una impossibile coesistenza. Prima lo fate, prima possiamo vivere nel nostro Stato, perché non abbiamo un altro posto dove stare, a differenza degli arabi». Non cercate il Natale dove c’è guerra, odio e violenza. Non cercatolo a Gaza. Non lo troverete.


(Il Quotidiano del Sud, rubrica “Io, donna”, 16 dicembre 2023)

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