9 Marzo 2019
Il Quotidiano del Sud

Omaggio a Lina Merlin

di Franca Fortunato

 

In occasione dell’ 8 Marzo, Giornata Internazionale delle donne, voglio rendere omaggio a una grande donna, il cui nome in questi ultimi mesi è tornato ad essere pronunciato con insistenza da chi vorrebbe cancellare la legge che porta il suo nome, Lina Merlin, la donna a cui si deve il coraggio, la forza, la determinazione e la consapevolezza di fare la cosa giusta, nel portare avanti per dieci anni, in Parlamento e fuori, la battaglia per la chiusura delle “case chiuse”, luoghi di istituzionalizzazione dello sfruttamento, della violenza, dello stupro seriale a pagamento, della miseria della sessualità maschile ridotta a “sfogo”. Di tutto questo tantissimi uomini non  hanno alcuna consapevolezza, come dimostra anche il libro di Antonio Iannicelli sulle “case chiuse” a Catanzaro, “Curiosità erotiche e salute pubblica in Calabria”, dove ci si compiace di una immagine maschile della prostituzione e delle “case chiuse” soddisfacente, gradevole e piacevole solo per loro stessi, coprendo, così, con la complicità di una cattiva morale, una cattiva letteratura di autori calabresi e un linguaggio incivile, la verità sulla prostituzione, sulle “case chiuse”, sugli uomini che le frequentavano a pagamento. Uomini che sicuramente allora, come tantissimi altri, hanno osteggiato Lina Merlin e che oggi da vecchi guardano a quelle case con nostalgia, come luoghi di “piacere erotico” e di “libertà sessuale”, mostrando di non aver la minima consapevolezza del degrado della loro sessualità e del male fatto a tanta umanità femminile, su cui hanno rigettato la vergogna e lo stigma sociale della prostituta. Uomini che – come ebbe a dire la Merlin – andavano a messa la domenica e al bordello il lunedì, con indosso lo stesso cappotto “buono”. Nascondere oggi la verità sulla prostituzione e sulle “case chiuse”, di oggi e di ieri, non è più possibile né consentito. La verità è stata detta e da qui non si torna indietro. Una verità che Lina Merlin, la socialista che da maestra elementare si rifiutò di giurare fedeltà al regime fascista, che conobbe le patrie galere e partecipò alla lotta partigiana, aveva già capito allora. Ieri, a dire la verità sulle “case chiuse” e sulla prostituzione sono state le donne prostituite, come si può leggere nelle centinaia di lettere che scrissero alla Merlin, per incitarla ad andare avanti, a non dare ascolto agli uomini e alle tenutarie che della violenza sul corpo delle donne avevano fatto un business, come oggi l’industria del sesso. Alcune di quelle lettere la Merlin le pubblicò nel 1955, “Cara senatrice Merlin. Lettere dalle case chiuse”, ripubblicate nel 2008 e nel 2018 dal Gruppo Abele. Fu una mossa, la sua, geniale, perché quelle lettere scossero l’opinione pubblica e accelerarono l’approvazione della legge in Parlamento (20 febbraio 1958). Oggi nel mondo, compresa l’Italia, è aperto un grande conflitto tra donne e uomini, e anche con alcune donne che chiedono il riconoscimento della prostituzione come un lavoro, che lo Stato dovrebbe tutelare. Lina Merlin già negli anni Cinquanta aveva capito la verità sulla prostituzione, era convinta che non fosse un lavoro – il “lavoro più antico del mondo” come amano ripetere ancora oggi tanti uomini per nascondere, consapevolmente o meno, la verità – e sognava il giorno in cui la prostituzione sarebbe stata eliminata. Quel giorno è arrivato, è qui, è il nostro tempo, grazie ad altre donne coraggiose come Rachel Moran che con il suo libro “Stupro a pagamento. La verità sulla prostituzione” ha trovato dentro di sé, scavando dolorosamente nella sua esperienza di ex prostituita, le parole giuste per dire quello che, nelle lettere alla Merlin, altre non avevano saputo dire. Quando la verità detta da una donna risuona come tale dentro altre che l’ascoltano e le credono, allora accade che il vecchio è finito ed è iniziato qualcosa di nuovo, il che non è detto che avvenga in modo indolore. È quello che è accaduto e accade con la fine del patriarcato, quando le donne non hanno dato più credito ad esso e gli uomini, incapaci di rapportarsi alla libertà femminile, le uccidono. È accaduto con il movimento #MeToo quando le donne hanno detto basta alle molestie sul posto di lavoro, sta accadendo con la prostituzione dopo la verità detta da Rachel Moran e da altre donne come Julie Bindel con il suo libro “Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione”, dove demolisce il mito della “prostituta felice”. Indietro non si torna anche se al governo ci sono uomini misogini come Matteo Salvini, Lorenzo Fontana e al Senato come Simone Pillon, che pensano di avere il potere di riportare indietro l’orologio della storia delle donne a quando l’aborto era un reato, il divorzio era vietato e le case chiuse erano aperte. È di qualche giorno fa la sentenza con cui la Corte Costituzionale ha ribadito la costituzionalità della legge Merlin contro chi ne chiedeva la cancellazione. Quest’anno saranno quarant’anni dalla morte di Lina Merlin, morta all’età di 92 anni il 16 agosto 1979. Una grande donna, una madre della Costituzione italiana, una donna che amava le altre donne, e che non esitò nel 1961 da parlamentare, per restare fedele a se stessa e alla sua storia, a restituire la tessera al suo partito, dove era diventata sempre meno gradita e lei ci stava sempre più scomoda. Nel suo discorso di saluto disse di non dissociarsi dalle idee socialiste che ispirano il Partito ma dagli uomini che lo compongono. Rimase in Parlamento, passando al gruppo misto, fino alla fine della legislatura (1963), per essere fedele a coloro che l’avevano eletta. Non si ricandidò mai più. Lei è morta, ma vive nella coscienza di tante donne e nelle battaglie di donne come Rachel Moran e Julie Bindel, entrambe in Italia in questi giorni per presentare i loro libri in molti luoghi di donne e portare la loro lotta contro la prostituzione e l’industria del sesso.

 

(Il Quotidiano del Sud, 9 marzo 2019)

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