28 Maggio 2019
Corriere della Sera

«Non sottovalutate l’onda sovranista. Può durare a lungo» «L’antidoto? Capire le paure dei cittadini»

di Viviana Mazza


Il politologo Yascha Mounk, uno dei più grandi esperti al mondo sulla crisi della democrazia liberale e l’ascesa del populismo, trae quattro lezioni dal voto europeo: l’onda dell’estrema destra populista continua, la sinistra diventa più Verde, l’estrema sinistra implode, e bolle in pentola il grande dibattito sulla strategia dei socialdemocratici.


Nei Paesi dove sono al potere, dall’Italia all’Ungheria, i populisti di destra hanno avuto successo alle Europee: vuol dire che hanno superato la prova del governo?

«Le élite tradizionali avevano previsto che non sarebbero stati capaci di governare e di mantenere promesse irrealizzabili e dopo un anno sarebbero stati cacciati via. Dagli Stati Uniti all’Europa, non è stato così. In Italia la gente ha abbandonato i partiti tradizionali percepiti come disfunzionali e corrotti per Berlusconi, e poi quest’ultimo per la Lega: a un certo punto realizzeranno che la Lega ha gli stessi problemi dei predecessori. Ma Berlusconi è stato al centro della politica per 25 anni; la Lega potrebbe dominarla per altri dieci. I governi populisti possono realizzare certi successi precisamente perché ignorano le istituzioni tradizionali (con metodi crudeli Salvini ha ridotto l’immigrazione illegale e questo gli dà una popolarità che neanche uno scandalo gli può togliere) e sanno centrare il discorso politico su se stessi: vent’anni fa si parlava solo di Berlusconi; ora di “cosa pensi di Salvini”. Poi col tempo un populista al potere, colpito da crisi e scandali, comincia a perdere popolarità, ma la domanda è se a quel punto gli italiani e gli europei torneranno a una politica moderata o sposeranno il prossimo populista, anche più radicale».

Continua anche la metamorfosi populista del centrodestra?

«Sì, e lo si vede soprattutto in Gran Bretagna, dove queste elezioni sono state un successo enorme per i populisti proBrexit, ma rischiano anche di cambiare la natura dei partiti tradizionali. Ora la scelta dei conservatori è tra trasformarsi in un Brexit Party con Boris Johnson premier, oppure resistere e potenzialmente essere battuti anche nelle elezioni nazionali».

E a sinistra?

«A sinistra il populismo non funziona allo stesso modo. Non sono andati bene i 5 Stelle né il Labour di Corbyn, Podemos in Spagna ha preso solo il 10%, Melenchon in Francia il 6%. Forse il caso più importante è la Grecia dove Tsipras non ha avuto la maggioranza nemmeno tra i giovani. Assistiamo all’implosione del populismo di estrema sinistra, alla continua debolezza dei social-democratici e alla crescita dei partiti Verdi e Liberali, molto progressisti sui temi sociali e l’ambiente, ma abbastanza moderati sui temi economici».

C’è una trasformazione complessiva della politica europea, in cui i sovranisti sono solo parte della storia?

«Le domande decisive non sono più economiche ma socioculturali. Vent’anni fa se volevo sapere se eri di sinistra o di destra ti chiedevo se volevi pagare più tasse in cambio di servizi sociali; oggi ti chiedo che ne pensi degli immigrati illegali. Su questi temi, la risposta più netta a destra viene dai populisti, che battono il centrodestra; a sinistra invece Verdi e Liberali danno risposte più chiare dei socialdemocratici. La crescita dei Verdi non è una contro-narrativa alla crescita dei populisti come scrivono tanti giornali, sono due facce della stessa medaglia».

In Danimarca, domenica la socialdemocratica Mette Frederiksen potrebbe vincere le elezioni nazionali con posizioni dure sull’immigrazione. Il centrosinistra contagiato dai populisti?

«Si batte per i voti rubati al suo partito dai populisti. Questo potrebbe aprire il dibattito su come i socialdemocratici possono salvarsi dall’irrilevanza in Germania, Francia e altrove: creando un’alternativa che prenda sul serio le paure dei cittadini senza copiare gli elementi illiberali e anti-democratici del populismo».


(Corriere della Sera, 28 maggio 2019)

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