14 Marzo 2022
la Repubblica

Non strappateci i nostri bambini

di Maria Novella De Luca


A Ginevra Amerighi la figlia di 18 mesi è stata strappata dalle braccia dieci anni fa. Strappata, letteralmente, da otto assistenti sociali spalleggiati da un’ambulanza con un pool di medici pronti a sedare Ginevra con la forza. «Era il 23 marzo del 2011, il pianto della mia bambina continua nel ricordo a squarciarmi il cuore.» Laura Massaro vive in un bunker di paura dopo ripetuti assalti di forze dell’ordine e servizi sociali decisi a portarle via il figlio, 12 anni, per ricoverarlo in una casa-famiglia con divieto di contatti con la madre. Prigionieri entrambi di uno stalking giudiziario oggi giunto in Cassazione. E per sradicare dall’abitazione della madre, Laura Ruzza, il suo bambino di otto anni gravemente epilettico, ci sono voluti dieci poliziotti che hanno malmenato e immobilizzato Laura. Era luglio del 2021.

Incatenate ai palazzi di giustizia

Basta poi andare su YouTube e assistere muti alla registrazione atroce del “sequestro” ordinato dal tribunale di Lecce del figlio di 7 anni di Maria Assunta Pasca, donna resa invalida dalle percosse del marito, per avere voglia di gridare che qualcosa di gravissimo sta accadendo nei tribunali del nostro Paese. Perché Ginevra Pantasilea Amerighi, Laura Massaro, Laura Ruzza, Maria Assunta Pasca e le decine di altre madri che sempre più folte si incatenano davanti ai Palazzi di giustizia, e si definiscono perseguitate dalla violenza istituzionale, hanno in comune due tragedie: aver denunciato i propri compagni per violenza domestica e, come conseguenza di questo atto di coraggio, aver perso i propri bambini. Accusate da quegli stessi ex, spesso penalmente condannati per maltrattamenti e abusi, di essere madri “alienanti”, di allontanare da loro (i padri) l’affetto di quei bimbi che hanno visto e sentito ogni sorta di violenza in famiglia. E dunque si rifiutano di incontrarli e di frequentarli. Donne che da vittime di botte e persecuzioni si ritrovano a essere definite colpevoli, tanto da essere punite con l’allontanamento dei figli, collocati con la forza o presso quei padri di cui hanno paura, o in case-famiglia, senza contatti con le madri. Affinché il loro cervello di bambini venga “resettato” nella solitudine e nella sofferenza per ricomporre la relazione (quasi sempre impossibile) con il padre.

La patria potestà su tutto

Sembra un paradosso, una mostruosità giuridica, invece lo scandalo dei “bambini strappati” è una realtà viva e dolente sulla quale infatti sta indagando la Commissione d’inchiesta sui femminicidi e sulla violenza di genere del Senato. Un’indagine iniziata e cresciuta enormemente con il crescere dell’emergenza. Racconta Valeria Valente, presidente della Commissione: «Abbiamo analizzato 1.500 fascicoli di separazioni giudiziali con affido dei figli, nei tribunali civili e minorili. Bisogna però partire da un dato culturale: la nostra Giustizia ritiene che un uomo violento con la propria compagna possa essere comunque un buon padre. E che la relazione padre-figli vada conservata sempre, anche se quell’uomo è stato riconosciuto colpevole di abusi e reati».

È il principio, mai superato, della “patria potestà” al di sopra di tutto. Ma anche del considerare i maltrattamenti sulle donne conflitti di coppia invece che violenza. Altrimenti non si spiegherebbe come mai, pur in presenza di acclarati abusi, i tribunali civili possano imporre nelle separazioni che quei padri incontrino i figli. O addirittura vengano loro affidati. «Se i bambini si rifiutano» aggiunge Valente «perché hanno paura, è la madre che viene incolpata di minare il rapporto con l’altro genitore, tanto da arrivare a toglierle i figli».

Come è accaduto a Ginevra, a Laura, a Frida, ad Alma. Accusate, tutte, di quella teoria, impronunciabile ma radicatissima nei nostri tribunali, della Sindrome di alienazione parentale, codificata dallo psichiatra americano accusato di pedofilia Richard Gardner ma bocciata dalla comunità scientifica mondiale. Eppure la Pas (Parental Alienation Syndrome) è assai utilizzata dalla psicologia forense, nelle famose, e spesso famigerate Ctu, Consulenze tecniche d’ufficio a pagamento, sulle quali i giudici si basano per decidere se togliere o meno un figlio a un genitore. «La nostra indagine mette in luce un fenomeno grave: i tribunali civili e minorili non “leggono” la violenza sulle donne, non c’è raccordo tra penale e civile, i minori non vengono ascoltati, e un forte pregiudizio maschilista grava su molte sentenze». Una gigantesca falla sulla quale è planata nel 2006 la legge sull’affido condiviso: avrebbe dovuto assicurare il giusto principio della bigenitorialità anche dopo una separazione, ma nella realtà, nei casi conflittuali, il reclamo del figlio da parte di padri denunciati per maltrattamenti altro non è, dice ancora Valente, «che una forma di vendetta contro donne che si sono ribellate a quel massacro».

Come desaparecidos

Se lo scandalo dei bambini strappati è venuto alla luce lo si deve a una donna coraggiosa, Laura Massaro che, accusata di alienazione parentale dopo aver denunciato il marito per violenze fisiche e psicologiche, da dieci anni lotta perché non le portino via il figlio. Laura che per raccontare al mondo l’accanimento giudiziario contro di lei, due anni fa ha deciso di incatenarsi ogni giorno davanti al Tribunale per i minori di Roma. Con il freddo, il caldo, la pioggia, il gelo. Poi è accaduto l’impensabile. Silenziosamente altre madri si sono unite a lei, con cartelli e foto di bambini per loro ormai desaparecidos cui è negato ogni contatto, ogni carezza materna, come fossero le nostre madri argentine di Plaza de Mayo.

Un abbraccio e poi più niente

«Mio figlio e io viviamo nel terrore. Ogni mattina mi sveglio con la paura di un nuovo assalto di forze dell’ordine e assistenti sociali incaricati di portarmelo via contro la sua volontà. Mi sono separata quando L. aveva due anni e mezzo, dopo aver subìto abusi e maltrattamenti. Ho sempre portato mio figlio agli incontri con il padre, nonostante la sua paura; quando tornava a casa vomitava e piangeva. Ha gridato che lui quel padre non voleva vederlo, ma nessun giudice si è degnato di ascoltarlo. Sono finita in un calvario giudiziario, ho subito due Ctu, più le perizie psichiatriche, mio figlio per l’angoscia ha sviluppato una malattia autoimmune. Eppure, nonostante le persecuzioni giudiziarie, in ogni relazione il mio bambino è stato definito solare ed equilibrato. Oggi sia il padre che io siamo entrambi sospesi dalla responsabilità genitoriale e su mio figlio pende un decreto di allontanamento. In qualsiasi momento potrebbero portarlo in casa-famiglia, interrompendo ogni rapporto con me. Lo Stato vuole cancellarmi per lavargli il cervello e consegnarlo ad un uomo violento. Lotterò per difenderlo fino a che avrò respiro.» Laura resiste in attesa del pronunciamento della Cassazione cui ha fatto ricorso.

A Ginevra invece la figlia è stata portata via quando aveva 18 mesi, da un ex-partner violento e ricchissimo. Soltanto nel giugno del 2020 è riuscita brevemente a riabbracciarla, prima che le venisse sottratta di nuovo. Ginevra fa la maestra e oggi si è trasferita a vivere a Lipari, dove coltiva un meraviglioso giardino che ha il nome della sua bambina. «Descrivere il dolore disumano di questa separazione è impossibile. Così come condensare un calvario giudiziario nel quale da vittima di un uomo che mi picchiava in gravidanza e quando allattavo, e che mi teneva sequestrata in casa nascondendomi addirittura le scarpe, sono diventata una madre colpevole, accusata, pensate, di “disturbo istrionico della personalità”. Da una famosa perita che, da me registrata, ha ammesso di scrivere nelle relazioni non la verità ma ciò che il cliente chiede.» Un video tuttora presente in rete. «Sette psichiatri» dice tra le lacrime Ginevra «hanno certificato la mia sanità mentale, così come le tante mamme dei bambini a cui ho fatto la maestra. Eppure mia figlia è stata affidata al padre, già condannato per lesioni.» Una ragazzina, oggi dodicenne, che un giorno apre Internet e scopre tutta la sua storia, chiede disperatamente di vedere la madre, la incontra e in un infinito abbraccio madre e figlia si fondono nell’amore.

Però il lieto fine non c’è: alla fine il padre convince la bambina a non incontrare più la madre. Ginevra coltiva fiori a Lipari, e ad arrendersi non ci pensa proprio: «Io continuerò a scrivere e a denunciare questo scandalo. Arriveranno i 18 anni e mia figlia potrà finalmente venire a cercarmi. Leggerà, saprà. Io la aspetterò sempre con tutto il mio infinito amore».


(la Repubblica – il Venerdì11 marzo 2022)

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